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Fisco & Ott, Cardani: “Più forza all’Agcom”

Il presidente dell’authority promuove il ddl in discussione al Senato sulla web tax ma avverte: “Bisogna adottare una legislazione che prevenga i rischi di elusione e una riforma organica a tutela della concorrenza”

Pubblicato il 19 Apr 2017

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Sull’eventuale introduzione di una web tax, così come stabilito da un disegno di legge attualmente in discussione nelle commissioni Finanze e Industria del Senato, “valuto molto positivamente un’iniziativa legislativa diretta a riorientare le strategie fiscali delle società multinazionali attive nei mercati digitali“. Così il presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani, durante un’audizione in commissione Finanze e Industria del Senato sul ddl sulle misure in materia fiscale per la concorrenza nell’economia digitale (web-tax). “Nel ddl in discussione potrebbero essere introdotte disposizioni che, oltre ad assicurare una più efficace sinergia tra le diverse istituzioni nazionali, consentano un rafforzamento delle prerogative regolamentari dell’Agcom nel settore dell’economia digitale web-based, in grado di arginare i fenomeni elusivi”. Il presidente dell’Agcom ha anche sottolineato che nell’eventualità di un intervento normativo di questo tipo, bisogna tener conto conto “dei riflessi che il regime fiscale applicabile ai principali attori dell’ecosistema di Internet riverbera sui valori della concorrenza e del pluralismo delle fonti di informazione”.

“La relazione che intercorre tra le discipline applicabili alla fiscalità delle società multinazionali operanti nei mercati digitali, la concorrenza e il pluralismo delle fonti di informazione – ha evidenziato Cardani – suggerisce sia di rafforzare la cooperazione tra l’Amministrazione finanziaria e le autorità preposte alla tutela di questi valori, sulla scorta dell’azione sinergica già in campo tra Agcom e la Guardia di Finanza, nonché l’opportunità di adottare una legislazione fondata su soluzioni ‘forward-looking’ idonee cioè a prevenire i rischi di elusione fiscale e gli effetti distorsivi sui mercati interessati dall’intervento di riforma proposto”.

In questa prospettiva, per l’introduzione di un eventuale intervento normativo assimilabile a una web tax, accanto alle disposizioni dirette ad agevolare le funzioni di accertamento fiscale spettanti all’Amministrazione finanziaria italiana circa i ricavi generati in Italia da attività dematerializzate dell’economia digitale, “sarebbe auspicabile una riforma organica che garantisca altresì basi giuridiche più solide all’intervento regolatorio finalizzato alla tutela della concorrenza e del pluralismo nel settore dei media e dell’informazione online“, ha concluso Cardani.

“L’applicazione di diversi regimi di imposizione fiscale per prodotti e/o servizi digitali diffusi via web e per quelli analoghi diffusi sul territorio nazionale crea delle distorsioni competitive, in quanto agli operatori economici non sono offerte condizioni di parità di trattamento nell’esercizio della propria attività d’impresa – ha proseguito – Se le differenze di prezzo dei servizi offerti online non sono giustificate da ragioni di efficienza economica, bensì da motivi meramente fiscali, si possono determinare delle distorsioni concorrenziali di tipo strutturale. D’altro canto, il consumatore percepisce esclusivamente il proprio immediato guadagno in termini di minore prezzo da pagare, ma non è in grado di valutare le ricadute negative che si manifestano in un arco temporale più ampio, quale la riduzione del benessere generale derivante dalla perdita di gettito fiscale, ovvero gli effetti occupazionali dell’applicazione di regimi fiscali disomogenei tra operatori nazionali e internazionali”.

Secondo Cardani “in un contesto nel quale aumenta la difficoltà di comprendere dove e come venga creato il valore economico dei beni e dei servizi offerti, appare più agevole per le imprese digitali attuare strategie di organizzazione e pianificazione societaria finalizzate a sfruttare i limiti della regolamentazione tributaria internazionale, che risulta inadeguata a rintracciare fenomeni elusivi ‘nuovi’ che si configurano nell’economia digitale”.

“I dati personali degli utenti – ha spiegato – per gli operatori web-based rappresentano un asset strategico difficilmente replicabile da parte degli operatori concorrenti, e ottenibile molto rapidamente grazie alle tecnologie utilizzate. L’insieme delle politiche perseguite dagli operatori del web rischia di esacerbare la naturale tendenza alla concentrazione dell’offerta dei servizi orizzontali e verticali, con potenziali effetti non solo sulla concorrenza, ma anche sul pluralismo dei mezzi di informazione”.

Cardani ha poi evidenziato come la caratteristica primaria delle transazioni web-based sia la gratuità per gli utenti, “che implica una transazione non economica, ma basata sulla cessione dei dati personali degli utenti, che sono poi utilizzati dagli operatori per offrire servizi personalizzati”.

Focus anche sui contratti di vendita “spesso costruiti in modo da rendere più difficile identificare l’impresa che ha goduto effettivamente del pagamento, ovvero congegnati per aggirare e/o eludere i sistemi di tassazione diretta o indiretta”. “In uno scenario come quello descritto è evidente l’emergere di problematiche del tutto nuove in ordine all’efficacia e all’adeguatezza dei regimi tributari e regolamentari nazionali e internazionali – ha detto – Occorre valutare l’effetto di queste strategie di elusione sulle dinamiche competitive e sulla tutela del pluralismo informativo”.

Infine la pubblicità. “L’Agcom monitora con particolare attenzione l’evoluzione del settore della pubblicità online, nonché il costante monitoraggio delle posizioni di mercato dei soggetti ivi operanti, nel rispetto delle proprie funzioni di regolamentazione e monitoraggio del sistema informativo nel suo complesso – ha ricordato – I gestori delle principali piattaforme web, quali Google e Facebook, si configurano come veri e propri ‘gatekeeper’, che influiscono in tutti gli stadi della filiera sull’evoluzione dell’economia digitale. In tale prospettiva, le condizioni di mercato che insistono nel versante pubblicitario influiscono sulla quantità e qualità dei contenuti di natura informativa veicolati agli utenti attraverso le diverse piattaforme, potendo pertanto influenzare lo stato del pluralismo informativo”.

“I media tradizionali, in particolare i quotidiani, oltre a risentire della crisi economica strutturale, faticano ad adeguare i propri modelli di business e produzione dei servizi informativi all’evoluzione tecnologica e digitale intervenuta negli ultimi anni, presentando strutture di costo e prodotti informativi che non sembrano rispondere alle esigenze dettate dall’economia digitale – ha concluso Cardani -. Queste difficoltà potrebbero essere aggravate laddove alle imprese editoriali ubicate sul territorio nazionale siano applicati regimi fiscali e regolamentari disomogenei rispetto a quelli cui sono assoggettate le imprese attive a livello mondiale prive di una sede legale nel nostro Paese”.

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