IL PROGETTO

Big data, nasce Ceeds: così il cervello umano impara a decodificarli

La Ue lancia il progetto per realizzare un sistema interattivo in grado di facilitare la comprensione di grandi moli di informazioni, evitando sovraccarichi del cervello. Neelie Kroes: “E’ arrivata l’ora di abbracciare questa rivoluzione”

Pubblicato il 11 Ago 2014

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Ogni minuto il mondo genera dati per 1,7 milioni di miliardi di byte, pari a 360mila dvd. Ma in che modo il nostro cervello può gestire insiemi di dati (dataset) sempre più grandi e complessi? Per rispondere a questa domanda i ricercatori dell’Ue stanno sviluppando un sistema interattivo capace non solo di presentare le informazioni nel modo in cui desideriamo, ma anche di cambiarne regolarmente la modalità di presentazione per evitare il sovraccarico del cervello. Ceeds – questo il nome del progetto – potrebbe permettere agli studenti di studiare meglio o ai giornalisti di effettuare il controllo incrociato delle fonti più rapidamente. Diversi musei in Germania, nei Paesi Bassi, nel Regno Unito e negli Stati Uniti hanno già mostrato interesse per la nuova tecnologia.

I dati sono ovunque: possono essere prodotti dagli esseri umani o generati dalle macchine, come i sensori che raccolgono le informazioni sul clima, immagini satellitari, foto e video digitali, registrazioni di operazioni d’acquisto, segnali Gps. Queste informazioni sono un’autentica miniera d’oro. Tuttavia, rappresentano anche una sfida: i dataset di oggi sono enormi e difficili da elaborare, tanto da richiedere nuovi strumenti, idee e infrastrutture.

I ricercatori del progetto Ceeds stanno inserendo i cosiddetti “big data” (megadati) in un ambiente interattivo per permettere alla nostra mente di generare nuove idee in modo più efficiente. Hanno messo a punto quella che chiamano una eXperience Induction Machine (Xim) che utilizza la realtà virtuale per consentire all’utente di “accedere” a grandi dataset. Questo ambiente multimodale a immersione – situato presso l’Università Pompeu Fabra di Barcellona – contiene anche una serie di sensori che permettono al sistema di presentare all’utente tutte le informazioni nel modo corretto, adattandosi costantemente alle sue reazioni durate l’analisi dei dati. Queste reazioni ‑ come i gesti, i movimenti degli occhi o la frequenza cardiaca – vengono monitorate dal sistema e utilizzate per adattare la modalità di presentazione dei dati.

“Il sistema riconosce quando i partecipanti sono affaticati o sovraccaricati di informazioni. E si comporta di conseguenza – spiega Jonathan Freeman, Professore di Psicologia presso la Goldsmiths University of London e coordinatore del progetto – Può semplificare i modelli visivi in modo da ridurre il carico cognitivo, mantenendo quindi basso il livello di stress dell’utente, permettendogli di restare più concentrato, oppure può guidarlo verso aree di rappresentazione dei dati meno cariche di informazioni.”

Il gruppo di neuroscienziati è stato il primo su cui i ricercatori del Ceeds hanno sperimentato la propria macchina (BrainX3). Questa ha raccolto gli enormi dataset generati in questa disciplina scientifica e li ha animati attraverso visualizzazioni visive e sonore. Fornendo indizi subliminali, come frecce lampeggianti, la macchina ha guidato i neuroscienziati verso aree di dati che fossero potenzialmente più interessanti per ciascuno di loro. I primi progetti pilota hanno già dimostrato la straordinaria capacità di questo approccio nel reperire nuove informazioni sull’organizzazione del cervello.

Le possibili applicazioni del Ceeds sono numerosissime e spaziano dal controllo delle immagini satellitari e dalle prospezioni petrolifere fino all’astronomia, all’economia e alla ricerca storica. “Ovunque ci sia una ricchezza di dati tale da richiedere molto tempo o un notevole sforzo, c’è potenziale – aggiunge Freeman – Constatiamo che è materialmente impossibile per gli esseri umani analizzare tutti i dati che hanno di fronte, semplicemente per il tempo che occorre. Qualsiasi sistema che possa velocizzare il processo e renderlo più efficiente è perciò di enorme valore.”

Il sistema interattivo può aiutare a raccogliere i contributi degli utenti – e a dar loro delle risposte – in luoghi come negozi, musei, biblioteche e concerti. In classi reali e virtuali, i professori possono insegnare in modo più efficace, adattando i propri interventi al livello di attenzione degli studenti. La tecnologia Ceeds è in uso già da due anni presso la sede commemorativa del Bergen-Belsen Memorial in Germania e si sta discutendo con i musei del Regno Unito, dei Paesi Bassi e degli Stati Uniti in vista delle giornate commemorative della fine della Seconda Guerra Mondiale previste per il 2015. Il gruppo incaricato del progetto sta discutendo con organizzazioni pubbliche, commerciali e di beneficenza per elaborare versioni del Ceeds adattate alle loro esigenze. Le applicazioni di cui si discute riguardano un negozio virtuale di vendita al dettaglio all’interno di un aeroporto internazionale e la visualizzazione della qualità del suolo e del clima in Africa al fine di assistere gli agricoltori locali nell’ottimizzazione delle colture.

Quello del Ceeds è un progetto vasto: 16 partner in nove Paesi (Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito) stanno lavorando insieme per ottimizzare la nostra comprensione dei big data. L’UE ha investito 6,5 milioni di euro in questa iniziativa innovativa, nell’ambito del sistema Tef (Iniziative faro per le tecnologie emergenti e future).

Ma l’azione dell’UE per sfruttare i big data va al di là dei progetti di ricerca. La Commissione europea ha recentemente fatto appello ai governi nazionali affinché abbraccino la rivoluzione dei big data e sta attualmente utilizzando l’intera gamma di strumenti politici e legali a disposizione per sfruttare al meglio l’economia basata sui dati.

“I big data non devono spaventarci – dice il commissario Neelie Kroes – Progetti come questo ci consentono di assumere il controllo dei dati in modo da usarli per risolvere i nostri problemi. È ora che i leader abbraccino la rivoluzione dei big data.”

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