L'ANNIVERSARIO

Cern, rinasce il primo sito web del mondo

Per il 20esimo anniversario del World Wide Web, creato da Tim Berners-Lee nel 1993, gli scienziati di Ginevra lanciano un progetto di “restauro” della prima pagina mai pubblicata online e poi scomparsa dalla rete

Pubblicato il 30 Apr 2013

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La prima pagina web del mondo, quella che dette ufficialmente il via al World Wide Web il 6 agosto 1991 ma che poi è sparita dalla rete, tornerà in vita grazie a un progetto di scienziati del Cern (Centro europeo per la ricerca nucleare).

Il World Wide Web fu inventato da Tim Berners-Lee mentre lavorava al Cern di Ginevra nel 1989 con lo scopo iniziale di soddisfare la domanda di condivisione di informazioni tra fisici nelle università e nelle istituzioni di tutto il mondo.

Adesso gli scienziati del Cern stanno lanciando il progetto di “restauro” per celebrare il 20esimo anniversario della pubblicazione del primo documento che rese la tecnologia disponibile e gratuita per tutti.

All’epoca esistevano altri sistemi di recupero informazioni che usavano Internet, come Wais o Gopher, ma il fatto che il WWW fosse gratuito portò alla sua rapida adozione e al suo veloce sviluppo.

Il primo sito web al Cern fu ospitato nel computer NeXT di Berners-Lee. Nella home del sito si spiegavano gli elementi-base della rete, come avere accesso ai documenti di altri utenti e come installare il proprio server. La macchina NeXT è ancora al Cern, mentre l’Url originario non esiste più ma attualmente rimanda a un sito molto più recente con i dettagli della storica scoperta.

Adesso gli scienziati intendono, per prima cosa, “reustarare” l’Url originaria, poi analizzare i primi server per vedere se possono prelevarne elementi utili alle proprie ricerche.

Scopo finale è fare del nuovo indirizzo web definitivo – http://info.cern.ch – il luogo virtuale dove le future generazioni possano apprendere come è nata la rete.

La scomparsa del primo sito web della storia è solo uno dei numerosi episodi che hanno indotto gli esperti a parlare di Digital Dark Age, medioevo digitale: un’epoca in cui si rischia di disperdere al vento dati e documenti born-digital (nati digitali), così come quelli convertiti da analogici a digitali, lasciando i posteri privi di eredità culturale.

I rischi “materiali” più stringenti sono l’obsolescenza di hardware e software, quella dei supporti e dei formati elettronici. Per affrontare questi problemi gli scienziati hanno escogitato una serie di strategie, tra cui il refreshing e la migration. Ma, al di là delle problematiche legate alla conservazione, servono organizzazioni nel mondo che si occupino di analizzare, catalogare ed archiviare la mole di dati digitali in continua espansione. Uno degli esempi più interessanti a livello internazionale è l’americano “Internet Archive”, biblioteca digitale no-profit che offre libero accesso a libri, musica e film e vanta 309 miliardi di pagine web archiviate.

In Italia, oltre al Polo di conservazione del Notariato, ci sono alcune significative realtà di conservazione dei dati a livello regionale come il Parer (Polo Archivistico dell’Emila Romagna), che si occupa di conservare il patrimonio documentale informatico dell’intero territorio regionale, il progetto Dax (Digital Archives Exchange), incentrato sulla conservazione degli archivi prodotti per via digitale dalla PA toscana e, nelle Marche, il Polo Marche DigiP.

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