I NUOVI OBBLIGHI

Carta di identità elettronica, Comuni nel caos: la svolta grazie a Poste?

Dal 1°gennaio la card con chip è l’unica erogabile. Ma sono ancora molte le amministrazioni che non si sono attivate a tre anni dal battesimo normativo. E ancor di più quelle in cui i tempi di attesa possono arrivare fino a 4 mesi. Farraginose procedure e modalità gestionali non aiutano. Ce la faranno gli uffici postali a colmare il gap?

Pubblicato il 07 Gen 2019

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Dal 1° gennaio 2019 per la carta d’identità è iniziata ufficialmente l’era “elettronica”. I “vecchi” documenti cartacei saranno validi solo fino a scadenza: per tutti i cittadini che dovranno quindi rinnovare il documento (causa scadenza o furto-smarrimento) e per le “new entry” (ossia per la prima richiesta della carta) è prevista l’emissione esclusivamente in formato “card con chip”.

Nonostante gli anni di tempo concessi ai Comuni per adeguarsi (il decreto del Ministero dell’Interno che ha disciplinato le modalità tecniche di emissione della carta risale al 23 dicembre 2015, a seguito dell’introduzione della Cie con il decreto legge n.78 del 19 giugno 2015,) e arrivare dunque puntuali alla deadline del 31 dicembre 2018, quella indicata dal Ministero dell’Interno, la situazione che si registra in molti Comuni italiani è a dir poco caotica, segnale di qualcosa, più di qualcosa, che non ha funzionato. E a dirla tutta il progetto di carta di identità elettronica risale addirittura al 1997 con la Legge Bassanini. Ma i vari “aggiustamenti” tecnici e procedurali non sono mai riusciti a sortire i risultati sperati. In un incontro al Viminale a fine dicembre 2017 era stato fissato a fine agosto 2018 il completamento dell’installazione delle postazioni Cie in tutti i Comuni. Ma così non è andata.

Partiamo dai numeri: non tutti i Comuni sono arrivati puntuali all’appuntamento. Secondo i dati pubblicati sul sito dedicato alla Cie del Ministero dell’Interno ad oggi risultano operativi 7.504 Comuni su 7.954 (dai precedenti 7978, nel 2018 sono state approvate 19 fusioni per un totale di 42 comuni soppressi) per un totale di 6.938.967 carte elettroniche attivate.

All’appello mancano dunque 450 Comuni: qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di una cifra “residuale”, ma considerati i tre anni di tempo la cifra appare considerevole.

È La Lombardia la regione più virtuosa con 1447 amministrazioni attive, seguita dal Piemonte a quota 1058 e dal Veneto a 557. Al quarto posto la Campania con 535 Comuni operativi e il Lazio si piazza al quinto posto con 361 Comuni e, soprattutto, con la città di Roma fra quelle in cui i tempi per ottenere la nuova carta sono letteralmente “biblici” (si può arrivare anche a 4 mesi di attesa). La capitale però non rappresenta un caso isolato. Al di là dei numeri il vero ostacolo sul cammino restano proprio le tempistiche: molti i cittadini che hanno deciso addirittura di rinunciare optando per il passaporto i cui tempi di erogazione, considerati un tempo molto lunghi sono diventati “brevissimi” al confronto con le settimane e, appunto, in non pochi casi i mesi necessari per la Cie. Senza contare poi che l’attesa fa il paio con una modalità di ottenimento da “odissea”.

La Cie rappresenta infatti un “mostro” burocratico: voluta per semplificare e migliorare la vita ai cittadini e anche alle amministrazioni la card elettronica ha fatto lievitare le incombenze e moltiplicare le file agli sportelli piuttosto che ridurle. Le operazioni da effettuare per arrivare alla “meta” sono molte, troppe. E le ragioni delle difficoltà e degli intoppi appaiono inspiegabili da un punto di vista sia tecnico ma ancor di più gestionale. Gli errori commessi nella messa a punto e successiva gestione delle procedure sono talmente marchiani da apparire incredibili. Gli step da fare sono ingiustificati e incoerenti con le logiche di digitalizzazione.

Primo: è necessario registrarsi sul sito della Cie (inserendo i propri dati anagrafici), ma sono pochi i cittadini informati e molti di più, in pratica la maggioranza, quelli che recandosi allo sportello del proprio Comune-Municipio si sentono rispondere (dopo le consuete lunghe file) che l’operazione può essere effettuata solo online.

Secondo: bisogna prendere appuntamento online per poi recarsi fisicamente allo sportello, per completare la procedura, contraddizione delle contraddizioni. E non finisce qui: in molti casi bisogna tornare in loco a ritirare la carta (e i tempi variano da Comune a Comune) se non si vogliono attendere i tempi di spedizione. Insomma un vero e proprio caos.

L’impossibilità di ottenere il duplicato cartaceo al momento del rinnovo rischia ora di peggiorare la situazione. E le notizie di inizio anno non sono confortanti: tanto per fare un esempio in nessun Comune della provincia di Bolzano, fra le più efficienti d’Italia, è al momento possibile ricevere la carta di identità elettronica. E stando alle difficoltà denunciate da alcuni consiglieri provinciali, prima del 2020 non si uscirà dall’impasse. Nel mirino i lunghi tempi per entrare in possesso delle apparecchiature necessarie all’emissione delle nuove card (in capo al ministero dell’Interno) nonché alla loro installazione e alla conseguente attivazione del servizio. All’appello mancherebbe anche la versione plurilingue, indispensabile nei Comuni della Provincia.

Un colpo di acceleratore per colmare il gap in molti Comuni potrebbe però arrivare grazie al coinvolgimento di Poste: il Ministero dell’ Interno ha infatti deciso, con un emendamento alla Legge di Bilancio, di affidare la gestione del servizio anche a Poste Italiane, proprio per velocizzare le pratiche burocratiche e il rilascio della card. Ma bisognerà accelerare molto se si vorrà davvero migrare all’era elettronica: 53 i milioni di cittadini che dovranno essere prima o poi dotati del nuovo documento e tenendo conto che in Italia ammontano a circa 6 milioni le carte d’identità emesse ogni anno (tra quelle nuove e quelle in rinnovo) la strada dunque è ancora lunga. E se non si abbatteranno i tempi sarà davvero difficile anche gestire la partita Spid e Anagrafe digitale.

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