L'EDITORIALE

Bonus 600 euro, siti in tilt: questo non è il digitale che serve al Paese

C’era da aspettarselo. Il portale dell’Inps fuori uso. E non è l’unico. Danni ai consumatori ma anche strategia fallimentare sull’uso delle piattaforme che dovrebbero facilitare e non complicare la vita agli utenti. Così si mette a rischio qualsiasi sensata politica di digitalizzazione

Pubblicato il 01 Apr 2020

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C’era da aspettarselo. Il sito dell’Inps è andato in tilt. E il bonus da 600 euro indispensabile e urgente per molti cittadini, al momento resta una chimera.

Come si sia potuto pensare di gestire le richieste caricando gli utenti di questa incombenza è segno dell’incapacità di comprendere a cosa serva il digitale. Il digitale deve servire a facilitare la vita non a complicarla. E men che meno a costringere migliaia di cittadini davanti a un pc per ore e a imporre l’uso di moduli e allegati pensati per un mondo “analogico”. Un metodo replicato anche dagli ordini professionali che peraltro già detengono tutti i dati degli iscritti e che dunque possono facilmente verificare a chi spetti o non spetti il bonus.

Questa maldestra gestione non solo complica l’erogazione del bonus ma crea un grande senso di sconforto nei confronti di strumenti – quelli informatici e telematici – che già nel nostro Paese fanno fatica a decollare e che invece sono indispensabili, e lo saranno sempre di più, considerando che fra gli effetti postumi dell’emergenza Coronavirus ci sarà la necessità di ricorrere al digitale in maniera massiccia. La “distanza” a cui saremo costretti di qui ai mesi a venire potrà essere gestita al meglio solo se molte delle attività lavorative potranno essere abilitate in modalità “elettronica”.

L’e-commerce consente ad esempio di non recarsi fisicamente presso gli esercenti e per evitare code e “assembramenti” agli sportelli pubblici, ma anche agli uffici postali e ancor di più presso le strutture sanitarie, è evidente che la modalità di comunicazione digitale consente di fare fronte al meglio alle rinnovate esigenze. Una modalità figlia dell’emergenza, dal potenziale rimasto finora inespresso eppure dal valore immenso considerata la quantità di servizi e funzionalità che si possono erogare “online” e i notevoli impatti sul fronte dell’efficienza operativa e gestionale, per non parlare del taglio di costi e spese soprattutto per la macchina pubblica, già zavorrata da un debito monstre.  I benefici sono sotto gli occhi di tutti: lo smart working sta permettendo a una parte consistente di aziende e lavoratori di poter svolgere le proprie attività a tutto beneficio dell’economia. Che cosa sarebbe accaduto se tutte le aziende italiane si fossero fermate in questo delicato e grave momento? Le attività didattiche continuano, pur con tutta una serie di difficoltà, ad essere gestite grazie all’online. E che dire dei tantissimi servizi per l’entertainment, delle app per trascorrere più piacevolmente il tempo nelle nostre case, dei servizi offerti gratuitamente, inclusi quelli legati alla connettività.

Ma è bastata una sola giornata a vanificare gli sforzi. E a convincere buona parte della popolazione che lo strumento digitale sia stato diabolicamente usato per prendere tempo. Le piattaforme sono andate in tilt, l’alibi perfetto. Così non doveva andare e non deve andare.

PS. Nel pomeriggio la notizia del malfunzionamento del sito Inps a causa di un attacco hacker con tanto di privacy degli utenti data in pasto alla rete. Ma non servirà a sanare la questione

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