L'ANALISI

Boom delle Ipo hi-tech, Europa grande esclusa

Quest’anno le quotazioni delle aziende tecnologiche valgono 23 miliardi di dollari in Asia, 9 miliardi negli Usa e appena 650 milioni nel Vecchio Continente. Per gli analisti le nostre Borse sono poco attraenti e mancano i campioni digitali. Ma il fintech può riaprire i giochi

Pubblicato il 02 Set 2020

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Solo 16 aziende tecnologiche si sono quotate in Borsa in Europa quest’anno: è il dato più basso da dieci anni. Queste Ipo hanno fruttato un totale di 650 miloni di dollari. Negli stessi primi otto mesi del 2020, le Ipo delle tech companies negli Stati Uniti hanno raccolto 9,2 miliardi di dollari e in Asia 23 miliardi. Lo scrive Bloomberg in un’analisi in cui sottolinea che “la notizia più rilevante sul mercato dei titoli hitech europei” è il delisting di Rocket Internet, una fucina di start-up che negli ultimi cinque anni ha portato a una decina di Ipo, ma che ora ha annunciato che sarà “meglio posizionata come azienda non quotata”. Il motivo è semplice: il grande accesso ai finanziamenti privati. Ovvero, investitori stranieri che tendono a comprare le start-up europee e a inglobarle in realtà hitech più grandi, con sede in America o in Asia.

Europa ancora in cerca della sua Google

Per Bloomberg il delisting di Rocket Internet conferma il trend negativo dell’industria tecnologica europea sui mercati azionari del vecchio continente. Chi investe in titoli va in cerca di grandi aziende, campioni digitali del peso di Google o Apple, ma l’Europa è “ben lontana da riuscire a produrne anche uno”. Da noi, prosegue l’analisi, scarseggiano le aziende tecnologiche, gli unicorni e le start-up. E molte delle aziende che vengono fondate nel vecchio continente tendono a spostarsi su mercati più grandi, in particolare gli Stati Uniti, per crescere e internazionalizzarsi, sottolinea Aukse Jurkute, managing director presso Bank of America.

Gli investitori privati scoraggiano le Ipo

Gli investitori privati più danarosi rilevano tante società candidate all’Ipo e spingono in alto la valutazione delle aziende che fanno una scelta simile: essere acquiiste anziché quotarsi in Borsa. Inoltre, le Borse europee non raggiungono i picchi dei mercati americani o asiatici, per cui chi si quota nel vecchio continente ricava molto meno dalla propria Ipo.

Shaunak Mazumder, fund manager presso Legal & General Investment Management, afferma: “Se Tesla fosse quotata in Europa varrebbe la metà. Forse anche solo il 20% del suo prezzo”. Secondo Mazumder, gli investitori Usa capiscono il potere della disruption, mentre i fondi europei sono più concentrati sugli utili a scapito dell’innovazione.

Europa più forte nel fintech

Il quadro non è tutto negativo: “Non vuol dire che non si possano ottenere buone valutazioni sui mercati europei”. Un settore tecnologico che in Europa vive una fase di grande vivacità è quello che unisce digitale e servizi finanziari: alcune delle maggiori Ipo europee del 2019 sono state quelle delle società dei pagamenti Nexi e Network International Holdings, Oggi la scale-up fintech Unifiedpost Group ha annunciato il progetto di quotazione a Bruxelles e ha detto di puntare a una raccogliere fino a 212 milioni di euro.

Regulation sotto i riflettori

Tuttavia, agli occhi dei commentatori americani, le Borse europee non sono dotate di regole per la quotazione che favoriscono le Ipo hitech. Per esempio, la normativa esistente non dà ai fondatori delle società tecnologiche più diritti di voto o forme di protezione e questo è uno dei motivi che spinge molte start-up o scale-up a svolgere l’Ipo all’estero. Il big svedese della musica in streaming Spotify e il gruppo britannico della tecnologia per il retail si sono quotati negli Usa.

I regolatori in Europa hanno preso atto di questo gap con gli Stati Uniti e stanno cercando di stimolare le Ipo sui mercati del vecchio continente. La Francia ha creato un bailout fund di 4 miliardi di euro per le piccole tech companies nazionali; anche la Germania sta valutando un pacchetto di “salvataggio” per il settore.

Attesa per le prossime Ipo

Alcune Borse stanno inoltre rendendo le loro regole più flessibili: a Londra il negozio online di prodotti di bellezza The Hut Group ha ottenuto una struttura per la sua Ipo che darà al co-fondatore e ceo Matthew Moulding la cosiddetta “golden o founder share” col potere di porre il veto a qualunque tentativo di acquisizione ostile per tre anni.

Resta da vedere come andranno e si struttureranno in Europa le altre Ipo si profilano per i prossimi mesi: il colosso polacco dell’e-commerce Allegro e la società britannica della cybersecurity Darktrace. L’anno prossimo dovrebbe essere la volta di Klarna Bank, fornitore svedese di servizi di pagamento digitali.

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