L’INTERVISTA

Falcone, Red Hat: “Il new normal sarà all’insegna dell’Open Hybrid Cloud”

Il country manager per l’Italia: “Durante l’emergenza Covid-19 le aziende hanno compiuto in due mesi i passi di digitalizzazione che altrimenti avrebbero fatto in due anni. Sicurezza, AI, machine learning ed edge computing le tecnologie chiave per il futuro”

Pubblicato il 26 Mag 2021

Rodolfo Falcone - Red Hat

“Dall’inizio dell’emergenza Covid-19 abbiamo assistito a un’accelerazione della digitalizzazione delle aziende totalmente inaspettata. Abbiamo lavorato l’anno scorso come avremmo potuto aspettarci di lavorare tra 10 anni. Per certi versi, al di là degli aspetti tragici del dramma sanitario, il new normal ci ha facilitato la vita, e per altri ce l’ha migliorata. Le aziende hanno per forza dovuto stravolgere le loro infrastrutture e lanciarsi nel cloud, focalizzando su questo settore i loro investimenti. Senza questa trasformazione, infatti, il sistema non avrebbe retto, come dimostra il fatto che nel primo periodo del lockdown della primavera 2020 gli store di approvvigionamento di beni alimentari hanno rischiato il collasso. Un grande numero di aziende ci ha contattato e in due mesi si è predisposto a fare passi che normalmente avrebbero compiuto in due anni”.

A scattare la fotografia di come è cambiato il business a seguito della pandemia è in un’intervista a CorCom Rodolfo Falcone, country manager per l’Italia di Red Hat, che ha colto l’occasione per tracciare le principali prospettive di sviluppo del cloud per il futuro, a pochi giorni dalla conclusione della prima sessione del Red Hat Summit che si è svolto in streaming il 27 e 28 aprile

Falcone, cosa ha significato questo stravolgimento per Red Hat?

Dal nostro punto di vista possiamo dire di non aver mai lavorato così tanto come l’anno scorso, perché ad alimentare una grandissima parte di applicazioni c’è Red Hat OpenShift. La vita nelle aziende è radicalmente cambiata, e il Cio si è trasformato sostanzialmente in un operatore cloud, come ha giustamente messo in evidenza il nostro Ceo Paul Cormier, con i team IT che hanno progressivamente e velocemente acquisito un’importanza sempre maggiore nelle attività di ogni comparto, diventando il fulcro del futuro del business. E questo, ovviamente, ha portato con sé un aumento significativo dei budget”.

Qual è stata la principale sfida che si sono trovati ad affrontare i Cio in quest’ultimo anno?

Si è trattato sostanzialmente di trovare il modo per trarre il meglio dal cloud, da ogni punto di vista e senza alcun tipo di vincolo, pensando a tutte le infrastrutture realizzabili, andando a combinare l’hardware con le piattaforme cloud, pubbliche e private, disponibili. La visione di Red Hat individua l’Open Hybrid Cloud come l’architettura più efficace, l’unica a consentire all’IT di essere un abilitatore strategico a supporto dell’operatività e delle strategie di business e di innovazione digitale delle aziende. Dal nostro punto di vista, per concretizzare questa visione abbiamo continuato a investire nello sviluppo dei macrocomponenti della visione Open Hybrid Cloud: framework per lo sviluppo di applicazioni più moderne, che possono far leva su intelligenza artificiale, machine learning, edge computing, adattandosi bene a condizioni operative sempre più mutevoli. Il secondo tassello è quello delle tecnologie per la costruzione di infrastrutture cloud ibride aperte, e successivamente per la gestione e l’automazione delle infrastrutture informatiche, abbattendo tempi e costi e rendendo le operazioni più resilienti e più affidabili, quindi più intelligenti. Abbiamo inoltre sviluppato una serie di soluzioni che possono permettere un salto anche dal punto di vista organizzativo, mettendo i clienti nelle condizioni di creare un’organizzazione realmente open per sviluppare tecnologie più innovative ed economicamente sostenibili.

E in ottica futura quali sono gli ambiti più promettenti?

Il futuro vedrà un’ulteriore accelerazione dell’innovazione tecnologica, come in una legge di Moore applicata non ai processori ma allo sviluppo del cloud al servizio della digital tranformation. Siamo convinti che gli ambiti che andranno a esprimere al meglio il loro potenziale saranno l’edge computing e l’intelligenza artificiale. Proprio in quest’ottica, in collaborazione con Ibm stiamo sviluppando un progetto di navigazione autonoma che potrebbe rivoluzionare sia il trasporto navale che la ricerca oceanografica con il Mayflower autonomous shipping program. Quanto all’edge, siamo alla costante ricerca di specialisti oltre che impegnati nella creazione di nuove applicazioni per tecnologie specifiche e casi d’uso particolari per la robotica e l’automotive. Inoltre, stiamo lavorando molto intensamente sulle artificial intelligence operations: si tratta in questo caso di combinare le tecnologie per aiutare i team a diventare sempre più efficienti a gestire ottimizzare infrastrutture sempre più eterogenee e sofisticate.

Quali sono i principali annunci che avete fatto durante il Red Hat Summit?

Riguardano essenzialmente due tecnologie che riteniamo centrali, in questo momento: Red Hat OpenShift e Red Hat Enterprise Linux. Infatti, uno dei primi annunci fatti al Summit 2021 è l’acquisizione di StackRox, con l’integrazione di Red Hat Advanced Cluster Security per Kubernetes. La sfida in questo caso è quella di mettere in sicurezza il workload anche all’interno del runtime, arrivando a capire in tempo reale se le applicazioni fanno operazioni non corrette e bloccare gli abusi. Questo perché la sicurezza è un elemento sempre più spesso in cima alle agende dei board. Il secondo aspetto fondamentale è quello dei managed cloud services, che nel nostro caso si declina in Red Hat OpenShift API Management, Red Hat OpenShift stream for Apache Kafka, e Red Hat OpenShift Data Science. Obiettivo principale è quello di favorire l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, con un portfolio di prodotti pensati per incrementare l’utilizzo di algoritmi e procedure di data science, favorendo un’implementazione rapida di use case. Quanto infine alle infrastrutture, puntiamo a rendere la piattaforma OpenShift sempre più pervasiva all’interno dei data service e nell’offerta dei cloud provider, anche con l’estensione a tutta la nostra offerta di servizi e soluzioni di Red Hat Edge, per i casi d’uso più svariati, a partire dall’IoT, ma rivolti a ogni genere di industry con strategie cross portfolio.

Quali sono a questo punto le prospettive del cloud per il new normal?

Il mercato, come dicevamo, sta aprendo grandi opportunità per chi fa il nostro mestiere, tanto che i settori che presidiamo crescono a doppio digit. Non dobbiamo dimenticare che il Pnrr destina 40,73 miliardi di Euro a digitalizzazione, innovazione e competitività, e che una grandissima fetta di questa torta sarà destinata proprio alla digital transformation, in tutti gli ambiti, toccando diverse industry e diversi mercati. Quasi 10 miliardi di Euro saranno dedicati alla PA, e consentiranno un vero e proprio cambio di passo, rendendo tangibile il miglioramento dei servizi e del sistema di interlocuzione di privati e aziende con lo Stato, cosa che nonostante le intenzioni e gli annunci non era mai avvenuta finora. Credo che i luoghi comuni del passato sulla burocrazia e sulle inefficienze della pubblica amministrazione siano destinati a scomparire. Accanto a questo fenomeno, un altro driver di cambiamento saranno le nuove modalità di lavoro post-pandemia: gli uffici saranno sempre più dei meeting point, con meno scrivanie e più sale riunioni e ambienti ludici rispetto a ieri. Saranno ambienti sempre più “ibridi”, che offriranno ai dipendenti la possibilità di godere di una qualità della vita migliore. E per rendere efficiente questo nuovo sistema il cloud acquisirà un’importanza per forza di cose crescente.

Come vi siete organizzati per affrontare questa fase di crescita?

Abbiamo deciso di dedicare dei team specifici a ogni mercato, proprio perché siamo convinti che il cloud sia “un’ape che va bene per tutti i fiori”, e non esiste un sistema produttivo o di business che non contempli almeno in parte cloud, innovazione, edge computing. Abbiamo messo in campo tre team diversi: quello per l’enterprise, che guarda alle 100 top company nazionali, quello per le aziende emergenti e quello dedicato alle esigenze specifiche delle pmi. E poi ci siamo strutturati non soltanto sulle dimensioni di mercato ma anche guardando ai singoli verticali, cercando di intercettare le esigenze specifiche. Poter infatti proporre ai clienti dei business case può essere estremamente utile per aumentare la nostra efficacia ed efficienza. La crescita più importante la registriamo nello small business e nel mid market, con una tendenza destinata a consolidarsi: si tratta di valori che presi singolarmente possono essere più piccoli, ma che fanno massa e aggregati diventano significativi.

Ci sono case history particolari che può essere utile citare?

Mi fa piacere citare l’esperienza di Alpitour: sappiamo tutti l’impatto devastante che ha avuto l’emergenza Covid sul mondo dei viaggi, e in particolare dei tour operator. Alpitour ha approfittato del momento di blocco delle attività per investire sulla digitalizzazione, puntando a offrire servizi innovativi alla propria clientela, trasformando così un momento di grande sofferenza nella base di una leadership in prospettiva. Ma credo che siano estremamente significative alche le partnership che abbiamo implementato con Dab Pumps nel campo del manifatturiero e con Snam in quello delle infrastrutture critiche.

Passiamo al tema delle competenze. Cosa state facendo per contribuire a colmare il gap che si registra in questo campo?

Abbiamo definito una collaborazione con Crui per accelerare la penetrazione di certi temi e tecnologie nel mondo delle università e delle scuole, mettendo a punto un’offerta dedicata esplicitamente al mondo della formazione. Si tratta di un’iniziativa che ci riempie di orgoglio, come le attività e i corsi di formazione gratuita per il sociale che abbiamo attivato con Red Hat Academy, che sono intensificate negli ultimi mesi. In questo periodo riceviamo tanto, ma siamo convinti che quando si riceve si debba essere anche disposti a dare. Alle persone che formiamo in questo contesto, tra l’altro, chiediamo anche – una volta completato il loro percorso di training – di mettere a disposizione parte del loro per le persone che hanno bisogno di un aiuto, come ad esempio gli anziani.

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