Cloud, le aziende italiane ci credono. Ma non hanno fondi

NextValue: in forte aumento i Cio interessati alla nuvola ma la maggior parte non può avviare progetti a causa della scarsità di budget

Pubblicato il 01 Lug 2010

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Il 41% delle grandi aziende italiane crede nel Cloud Computing, ma
i budget sono ancora ridotti. E’ quanto emerge dai risultati
della seconda edizione della ricerca Nextvalue sullo stato della
nuvola in Italia rispetto al resto d’Europa, che ha censito 100
Cio di aziende italiane medio-grandi e si è avvalso di CioNet per
l’analisi delle propensioni dei manager europei.

In questo particolare momento, i responsabili informatici italiani
subiscono fortemente il fascino del Web 2.0 (business network e
social media) che viene indicato dal 44% degli intervistati come la
tecnologia considerata più strategica per i prossimi 12 mesi.
Segue la Virtualizzazione (42%) e al terzo posto il Cloud Computing
(41%). Priorità in parte diverse evidenziano i colleghi europei,
con il 68% che pone al primo posto Business Intelligence e
Performance Management, il 51% Unified Communications,
Collaboration e Mobile, il 38% il Cloud Computing. La
vitualizzazione si colloca solo al quarto posto, con il 30%, non
perché abbia perso d’importanza, ma perché è una tecnologia
già largamente adottata. Solo il 29% del campione segnala il Web
2.0.

La differenza di risultati tra Italia e resto d’Europa pare
dettata dal fatto che al di fuori del nostro Paese il cloud
computing appare in qualche modo una tecnologia già acquisita,
considerando che ben il 61% dichiara di essere impegnato o in
procinto di sviluppare progetti di Cloud Computing, mentre in
Italia solo il 16% degli intervistati ha dichiarato di muoversi in
tale direzione. La mancanza di budget rappresenta il motivo per cui
ben l’84% dei Cio italiani intervistati non ha intrapreso alcun
progetto cloud o non ne prevede lo sviluppo nei prossimi 12
mesi.

Il quadro delle risposte si ribalta quando si indaga l’opinione
che gli intervistati italiani hanno sul potenziale futuro del Cloud
Computing: il 41% ritiene che possa avere uno sviluppo diffuso in
azienda (a fronte del 12% registrato nel 2009), mentre solo il 18%
del panel afferma che il Cloud Computing non ha possibilità di
crescita a livello aziendale.

Alla domanda se l’offerta Cloud attualmente disponibile sul
mercato sia matura, il 33% del panel italiano si dichiara
ottimista, mentre solo un 16% ritiene che ci sia ancora molto da
lavorare (a differenza del 38% registrato l’anno scorso). Le cose
si ribaltano con il campione europeo: nonostante la grande fiducia
riposta nel Cloud Computing (solo il 5% dichiara di non vedere
prospettive per questo modello), il 62% degli intervistati ritiene
che l’offerta attualmente disponibile sul mercato non sia ancora
sufficientemente matura.

La maggior parte dei Cio italiani intervistati (57%) ritiene che la
riduzione dei costi dell’infrastruttura hardware sia il
principale elemento propulsivo all’adozione del Cloud Computing
in ambito aziendale, segue la scalabilità della domanda (22%) e la
frequenza di aggiornamento del software (14%). I Cio europei,
invece, mettono senza alcun dubbio al primo posto la scalabilità
(73%), mentre la riduzione dei costi hardware si piazza al secondo
posto con un 62%. Sono molto importanti altri fattori come la
riduzione del costo del personale IT e dei costi amministrativi
(44%), segnalato solo dall’8% degli intervistati italiani. In
generale, la posizione dei Cio europei si dimostra molto più
circostanziata e variegata, segnale di maggiore maturità
nell’approccio al tema cloud computing.

Al di là dell’adozione frenata dalla mancanza dei budget, un
trend che emerge con chiarezza in Italia è un aumento di
consapevolezza dei benefici possibili del Cloud Computing.
Una più precisa valutazione del ROI (Return on Investment)
rappresenta il principale vantaggio sottolineato dal 52% del
campione italiano (contro il 9% nel 2009), a cui segue la riduzione
e la variabilità dei costi correlati al software, alle
infrastrutture e al personale (42% a differenza dell’80% rilevato
nel 2009). Gli altri vantaggi individuati sono connessi ad una
maggiore elasticità operativa (33%), all’automazione degli
aggiornamenti (18%), alla sicurezza del servizio in termini di
integrità e salvaguardia del dato (11%). Per gli altri paesi
europei, invece, la possibilità di avvalersi di una gestione
operativa più flessibile rappresenta quasi in assoluto il
principale beneficio (81%) e, in seconda battuta, figurano il calo
e la variabilità dei costi (71%). Seguono le competenze
riconosciute del fornitore (22%) e una precisa valutazione del Roi
di progetto (19%).

Il report si sofferma anche sull’analisi degli ostacoli alla
diffusione della nuvola. Per i manager italiani il principale
risulta essere la di cultura aziendale (66%) mentre la mancanza di
competenze, all’immaturità delle tecnologie (56%) e alle
perplessità circa i temi della sicurezza e della privacy (53%) è
un limite per i colleghi europei.

“Volendo tirare una conclusione sommaria sul confronto tra la
situazione europea e quella italiana, verrebbe da dire che in
Europa l’approfondimento e la sperimentazione in fatto di Cloud
siano più avanzati” – spiega Alfredo Gatti, managing partner di
Nextvalue . E’ probabile che i Cio europei abbiano maturato una
più ampia esperienza sul campo rispetto ai loro omologhi italiani.
Il quadro europeo può essere considerato come un archetipo della
nostra futura situazione di mercato, quando anche i CIO italiani
usciranno dalla morsa dei budget risicati e dalle forme di
costrizione attuali. Le tempistiche del Cloud Computing? Tutto
dipende dal mercato e dagli operatori che vi si confrontano, ma la
nostra conclusione, suffragata dei risultati della nostra ricerca,
è che sia solo una questione di mesi”.

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