FISCO

Airbnb, la Corte Ue dà ragione all’Italia: “Giusto applicare cedolare secca”

L’Avvocato generale conferma l’obbligo di ritenuta fiscale alla fonte con aliquota del 21% in qualità di sostituto d’imposta

Pubblicato il 08 Lug 2022

F. Me

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La Corte di Giustizia Ue conferma la legge italiana che regolamenta il nuovo regime fiscale dedicato agli affitti brevi di case o appartamenti che non rappresentano attività lavorativa. L’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue, Maciej Szpunar, ha sostanzialmente condiviso l’impostazione del provvedimento, che il Parlamento ha approvato cinque anni fa, nel 2017, che prevede l’applicazione della cedolare secca alle locazioni immobiliari che non rientrano in contesto di impresa.

Szpunar ritiene che sia “perfettamente coerente imporre l’obbligo di ritenuta fiscale agli intermediari che intervengono nel pagamento dei canoni di locazione, poiché l’attività di un gran numero di persone fisiche che non sono soggette agli obblighi gravanti sui professionisti e, per sua natura, difficile da controllare ai fini fiscali”.

Il caso è originato dal ricorso presentato da Airbnb Ireland e Airbnb Payments, appartenenti al gruppo multinazionale Airbnb, per l’annullamento del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate che attua il regime fiscale italiano che prevede una cedolare secca tramite ritenuta alla fonte del 21%.

L’Avvocato Ue indica che la libera prestazione dei servizi “non osta all’obbligo di raccolta e trasmissione di informazioni ne all’obbligo di ritenuta, tuttavia, ‘l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale costituisce una restrizione sproporzionata alla libera prestazione dei servizi”.

Dal 1 giugno 2017, i redditi derivanti da tali contratti di locazione sono assoggettati a una cedolare secca tramite ritenuta alla fonte con aliquota del 21% e i dati relativi ai contratti di locazione devono essere comunicati all’autorità fiscale.

Airbnb, come è noto, e un gruppo multinazionale che gestisce l’omonimo portale di intermediazione immobiliare su Internet, che consente di mettere in contatto, da un lato, locatori che dispongono di un alloggio e, dall’altro, le persone che ricercano tale tipo di sistemazione, riscuotendo dal cliente il corrispettivo per la fornitura dell’alloggio prima dell’inizio della locazione trasferendolo poi al locatore, se il conduttore non ha fatto contestazioni.

La legge italiana stabilisce il nuovo regime fiscale delle locazioni immobiliari brevi al di fuori dell’esercizio di attivita d’impresa, che riguarda Airbnb in quanto gestore di un portale di intermediazione immobiliare e si applica ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attivita d’impresa, di durata non superiore a 30 giorni. Quando incassano i canoni, i soggetti che esercitano attivita di intermediazione immobiliare equelli che gestiscono portali telematici devono operare, in qualita di sostituti d’imposta, una ritenuta del 21% sull’ammontare dei canoni e provvedere al relativo versamento al Fisco. I soggetti non residenti riconosciuti privi di stabile organizzazione in Italia sono tenuti a nominare, in qualita di responsabile d’imposta, un rappresentante fiscale.

L’Avvocato generale Szpunar ritiene che la ritenuta fiscale, pur costituendo un onere ben piu importante rispetto a un semplice obbligo di informazione, non costituisce ‘una discriminazione indiretta nei confronti dei fornitori transfrontalieri, come afferma Airbnb sostenendo che quasi tutte le piattaforme presenti sul mercato italiano sono stabilite in altri Stati membri’. E segnala che il regime fiscale ha per oggetto non l’assoggettamento a imposta dei servizi di Airbnb, bensi le attivita di locazione di beni immobili situati nel territorio italiano, che stanno alla base di tali servizi. Pertanto, il regime in discussione rientra senza dubbio nella competenza fiscale del governo italiano. Per quanto riguarda l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale, l’avvocato generale ricorda che la Corte ha gia dichiarato pronunciandosi su un caso spagnolo che costituisce una restrizione sproporzionata alla libera prestazione di servizi ed e pertanto contrario al Trattato UE (articolo 56). Ne consegue che l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale, imposto dalla legge italiana, ‘e contrario’ al Trattato.

In relazione al quadro giuridico del diritto dell’Unione rilevante, l’Avvocato generale è del parere che tutti gli obblighi in questione “siano esclusi dall’ambito di applicazione delle direttive 2000/31, relativa ai servizi della societa dell’informazione, e 2006/123, relativa ai servizi nel mercato interno. Ne consegue che una normativa nazionale che li impone e esclusa, anch’essa, dall’ambito di applicazione di tali direttive”.

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