La World Internet Conference, tenutasi a Wuzhen (Zhejian) in Cina, con grande partecipazione di delegati, prevalentemente delle aziende e di governi, intendeva porre l’attenzione sulla governance e la sicurezza di internet. Lu Wei ha ribadito nel messaggio di benvenuto quanto sostenuto dal Presidente Xi Jinpin: “Ospitando questa Conferenza Mondiale su Internet, vogliamo offrire una piattaforma internazionale per aumentare la connessione tra la Cina e il resto del mondo, e una piattaforma cinese per realizzare una co-governance di internet e una ripartizione dei benefici tra tutti i partecipanti”.
L’opposizione di parte americana ed europea verso una governance di internet basata esclusivamente sull’accordo dei governi teme una “spartizione” nazionalistica di internet, in senso economico e in senso politico. Essa sortirebbe due effetti negativi: la limitazione del mercato, con un ritorno a barriere nazionali e linguistiche e un controllo politico sulla libertà di espressione. La debolezza della posizione americana non è dovuta all’argomentazione, ma ai precedenti: aver ottenuto in modo più o meno lecito dati personali e informazioni politicamente sensibili da parte degli operatori (solo degli operatori?), rende poco credibili le affermazioni libertarie di quella parte. Mi chiedo se la conoscenza delle violazioni della privacy sia la dimostrazione che solo gli Usa le fanno, o che solo negli Usa è possibile controllare da parte dell’opinione pubblica il governo che le fa. Sull’altro versante, il delegato russo ha auspicato una struttura della rete come federazione di reti nazionali, ognuna “messa in sicurezza” dal proprio governo.
Tra le sessioni di maggior audience, quella sulla sicurezza, raccoglieva non solo tecnici, ma anche politici, poiché il tema della sicurezza confina con quello della governance.
Jack Ma ha enfatizzato l’importanza del potenziale della Cina, che sta per superare i 600 milioni di utenti: “Siamo qui per discutere non solo del passato, ma per guardare avanti”. Parole che riassumono la sua posizione di forza sia sul mercato cinese delle Pmi, sia sul mercato dei capitali di New York, dove la sua Alibaba ha raccolto recentemente 25 miliardi di dollari con la sua Ipo. Una posizione di cerniera, di chi sa di aver approfittato della chiusura del mercato domestico ai grandi provider di e-commerce e e-advertising, ma che non vuole mantenere il suo business su base nazionale. L’Icann, con il suo presidente Fahdi Chehadé, ha auspicato che il “dono di internet” rimanga, anche in futuro, il dono di una rete libera non da regole, ma da ingerenze politiche e oligopolistiche. Lo speriamo anche noi.