LA GUERRA DEI CONTENUTI

Carotti (Fieg): “Google & co, Monti non stia alla finestra”

Il direttore generale della Federazione italiana editori giornali: per le news online serve una legge di tutela analoga a quella della carta stampata. “I prodotti editoriali incrementano il biz pubblicitario dei motori e per questo vanno remunerati”

Pubblicato il 26 Nov 2012

Paolo Anastasio

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La Fieg scende in campo per la tutela del copyright e la remunerazione dei contenuti editoriali connessi all’indicizzazione e aggregazione sulle pagine di Google e di tutti i motori di ricerca. “Il nostro auspicio è che il Governo Monti si occupi di questa materia, e prenda posizione varando una legge di tutela dei contenuti online analoga a quella della carta stampata”. La pensa così Fabrizio Carotti, direttore generale della Fieg (Federazione italiana editori giornali), che insieme ai colleghi francesi della Ipg (Association de la Presse) e ai tedeschi della Vdz (Verband Deutscher Zeitschriftenverlager) ha avviato un’azione congiunta di pressing a livello di singoli governi nazionali. L’obiettivo è ottenere una disciplina nazionale, per la tutela dei contenuti editoriali online indicizzati sui motori di ricerca.

Quali sono esattamente le vostre richieste al Governo Monti?

Chiediamo norme precise, che garantiscano agli editori una percentuale dall’indicizzazione dei prodotti editoriali online. I contenuti editoriali contribuiscono al business pubblicitario di Google e di tutti gli altri motori di ricerca. È un tema strettamente legato al diritto d’autore. Auspichiamo che il Governo Monti intervenga prima della fine della legislatura. Il governo dei tecnici ha tutti gli strumenti per intervenire. In Germania c’è un progetto di legge al vaglio in materia, che si auspica di approvare in primavera.

Che tipo di remunerazione avete ipotizzato di ottenere?

Si può ipotizzare un accordo analogo a quello che abbiamo siglato per la tutela delle rassegne stampa cartacee, che garantiscono le royalties agli editori dai soggetti che realizzano le rassegne stampa. Una quota del 4% va collettivamente agli editori, che si spartiscono i proventi in base agli articoli pubblicati nelle rassegne stampa.

La Fieg si è già mossa in passato contro Google rivolgendosi all’Antitust italiano. Cosa avete ottenuto?

Qualche anno fa, prima in Europa, la Fieg ha denunciato Google all’Antitrust per abuso di posizione dominante sia sulle news sia su AdSense, l’AdvertisingSense, vale a dire la pubblicità che Google vende attraverso i suoi prodotti. La segnalazione riguardava Google, perché controlla il 90% del mercato del search. L’indagine si chiuse con due importanti risultati: in primo luogo, la possibilità per gli editori di uscire da Google News, senza per questo subire effetti negativi sul search engine. In precedenza, se un editore decideva di uscire da Google News, che di fatto è un’aggregazione e indicizzazione di prodotti editoriali altrui, c’erano degli effetti anche sul motore di ricerca. In secondo luogo, un impegno sulla trasparenza della pubblicità.

Cosa contestate esattamente a Google e ai motori di ricerca in generale?

Google, anche attraverso l’utilizzo di prodotti editoriali, ricercati attraverso il suo motore di ricerca, produce business in termini di vendita di pubblicità. In Italia, il fatturato annuo derivante da attività pubblicitaria di Google è stato stimato in 700-800 milioni di euro. Chiediamo che sia fissata una quota di royalties per gli editori. Quando qualcuno fa una ricerca su un motore per trovare un prodotto, fruisce anche di contenuti editoriali che compaiono nei risultati della ricerca. Secondo gli editori, è giusto che Google garantisca una parte dei guadagni che realizza anche agli editori di cui utilizza i prodotti. La pubblicità produce ricavi in base al numero di click, che crescono anche grazie ai prodotti editoriali.

Avete intenzione di uscire da Google News come è successo in Brasile?

Gli editori italiani non hanno alcuna intenzione di oscurare le notizie e non hanno alcun interesse in questo senso. Gli editori brasiliani sono usciti da Google News perché la trattativa per la cessione di una quota sui proventi pubblicitari è saltata. In un anno, gli editori brasiliani hanno perso appena il 3%-4% del traffico sui loro siti. Nessuno, al contrario, conosce il danno subito da Google dalla diaspora degli editori brasiliani, perché il dato non viene reso noto.

Vi siete rivolti all’Ue per difendere la vostra posizione?

L’azione degli editori italiani, francesi e tedeschi arriva in parallelo con l’attività di indagine della Commissione europea che sta portando avanti un’inchiesta per verificare se vi sia abuso di posizione dominante da parte di Google. Che entro fine anno si è impegnata a rispondere in modo adeguato alle preoccupazioni di Bruxelles, per evitare l’apertura di un procedimento ufficiale dell’Antitrust Ue.

Al momento c’è un muro contro muro fra editori e Google?

Google ritiene che l’indicizzazione e l’aggregazione di notizie produca traffico verso i siti dei giornali, a tutto vantaggio degli editori. D’altro canto, se non ci fossero i prodotti editoriali, tanta gente non userebbe Google. Tanta gente non vedrebbe la pubblicità di Google e Google avrebbe il suo fatturato stroncato. Se dalla search di Google sparissero all’improvviso tutti i prodotti editoriali molta gente non andrebbe più su Google, producendo automaticamente un abbattimento dei ricavi pubblicitari. La pubblicità si vende in base al numero di persone che vanno a fare una ricerca

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