Proibire per legge Bitcoin negli Usa: lo chiede in una lettera alla Federal Reserve il senatore statunitense Joe Manchin, affermando che la valuta virtuale, finora mai certificata da alcun ente regolatore, “è dannosa per l’economia americana”.
L’appello arriva dopo il recente crollo della valuta, sia in termini di valore sia di credibilità, causato dalla chiusura di MtGox, piattaforma giapponese che era tra le maggiori a trattare la moneta digitale.
“Gli obiettivi di Bitcoin – scrive il politico nella lettera alla Banca centrale degli Usa – che sono chiaramente quelli di effettuare transazioni di merci illegali o scommesse a fini speculativi me ne fanno temere l’utilizzo. Sollecito perciò i regolatori a lavorare insieme, agire rapidamente e proibire questa pericolosa valuta che non può che danneggiare i lavoratori americani”.
Dopo il 25 febbraio, il giorno più nero per Bitcoin a causa della “scomparsa” di MtGox, sono state aperte due inchieste. Le autorità americane e quelle giapponesi hanno cominciato ad indagare sull’improvvisa sospensione della piattaforma, e con lei di 750mila monete virtuali, pari a un valore di circa 350 milioni di dollari. Nel frattempo l’amministratore delegato del sito, Mark Karpeles, ha fatto sapere di non essersi volatilizzato. Anzi starebbe “lavorando molto duramente per aiutare le varie parti a trovare soluzioni ai problemi”.
La società, a quanto si apprende, potrebbe dichiarare alla bancarotta. Eppure dopo il crollo del prezzo, sceso a 470 dollari per moneta, ieri Bitcoin aveva ripreso la sua marcia, tornando a superare quota 550 dollari. In generale la comunità degli investitori, dicono gli analisti, non teme il caso in sé – anzi l’incidente di MtGox viene considerato quasi salutare, perché eliminerebbe soggetti poco trasparenti o ambigui – ma piuttosto fa ipotizzare un’accelerazione verso una regolamentazione del settore, che in generale i bitcoiners non vedono di buon occhio.
Su Bitcoin e su una sua possibile certificazione come valuta legale è in corso un dibattito internazionale. Di recente l’Eba (European Banking Authority) ha annunciato la futura pubblicazione di un documento in cui metterà in guardia dai rischi di “violente fluttuazioni delle valute elettroniche”, così come dal pericolo che “i portafogli digitali” in cui si registra la proprietà questi titoli possano esser preda di hacker e pirati informatici.
Il monito dell’Eba segue quello lanciato nei giorni precedenti dalla Banca centrale della Cina, che è stata anche più drastica nel mettere in guardia il pubblico dal Bitcoin. Ha infatti ordinato a banche e istituzioni finanziarie di non usare Bitcoin, dando così un duro colpo alle quotazioni della valuta, fino a quel momento particolarmente apprezzata proprio dai cinesi. Ma sembra che gli investitori cinesi continunino imperterriti a scommettere su questa valuta.
Meno ostili erano invece apparse in precedenza le posizioni dalle autorità Usa. La Security and Exchange Commission (Sec) degli Usa aveva indicato la possibilità di prendere in considerazione Bitcoin come una security e quindi ritenerla oggetto di regolamentazione. Il nodo del problema, al momento, è non c’è alcuna autorità centrale che governi il valore di questa moneta virtuale, ma solo la legge della domanda e dell’offerta.