“Garantire il fabbisogno nazionale di prodotti con attenzione alla sostenibilità ambientale e ai risparmi delle aziende”. E’ questo l’obiettivo dell’applicazione delle tecnologie per una agricoltura di precisione e l’utilizzo di prodotti innovativi (come quelli a cessione controllata dell’azoto) che possono portare a una riduzione del 25% dei costi aziendali standard di concimazione. È quanto raccomanda il Cai – Consorzi Agrari d’Italia – sulla situazione nelle campagne italiane in uno dei periodi più importanti dell’anno, quello delle semine.
L’impatto del caro energia sulle campagne
Nel 2022, secondo un’analisi della Coldiretti, a causa del caro energia e del conseguente aumento dei prezzi, le aziende agricole hanno ridotto di almeno il 30% gli acquisti di fertilizzanti tradizionali. L’urea è balzata a 1.100 euro a tonnellata contro i 540 euro a tonnellata dello scorso anno, mentre il perfosfato è passato da 185 agli attuali 470 euro/tonnellata e i concimi a contenuto di potassio sono schizzati da 455 a 1005 euro/tonnellata.
“Proprio per questo motivo – fa sapere il Cai – è necessario lavorare a soluzioni alternative in grado di garantire l’adeguata concimazione dei terreni in modo da massimizzare le rese produttive e tenere alti gli standard qualitativi del prodotto”.
Prodotti innovativi e sistemi di precisione
I tecnici di Consorzi Agrari d’Italia, che lavorano accanto a oltre 200mila aziende agricole in tutto il Paese, consigliano in questo momento di utilizzare prodotti innovativi, come quelli a cessione controllata dell’azoto, per ottenere un risparmio del 25% circa sui costi standard di concimazione.
Un ulteriore aiuto può arrivare dai sistemi di agricoltura di precisione che permettono di massimizzare la concimazione e risparmiare anche fino al 20% sul dosaggio di prodotti tradizionali.
L’utilizzo di prodotti alternativi
Importante, secondo il Cai, anche il contributo dei batteri azoto fissatori per rendere disponibile l’azoto atmosferico e sfruttarlo per la nutrizione delle piante. L’Italia importa il 70% circa di concimi minerali, con l’Egitto che da sola rappresenta poco meno del 50% delle importazioni, seguito da Ucraina (10-15%), Algeria, Libia, Turchia, Marocco, Bielorussia e Russia. Più contenuti i problemi per i fertilizzanti organici e organominerali, invece, la cui produzione nazionale arriva a coprire il 90% del fabbisogno.