LA LETTERA

Appello di Donne e Scienza alla ministra Messa: “Parità di genere chance imperdibile per la Ricerca”

Ancora poche donne tra le ricercatrici e i professori ordinari. Scarsa presenza nelle posizioni apicali. L’Associazione: “Le misure rese possibili dal Next Generation Eu costituiscono un’occasione storica per invertire il trend”

Pubblicato il 06 Lug 2021

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Parità di genere occasione imperdibile per la Ricerca italiana. L’Associazione Donne e Scienza chiede un incontro con la ministra dell’Università e Ricerca, Maria Cristina Messa, per proporre una serie di misure urgenti per il futuro della ricerca in Italia.

I recenti bilanci di genere in Università ed Enti di ricerca mostrano, ancora una volta, quanto diseguaglianze e discriminazioni restano forti ostacoli al progresso scientifico e sociale.

Nonostante i dati indichino chiaramente che inclusività e valorizzazione dei talenti sono fondamentali per la ricerca le misure adottare per il raggiungimento della parità di genere restano ancora insufficienti.

Per questo motivo, l’Associazione Donne e Scienza, con il supporto di numerose altre associazioni, rinnova l’invito ad un confronto costruttivo sulle tematiche evidenziate da anni dall’Associazione.

In occasione dell’ultimo otto marzo, l’Associazione aveva già chiesto alla Ministra di istituire un Tavolo Tecnico dedicato al tema delle pari opportunità e delle disuguaglianze di genere nel mondo della scienza: ma i dati emersi dai bilanci di genere e l’occasione storica del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), ci spingono a riaffermare con forza l’esigenza di intraprendere un cammino che porti realmente ad una ricerca più inclusiva nell’interesse di tutti.

Secondo i bilanci di genere nel Cnr le ricercatrici sono il 46,8% e i ricercatori sono il 53,2% tuttavia, nelle posizioni dirigenziali, la percentuale degli uomini sale al 78% mentre quella delle donne scende al 22%. Dai dati forniti dalla Crui, nelle università, tra i professori ordinari le donne sono solo il 23%.

“Potrebbe sembrare una questione che interessa solo le donne, invece il raggiungimento dell’uguaglianza di genere nella sola area Stem potrebbe aggiungere fino a 1,2 milioni di posti di lavoro e tra i 610 e gli 820 miliardi di euro al Pil europeo entro il 2050 – spiega Sveva Avveduto, presidente dell’Associazione Donne e Scienza – Molte cause e con-cause concorrono a mantenere il soffitto di cristallo. Un complesso set di barriere, dirette e indirette, si frappone all’impegno delle donne nella scienza e soprattutto alla progressione di carriera; tipicamente gli obblighi derivanti dalla famiglia, ma anche un forte ruolo frenante che assumono gli stereotipi e i pregiudizi di genere nella scienza. Le ragazze sono spesso scoraggiate dall’intraprendere studi scientifici, come se avessero minori capacità, e alle donne si preferiscono gli uomini nelle posizioni di comando.”

Dunque, come evidenziato nella richiesta indirizzata alla Ministra, è necessario che la parità di genere diventi reale nella pratica dei laboratori e delle aule universitarie, nella valorizzazione/valutazione dei curricula, nei bandi e nelle istruttorie dei concorsi, dei progetti nazionali ed internazionali. Se la disparità di genere perdura immutata è perché il problema ha molteplici cause, e va affrontato con diversi strumenti, culturali, normativi, di buone prassi.

La lettera ha avuto oltre 200 adesioni di Associazioni e singole/i professioniste/i.

“Il clima negli ambienti di ricerca è spesso ostile per le donne, con colleghi che ti guardano dall’alto al basso, senza ascoltare quello che dici. Poi magari prendono le tue idee e se ne appropriano, senza riconoscere il tuo contributo  – evidenzia  Monica Zoppé, ricercatrice Cnr e una delle promotrici della lettera – Anche le battute: credono forse di essere simpatici, ma non si rendono conto di essere offensivi. Un clima che può portare anche a molestie vere e proprie: i casi denunciati da ricercatrici e studentesse sono in continuo aumento. Da qualche anno ci sono i Cug, e in qualche caso le consigliere di fiducia, che un poco aiutano, ma manca ancora la cultura del rispetto.”

Le proposte

In primo luogo occorre agire al momento dell’accesso ai ruoli strutturati. L’entrata in accademia e nell’ambiente scientifico avviene attraverso ruoli precari indistintamente per uomini e donne. Ma le donne che affrontano il ruolo di madri spesso restano precarie, mentre i colleghi maschi, solitamente meno assillati dalla vita familiare, proseguono la loro carriera in ruoli strutturati. Il cambiamento culturale che vede donne e uomini parimenti impegnati nella vita familiare è certamente auspicabile, ma lentissimo. Allora, il tempo della maternità e delle cure parentali va considerato nei bandi di concorso per le assunzioni e le progressioni, così come nei bandi dei progetti di ricerca a cui si associano anche pubblicazioni e visibilità per gli avanzamenti di carriera.

In secondo luogo è necessario introdurre uguaglianza, come previsto dalla legislazione Italiana, anche nella valorizzazione delle donne in termini di partecipazione a commissioni, tavoli di lavoro, ruoli istituzionali e decisionali che sono più spesso assegnati agli uomini. Non si tratta solo di arricchire il sistema con il contributo di tutte le persone, ma anche di offrire possibilità di interazione e di costruzione di curriculum, in cui, oltre a numero e qualità delle pubblicazioni, la partecipazione in altri ruoli è un fattore importante per raggiungere ruoli di direzione, da cui troppo spesso le donne vengono escluse. Ricordando inoltre che spesso Il ruolo dalle donne svolto a sostituire gli uomini nelle responsabilità scientifiche e gestionali è quasi sempre invisibile e non riconosciuto.

Infine, è necessario inserire la valutazione ed il finanziamento degli Atenei e degli EPR in base alle misure concrete intraprese ed ai risultati raggiunti in tema di superamento del gap di genere. L’analisi approfondita dei bilanci di genere delle istituzioni scientifiche può essere un’utile guida all’individuazione di misure necessarie a realizzare una maggiore equità di genere.

Un ulteriore aspetto da affrontare e risolvere con urgenza è quello di un ambiente di lavoro libero da molestie: dalle battute alle vere e proprie aggressioni sessuali, è purtroppo ancora frequente che le donne non possano dedicarsi con tranquillità alla ricerca in un mondo permeato di sessismo, che le sminuisce e le degrada in modo a volte sottile e implicito, ma costante. Su questo aspetto, l’istituzione obbligatoria dei Cug è un passo avanti, che deve essere seguito dalla diffusione di una cultura del rispetto, con l’ausilio di programmi efficaci e continuativi.

Le tematiche sollevate si pongono come alcuni tasselli di un mosaico che raffigura la sintesi dei percorsi di carriera al femminile e vanno integrate con forza anche nelle missioni del Pnrr.

Le misure rese possibili dal piano Next Generation EU costituiscono un’occasione storica mai osservata prima. L’Europa e l’Italia stanno per aprire una fase di grandi investimenti che possono contribuire a ridisegnare il mondo, anche quello della scienza e della ricerca, per le prossime generazioni, alle quali si darebbe un pessimo segnale se queste occasioni di miglioramento non fossero colte.

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