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Data center, (anche) Meta punta sul nucleare: accordo con Constellation Energy



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Il gruppo di Mark Zuckerberg ha annunciato una partnership strategica ventennale per mantenere in funzione l’impianto di Clinton, in Illinois, che garantirà dal 2027 la fornitura energetica per gli hub dell’area. Al vaglio 50 nuovi progetti che fanno leva sulla stessa logica

Pubblicato il 4 giu 2025



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Meta entra nel novero delle Big tech che si affidano al nucleare per soddisfare i propri consumi energetici, che stanno conoscendo un vero e proprio boom a causa dello sviluppo e della diffusione delle applicazioni di AI.

In particolare, la società di Mark Zuckerberg ha annunciato un accordo ventennale con Constellation Energy: la fornitura messa a disposizione dal Clinton Clean Energy Center, in Illinois, sarà utilizzata a partire dal 2027 per supportare le attività nell’area del gruppo che, si legge in una nota, continuerà a fare sponda sulle infrastrutture esistenti per raggiungere l’obiettivo di 1-4 gigawatt. “Siamo in trattative finali con una rosa di potenziali progetti”, fa sapere Meta.

I vantaggi dell’approccio conservativo di Meta

“Diamo priorità alla gestione efficiente dei nostri data center”, spiega la nota del gruppo, “abbinando la nostra elettricità al 100% con energia pulita e rinnovabile ed esplorando tecnologie energetiche emergenti. Mentre guardiamo al nostro futuro fabbisogno energetico nel promuovere l’AI, riconosciamo l’immenso valore dell’energia nucleare nel fornire elettricità affidabile e costante e il ruolo che i progetti nucleari possono avere nel sostenere le economie locali e rafforzare la leadership energetica degli Stati Uniti”.

Il punto è che le centrali nucleari esistenti non sono in grado di rimanere operative a tempo indeterminato senza partner e investimenti che contribuiscano a estendere le licenze operative e ad aumentare la capacità di generazione. Molte infrastrutture necessitano di supporto a lungo termine per far sì che le reti elettriche a rimangano affidabili con l’aumentare del fabbisogno energetico, ed è in questo senso che la partnership tra Meta e Constellation Energy genera valore aggiuntivo, garantendo il funzionamento dell’impianto di Clinton (la cui dismissione era già programmata) per due decenni e preservando oltre 1.100 posti di lavoro locali. Il progetto inoltre apporterà 13,5 milioni di dollari all’anno di entrate fiscali senza dover ricorrere al programma statale Zero Emission Credit, mantenendo le operazioni senza ulteriori aiuti da parte dei contribuenti.

“Il nostro accordo ventennale con Constellation, a partire dal 2027, garantisce la gestione a lungo termine del Clinton Clean Energy Center, che fornirà 1.121 megawatt di energia nucleare a zero emissioni. Questo accordo garantisce che un impianto critico rimanga operativo e soddisfi il crescente fabbisogno energetico, aggiunge 30 megawatt di capacità incrementale alla rete e consente a Constellation di valutare ulteriori sviluppi nucleari presso il sito”, precisa Meta.

I nuovi progetti al vaglio di Meta

Il bando indetto da Meta rispetto all’approvvigionamento di energia nucleare con queste modalità ha portato a oltre 50 candidature qualificate da una vasta gamma di partecipanti, tra cui utility, sviluppatori e produttori di tecnologie nucleari. “Le risposte hanno rispecchiato una varietà di opzioni tecnologiche, termini commerciali e siti in oltre 20 stati. La gara, mirata a catalizzare le prime attività di sviluppo per progetti di energia nucleare da 1 a 4 gigawatt, sta dando priorità ai siti in cui lo sviluppo nucleare può essere avanzato rapidamente con elevati gradi di certezza in termini di esecuzione e tempistiche”.

Meta, come accennato, sta selezionando una rosa di nuovi progetti nucleari in diversi stati degli Stati Uniti. “Attraverso questi progetti, miriamo ad attivare investimenti nel nuovo nucleare su più reti e tecnologie, generando nuova energia affidabile e continua a supporto dei futuri data center.

I piani di Google e Aws

Ma, come detto, Meta non è la prima Big Tech a ricorrere al nucleare per supportare lo sviluppo dell’AI. Google, per esempio, ha assunto Patrick Taylor, ex dirigente Microsoft esperto in tecnologie nucleari, per guidare il proprio Advanced Energy Technology Team nell’ottica di soddisfare il crescente fabbisogno energetico dei data center destinati all’AI.

Amazon Web Services (Aws) ha d’altra parte confermato un investimento da oltre 500 milioni di dollari in infrastrutture energetiche nucleari, incluse partnership per la costruzione di reattori modulari di nuova generazione. In una recente intervista, il ceo di Aws, Matt Garman, ha dichiarato che “l’adozione diffusa del nucleare è fondamentale per rispondere alla fame energetica dell’AI”, sottolineando come l’energia continua e priva di emissioni offerta dal nucleare rappresenti oggi “una grande soluzione” per sostenere la trasformazione digitale.

Soddisfare il fabbisogno energetico dell’AI: i reattori modulari compatti

È un aspetto che non si prende spesso in considerazione nell’uso quotidiano che facciamo dei nuovi assistenti virtuali, ma ogni singola query AI può consumare decine di volte l’energia richiesta da una ricerca tradizionale. L’addestramento di modelli linguistici come Gpt, d’altronde, richiede centinaia di megawattora.

Il paradosso è che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare la soluzione al problema creato dalla stessa tecnologia: secondo un recente report dell’Iea, l’Agenzia europea per l’energia, l’Ai è la forza più dirompente nel settore energetico oggi, perché porterà a un’impennata della domanda di elettricità dai data center di tutto il mondo. Ma potrebbe anche essere la tecnologia più importante per ridurre i costi e le emissioni e migliorare la competitività, la flessibilità e la cybersicurezza delle reti energetiche. “Non esiste intelligenza artificiale senza energia; allo stesso tempo, l’Ai ha il potenziale per trasformare il settore energetico”, si legge nello studio.

In questo scenario si inserisce, al fianco di iniziative di riqualificazione di impianti esistenti come quella annunciata da Meta, l’utilizzo del nucleare di nuova generazione, con reattori di taglia ridotta che possono essere installati in prossimità dei siti industriali e capaci di operare 24/7. Gli Small Modular Reactors (Smr) stanno rapidamente diventando il modello di riferimento per i player digitali. Secondo il Dipartimento dell’Energia Usa, gli Smr permettono di superare molte delle barriere storiche dell’energia atomica, tra cui dimensioni, tempi di costruzione e costi di gestione.

L’alternativa rinnovabile c’è, ed è in Portogallo

Non si vive però di solo nucleare. Soprattutto in Europa, dove il dibattito su questa fonte energetica è tutt’altro che chiuso, il Portogallo rappresenta una nuova frontiera per i data center alimentati da energie rinnovabili. Con una capacità attuale di soli 15MW, il Paese sta rapidamente scalando grazie a progetti ambiziosi: AtlasEdge (9,3MW), Merlin Properties (180MW) e soprattutto Start Campus – Sines 4.0, una struttura colossale da 1,2GW interamente alimentata da fonti rinnovabili.

Lisbona è al centro di importanti rotte di connettività sottomarina, ospitando infrastrutture strategiche come i cavi 2Africa e Google Cloud. La combinazione di energia verde (oltre il 70% della produzione elettrica del Paese), clima favorevole e ampia disponibilità di suolo rende il Portogallo una meta sempre più appetibile per operatori cloud e AI.

Secondo Luca D’Alleva, Head of Service per il Cost Management di Bcs Italia, “progetti come Start Campus rappresentano un’opportunità concreta per ripensare la sostenibilità nei data center”. Tuttavia, avverte, il rischio è che restino eccezioni. Serve un cambio di paradigma: incentivi pubblici, standard più severi e una maggiore sinergia tra pubblico e privato.

Il modello Sines 4.0, con il suo raffreddamento naturale e la stretta connessione con fonti rinnovabili, potrebbe diventare uno standard replicabile, ma solo se accompagnato da strategie scalabili e personalizzabili a seconda delle condizioni geografiche, tenendo anche conto dei limiti dell’energia green: in assenza di smart grid ad alta efficienza disastri come il black out che qualche settimana fa ha interessato proprio la penisola iberica saranno sempre dietro l’angolo.

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