Che i fulmini fossero gli effetti della rabbia di Zeus oppure che l’etimologia del dio norreno Thor sia “Thunraz”, cioè tuono, la base è la stessa: quando gli dei litigano tra le nuvole il risultato è la tempesta. Questo ci si può aspettare sul mercato dallo scontro oramai imminente tra Amazon e VMware, controllata del colosso dello storage Emc, che stanno sempre più velocemente convergendo l’una nel territorio dell’altra. Anzi, nei rispetti prodotti.
Gli Amazon Web Services, cioè AWS, sono uno dei più vecchi se non il più vecchio servizio di cloud computing del pianeta: è stata l’azienda di Seattle in pratica a inventarsi la nuvola digitale per monetizzare parte della capacità dei suoi server che andava inutilizzata durante i lunghi periodi di stanca tra i picchi stagionali di acquisti online. Adesso Amazon ha lanciato da pochi mesi un portale di gestione per vCenter di VMware, il sistema usato per la gestione dei datacenter virtualizzati da VMware. Amazon ha preso sostanzialmente il look and feel del prodotto di gestione di VMware e l’ha duplicato, con una mossa che ha un valore strategico molto chiaro.
Infatti l’idea che con gli AWS sia disponibile una console con sistema di sign-on integrato a quello di VMware e capacità gestionali analoghe indica che diventa più semplice costruire datacenter ibridi con tecnologie formalmente in copetizione, potendo così muovere le macchine virtuali create con le soluzioni WMware dentro EC2 di Amazon.
La soluzione presentata da Amazon non è piaciuta a VMware che vede in questo solo una complicazione ulteriore per la clientela, che adesso si trova a progettare l’uso di nuvole più complesse di quanto non dovrebbero essere. Secondo il CTO di WMware, Chris Wolf, un portale Amazon per la gestione di nuvole diverse incluse quelle con le macchine virtuali di VMware è una soluzione che apre più dubbi che certezze: cosa accade a livello superiore a quello della macchina virtuale, cioè l’integrazione con servizi di terze parti, il modello di licenza dei software e l’orchestrazione dei servizi, quando la gestione delle macchine virtuali nella nuvola esce dall’ambiente nativo e si sposta in ambienti che non sono stati progettati per tutti questi strumenti?
Secondo analisti ed esperti, la mossa di Amazon ha come scopo non tanto quello di favorire gli ambienti ibridi, ma di offrire un binario per far correre il treno della migrazione da un sistema a un altro, creando problemi strategici soprattutto a EMC e VMware. Infatti, mentre i datacenter aziendali si spostano nella nuvola e le vendite di hardware alle imprese rallentano, anche aziende come VMware (che vende virtualizzatori per macchine virtuali e non certo hardware) sono in difficoltà visto che i loro software sono pensati per funzionare all’interno dei datacenter e non nel cloud pubblico, se vogliono avere una redditività proporzionata per i suoi creatori.
Infatti secondo Kulbinder Garcha, analista di Credit Suisse, l’elemento critico è uno solo: “I carichi di lavoro per Amazon possono essere creati nel datacenter e poi spostati nel cloud, in questa maniera si bilancia l’interoperabilità tra sistemi on premises e off premises, ma contemporaneamente si mette in piedi un meccanismo che distrugge molto rapidamente il modello tradizionale dell’IT, sia dal punto di vista della spesa che anche della definizione dei prezzi”.
Non è detto necessariamente che le due aziende, Amazon e VMware, in questa fase di mercato siano in diretta concorrenza e anzi, secondo altri analisti le soluzioni come il portale AWS sono pensate per creare integrazione e ibridare le soluzioni locali con il cloud, a mutuo beneficio di Amazon e di VMware stessa. Però in prospettiva il modello sta generando un cambiamento profondo che potrebbe presto portare a un conflitto tra i due colossi. Le aziende e gli utenti che adesso vedono i primi lampi e nuvole nere all’orizzonte presto potrebbero sentire anche i tuoni della tempesta.