L'INTERVISTA

Faccenda (Ovh): “Industria 4.0 e 5G traineranno il cloud in Italia”

Il sales and marketing director della filiale italiana: “Le nuove aziende adottano la nuvola by default. Un po’ più lenti i grandi gruppi, dove spesso c’è ancora bisogno di ‘evangelizzazione’. Ma il Governo è ‘sul pezzo’ per modernizzare il Paese”

Pubblicato il 23 Ott 2017

Antonello Salerno

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“L’Italia è posizionata nella fascia alta della classifica dei Paesi più attivi nell’adozione del Cloud. Le piccole imprese si stanno evolvendo in maniera più veloce rispetto a quelle di medie o grandi dimensioni, che pure hanno iniziato a investire in modo deciso. Ovh è una dimostrazione di questo trend, dal momento che stiamo crescendo del 50% in questo settore anno su anno. Nel nostro paese non c’è più il problema di fare o non fare il cloud, tutti sono convinti di farlo, è solo una questione di tempi. Le nuove aziende lo adottano by default, mentre quelle grandi stanno spesso smaltendo ancora i grandi acquisti che hanno fatto nel passato con grandi outsourcer, e iniziano ad affacciarsi ora su questo mondo”. Lo dice in un’intervista a CorCom Dionigi Faccenda, sales and marketing director della filiale italiana di Ovh, provider del cloud hyperscale con sede in Francia, e l’ambizione di affermarsi su scala globale lanciando la sfida ai big statunitensi.

Faccenda, si tratta ormai di un processo inarrestabile?

A dimostrarlo, ad esempio, c’è la penetrazione nel nostro Paese di Microsoft Office 365 o di Google for work: le aziende adottano il cloud al posto delle vecchie modalità, perfino – a volte – senza rendersene conto. A frenare non ci sono più problemi di sicurezza, ma essenzialmente problemi di skills, dovuti a un gap culturale ancora grande da superare. All’interno delle aziende è spesso difficile trovare le persone capaci di capire come adottare il cloud e come trasformare l’azienda grazie alle possibilità che abilita, dai big data all’intelligenza artificiale, fino ai predictive analytics. C’è ancora bisogno di intermediari, di evangelizzatori digitali, che siano in grado di spiegare i vantaggi. Detto questo, noi cresciamo a ritmi importanti, e l’Italia è presa ad esempio su scala internazionale rispetto alla velocità di adozione del cloud.

Quanto pesa ancora oggi il ritardo infrastrutturale?

Si è parlato per anni di digital divide. E’ chiaro che esiste un problema culturale, perché quando si porta la fibra bisogna anche spiegare il perché e a cosa serve. In realtà devo dire che sono passati tanti anni e che il problema delle infrastrutture nel nostro Paese ancora esiste, e penalizza, ad esempio, la migrazione dei dati.

Il Governo oggi è in campo con il piano Bul dal punto di vista delle infrastrutture, e con il piano Industria 4.0 per gli incentivi alla digitalizzazione delle imprese. Mentre si parla già dell’asta per il 5G. Saranno fattori determinanti?

Sono reduce da un invito al G7 dove ho potuto incontrare il ministro Calenda e il commissario Piacentini, e devo dire che i tavoli sono molto avanzati e che il Governo è sul pezzo, condividendo l’idea che il digitale sia un settore chiave per il Paese. Il termine “Industria 4.0” inizia in realtà anche a essere “stretto”, perché si associa al solo manifacturing, mentre in realtà quella digitale è una rivoluzione che interessa tutti i settori produttivi. L’Internet of things e Industria 4.0 dovranno per forza appoggiarsi sul cloud, che dovrà garantire la sicurezza necessaria per le applicazioni. Quanto al 5G, aiuterà a superare il digital divide e a essere ‘full mobile’, le imprese potranno entrare in cloud in maniera molto più semplice.

Come si fa a fare in modo che la sicurezza non sia più un impedimento all’adozione del cloud?

Innanzitutto proteggendo le reti. Noi siamo stati vittime di un grande attacco informatico lo scorso anno, ma la nostra rete ha tenuto, a dimostrazione degli sforzi messi in campo per la sicurezza. Noi la decliniamo adottando una serie di certificazioni di alto livello. Certifichiamo tutti i nostri sistemi e tutti i nostri data center, anche su public cloud. Questo per rispondere ai timori delle aziende, verso le quali i più elevati standard di certificazione sono una garanzia di affidabilità.

Ovh ha dato via a una campagna di finanziamento per le startup. Come ha risposto l’Italia?

Questa iniziativa ha riscosso successo in Italia, nonostante non l’abbiamo pubblicizzata molto. Quando troviamo dei buoni progetti e dei ragazzi intraprendenti facciamo tutto il possibile per incentivarli: fino a oggi abbiamo finanziato 50 progetti, e alcuni hanno avuto un grande successo.

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