IAB FORUM

Advertising online: Italia a +12,7%, trainano Facebook & co.

Secondo i dati emersi allo Iab Forum 2014, la spinta arriva per il 70% dai social network e poi dai video che balzano in avanti del 25%. I classified scendono del 16% mentre decolla il programmatic buying (+120%). Dal Sasso, Nielsen: “Il digitale ormai consolidato nel media mix”

Pubblicato il 25 Nov 2014

Domenico Aliperto

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L’idea dominante è che non si ha nemmeno il tempo di scattare una fotografia, che un istante dopo lo scenario è già completamente cambiato. Ma, bisogna dirlo, stavolta Iab ce la sta mettendo tutta per monitorare in senso dinamico, confrontando rilevazioni con trend in atto e ancora da venire, un mercato che si muove a velocità supersonica. Parliamo naturalmente dell’advertising online, capitolo oramai essenziale in qualunque media mix e su cui, forse in maniera un po’ inaspettata per gli scettici del digitale tricolore, le nostre aziende investono la stessa percentuale di budget registrata a livello mondiale: il 23% (al netto ovviamente di piazze avanti anni luce come gli Stati Uniti e il Regno Unito).

“Novità di quest’anno è che i dati di mercato, chiusura 2014 e prospettive per il 2015, saranno elaborati in collaborazione con le principali realtà che monitorano il settore, con l’obiettivo di offrire una guida completa e univoca ad aziende investitrici e operatori del mercato”, aveva annunciato Carlo Noseda, presidente di Iab Italia. E così è stato: alla prima giornata dello Iab forum, partito stamattina a Milano, è stata fornita un triplice prospettiva grazie all’analisi congiunta dell’International advertising bureau, dell’Osservatorio New Media e New Internet del Politecnico di Milano e di Nielsen. Ad aprire i lavori, il report di Townsend Feehan, la presidente di Iab Europa che ha evidenziato l’attività dell’associazione per sensibilizzare l’Unione europea in tema di regolamentazione su consumer e data protection, net neutrality, ad blocker e gestione dei diritti d’autore, ma anche la necessità di spingere il settore a convergere su un’autodisciplina condivisa, flessibile ma rigorosa, in modo da evitare che i legislatori, nazionali e sovranazionali, intervengano con regole più restrittive. “Fortunatamente il digitale è al centro dell’agenda di Juncker”, ha commentato Feehan. “La partita è molto importante, considerato il fatto che solo il mercato europeo dell’on line video advertising varrà nel 2015 2 miliardi di euro, e continuerà a crescere fino al 2020 a tassi non inferiori al 9% anno su anno”.

Ma per l’appunto la componente video è solo una delle tante modalità con cui gli investitori pubblicitari accedono al web, anche in mobilità. Presentando il proprio dossier, il presidente di Audiweb Enrico Gasperini, ha precisato che se dall’anno prossimo l’uso dei Big data sarà imprescindibile per effettuare le analisi, già dal 2014 le misurazioni riguardano anche la parte mobile. “Oggi parliamo di total digital audience, ovvero di 40 milioni di italiani che accedono a Internet in uno scenario di crescita costante. Dal 2008 a oggi c’è stato un balzo del 45%, nel giro di un biennio gli accessi da tablet sono esplosi del 310%. Il 70% nelle connessioni avviene da mobile”, ha detto Gasperini. “La diffusione è capillare, con un tasso che naturalmente cresce tra i profili demografici più qualificati e al Centro-nord, dove la copertura è dell’87%. Ma anche i segmenti meno coperti sono cresciuti negli ultimi due anni del 13%, soprattutto grazie al mobile e tablet.

La differenza rilevante rispetto agli altri Paesi non riguarda la potenzialità della connessione, ma l’accesso effettivo alla rete: solo il 55% degli italiani usano abitualmente Internet, mentre nei mercati più avanzati si raggiunge quota 70%. Nel giorno medio ci sono 21 milioni di italiani connessi a Internet (nel mese il numero sale a 28,5 milioni, ndr), di cui 15 milioni accedono da mobile”, ha continuato Gasperini, che ha sottolineato il fatto che il 59% del tempo speso on line è mediato da una app, anziché da un browser, con una concentrazione elevatissima dei software utilizzati, prevalentemente nell’area della messaggistica e del social network. Gradualmente, gli italiani dedicano sempre più spazio al Web, a svantaggio della televisione. Se nella fascia adulta, il confronto è 2 ore e sette minuti versus 5 ore e 28 minuti, i giovani dedicano a Internet 2 ore e 43 minuti contro le 4 ore davanti al piccolo schermo.

Ma veniamo all’indagine a sei mani sull’evoluzione del mercato dell’advertising on line. Michele Marzan, vice presidente di Iab Italia ha spiegato che tra i driver di crescita per l’immediato futuro vanno annoverati i video, il mobile, il programmatic buying e, un po’ meno prevedibilmente visto le ultime performance, il search. “La parte video ha fatto registrare nel 2014 una crescita del 25%, tra le più rilevanti del Vecchio continente”, ha detto Marzano, “mentre l’advertising sui social guadagna il 70%. I classified, risentendo dell’andamento dell’economia, lasciano sul terreno il 16,3% mentre, direi a sorpresa, il search sale del 14%. Nel complesso il mercato vale 2 miliardi di euro, in crescita del 12,7% sul 2013”.

I trend del mercato, per Marta Valsecchi (Osservatori.net) sono delineati dai nuovi formati, dai nuovi device e dalle nuove modalità d’acquisto degli spazi pubblicitari. “La più giovane, il programmatic advertising (la modalità di compravendita automatica e in real time di spazi gestita interamente da macchine, ndr) balza del 120% a 110 milioni di euro, ben rappresentando le dinamiche del new Internet. Il modo in cui si accede al Web ha radicalmente trasformato i modelli di business. Il video, da solo, con i suoi 300 milioni di euro vale ormai il 27% dell’intero mercato display. Il social advertising, è sulla soglia dei 170 milioni di euro come giro d’affari, e pesa per il 15%, quando nel 2012 valeva il 7% del mercato display. Il mobile è cresciuto del 174% dal 2012 al 2013, quest’anno ha fatto registrare un ulteriore balzo del 50%, raggiungendo il valore di 290 milioni di euro e una fetta della torta del mercato complessivo dell’Internet advertising pari al 14% (nel 2012 pesava solo per il 5%, ndr)”

Alberto Dal Sasso di Nielsen ha infine mostrato il punto di vista delle aziende, presentando una ricerca condotta su campione di 900 imprese rappresentativo delle 18 mila organizzazioni che in Italia investono in pubblicità on line. “C’è da notare che solo il 5,6% investe esclusivamente sul digital”, ha spiegato Dal Sasso. “Dunque la pianificazione è multipiattaforma. Tra l’altro solo il 7% punta su una singola piattaforma Web, l’89% investe su un numero di piattaforme compreso tra due e quattro e il restante 4% su cinque piattaforme. Il macrosettore che più investe con più decisione on line è quello del tempo libero, il 43% delle risorse su una media del 23%. Interrogate su cosa si aspettano dal lato offerta, le aziende hanno risposto che serve un lavoro di valorizzazione non solo sull’invenduto, ma anche dei contenuti premium. In generale è lecito aspettarsi un’ulteriore evoluzione sulla sponda del programmatic, specialmente quando la componente dell’analisi dei dati, che ancora è carente, verrà sviluppata. Dalla ricerca emerge comunque che c’è una certa consapevolezza delle imprese rispetto all’uso del digitale per quanto riguarda la comunicazione. Non è più considerato un nuovo strumento da mettere alla prova, piuttosto fa parte integrante del media mix”.

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