Le tecnologie distruttive emergenti stanno ridisegnando lo scenario della difesa delle infrastrutture critiche. Il mondo sommerso non è solo un teatro militare ma strategico per tanti comparti diversi, dal traffico internet all’energia. Negli scorsi cinque anni sono stati registrati più di cento incidenti, non tutti casuali“. A lanciare l’allarme è l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare della Nato.
Intervenendo a Seafuture, fiera delle tecnologie marine di scena alla Spezia, Cavo Dragone ha affrontato i temi strategici legati alla mitigazione dei rischi che oggi gravano sui cavi sottomarini.
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Uscire fuori dagli schemi e puntare su reti condivise
“Intelligenza artificiale e droni marini sono campi in cui la Nato sta investendo”, ha sottolineato l’ammiraglio. “Non possiamo rimanere prigionieri dei nostri schemi, dobbiamo approcciare alla materia con creatività. Bisogna spostarsi da piattaforme singole a reti di maritime awareness condivise e scambio di dati. I nostri competitor non sono fermi: la Russia espande il proprio parco sottomarini e porta avanti il progetto del veicolo senza pilota Poseidon, la Cina vuole creare la più grande marina del mondo e investe nella sorveglianza sottomarina, Corea del Nord e Iran sviluppano le loro tecnologie a loro volta. È una competizione che non ci possiamo permettere di perdere, ma che non si vince da soli. Serve collaborazione a livello europeo, senza poter fare a meno del legame transatlantico. Tutto questo mentre sono tante le domande che rimangono aperte. A chi appartengono i fondali marini e chi deve proteggerli? Come si garantisce la conservazione ambientale mentre cresce la sua militarizzazione del mondo sottomarino? Come fare in modo che i droni operino sempre sotto controllo umano? Come prepariamo la nostra società a una realtà in cui il prossimo attacco critico potrebbe arrivare da sotto il mare e non dal cielo?”.
L’importanza strategica dei cavi sottomarini
Le domande di Cavo Dragone sono tutto fuorché retoriche: attualmente i cavi sottomarini trasportano il 99% del traffico dati internazionale, costituendo la spina dorsale della connettività globale e al tempo stesso una delle infrastrutture più vulnerabili e meno protette. Secondo l’analisi di Recorded Future, il rischio sistemico che grava su queste reti è in forte aumento, alimentato per l’appunto da tensioni geopolitiche, sabotaggi mirati, incidenti fisici e capacità di riparazione insufficienti.
Solo nell’ultimo biennio sono stati registrati, pubblicamente, 44 danni a cavi sottomarini: le cause principali includono dragaggio di ancore, fenomeni naturali e attività sospette di navi legate a Russia e Cina. Le aree più colpite sono il Mar Baltico, il Pacifico occidentale e il Mar Rosso, dove la combinazione tra bassa ridondanza e ritardi nei permessi di riparazione ha causato interruzioni prolungate.
La guerra in Ucraina e le pressioni su Taiwan sembrano aver intensificato le attività di sabotaggio. Le tecniche utilizzate sono spesso a bassa sofisticazione, come il trascinamento di ancore, ma altamente efficaci nel danneggiare infrastrutture critiche mantenendo plausibile negazione. Quattro incidenti nel Mar Baltico e cinque attorno a Taiwan sono stati attribuiti a manovre sospette compiute da navi di proprietà opaca.
Queste operazioni, pur difficili da attribuire formalmente, sono destinate ad aumentare, sfruttando la fragilità delle rotte secondarie, la scarsa diversificazione dei percorsi e la limitata capacità globale di riparazione. Le zone con bassa ridondanza, come l’Africa occidentale, le isole del Pacifico e alcune tratte europee, sono particolarmente vulnerabili.
Qualcosa si muove: il piano della Ue
In questo scenario, qualcosa comunque comincia a muoversi: i ripetuti attacchi nel Mar Baltico hanno portato l’Unione europea a promuovere un piano per la protezione dei cavi sottomarini dalla guerra ibrida. All’inizio del 2025, in particolare, Henna Virkkunen, vicepresidente esecutivo della Commissione di Bruxelles per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, ha presentato una Comunicazione congiunta della Commissione europea e dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari Esteri.
Si tratta di un piano che promuove azioni specifiche lungo tre direttrici. La prima è quella della prevenzione, attraverso il finanziamento di cavi nuovi e “smart” per migliorare la tenuta e la resistenza del sistema. C’è poi l’ambito del rilevamento, da rafforzare migliorando la capacità di monitoraggio delle minacce dal Mediterraneo al Baltico, per ricevere alert in tempo reale, tramite l’utilizzo di droni a doppio uso, immagini satellitari e una rete di sensori sottomarini. Sul piano della risposta e recupero, una piattaforma di condivisione dei dati come quella auspicata da Cavo Dragone dovrebbe aiutare Paesi e operatori a reagire prontamente alla minaccia in modo coordinato e a ridurre i tempi di riparazione. Infine, sul piano della deterrenza, è sono allo studio strumenti di “diplomazia sottomarina”, come sanzioni contro gli autori dei sabotaggi.