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Gartner: il 2014 sarà l’anno della digitalizzazione della PA

Gli enti pubblici sono chiamati a trasformarsi in “aziende” digitali per ridurre i costi e migliorare l’erogazione di servizi al cittadino. Ricorreranno sempre più a cloud, outsourcing dei servizi, open data e nuove competenze nella business intelligence

Pubblicato il 19 Dic 2013

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Mantenere la gestione dei servizi governativi inalterata o trasformarla con modelli di business completamente digitalizzati? Questa la scelta cui si trovano di fronte i Cio degli enti pubblici secondo Gartner e la risposta è chiara: occorre abbracciare il digitale, perché solo così si potrà rispondere alle sollecitazioni degli utenti, i cittadini, che chiedono più servizi e di più alta qualità, riducendo al tempo stesso i costi. I Cio possono assumere un ruolo guida cruciale nel portare negli enti pubblici le necessarie competenze digitali per mettere la tecnologia al centro di tutti i processi.

“Gli enti governativi di tutti i livelli e in tutte le regioni del mondo continuano a lavorare in base alla logica di emergenza creata dalla crisi finanziaria globale, cercando un compromesso tra la crescente domanda di servizi pubblici, l’incertezza economica e il continuo stato di austerity”, afferma Rick Howard, research director di Gartner. “Resta l’urgenza di ridurre i costi complessivi legati alla fornitura di servizi pubblici ma rispondendo comunque alle richieste dei cittadini. Tuttavia, la necessità di gestire il rischio e intanto migliorare i vecchi modelli di business introducendo le innovazioni digitali è altrettanto importante. I Cio devono capire qual è il modo conveniente per investire nel digitale ricapitalizzando i budget It per migliorare le loro operazioni e prestazioni pur abbassando i costi”.

Le previsioni di Gartner per il settore governativo rispecchiano l’impatto che avrà l’adozione di tecnologie come cloud computing, device mobili, social media e accesso a nuove fonti di informazione. “Abbracciando e non contrastando queste radicali trasformazioni tecnologiche, i Cio del settore pubblico possono cogliere l’opportunità di trasformare i loro enti in aziende digitali”, afferma Howard.

Secondo Gartner, entro il 2017 oltre il 25% dei servizi business degli enti governativi, in aree diverse dalla difesa e sicurezza nazionale, sarà trasferito su cloud pubbliche. I governi privilegeranno in misura crescente il cloud computing rispetto alle implementazioni It in house per contenere i costi e aumentare la prevedibilità, anche se in alcuni governi, specialmente in Europa, l’adozione sarà rallentata da timori sulla sicurezza e regolata da policy sempre più severe.

“E’ fondamentale che i Cio capiscano di dover assumere un ruolo attivo nel costruire la fiducia dei cittadini nella gestione dei loro dati da parte del governo, assicurando il pieno rispetto delle strategie per la protezione dei dati”, sottolinea Howard.

Ancora, entro il 2017, il 35% delle operazioni di Shared services di uffici governativi saranno gestite da aziende del settore privato. Le opzioni di outsourcing al settore privato diventeranno sempre più attraenti per gli enti pubblici per via dei costi e dei vantaggi sul livello di servizio, per cui le agenzie governative sceglieranno sempre più spesso di pagare per i servizi It. Le alleanze pubblico-private sono cominciate con l’infrastructure-as-a-service e si sposteranno all’integrazione e software-as- a-service. All’inizio, i vantaggi sui costi e il livello del servizio saranno chiari, ma solo i governi che sono capaci di strutturare degli accordi favorevoli riusciranno a mantenere questi vantaggi nel tempo.

“E’ fondamentale per i Cio sviluppare il dialogo con i capi delle agenzie governative e i manager dei programmi di Shared services per capire quali servizi vanno gestiti comunque internamente per ragioni di sicurezza, mission sensitivity o altri fattori”, commenta Howard.

Entro il 2017, più del 60% dei programmi governativi sugli open data che non usano efficacemente gli open data internamente saranno ridotti o cancellati. I programmi sugli open data infatti non sempre hanno prodotto valore per il governo in termini di migliore performance di business. Oggi gli open data sono considerati un’attività accessoria o un esercizio di compliance per un dipartimento specifico (di solito per il chief data officer), ma non sono diventati elemento essenziale dei regolari processi di business. Si tratta di programmi fini a se stessi con una visione miope e benefici indiretti o scarsamente tangibili per i dipartimenti che possiedono e pubblicano i loro dati.

“I Cio devono assumere il controllo dell’intero patrimonio di open data e del loro utilizzo, aiutando i loro enti a individuare le applicazioni interne più utili che producono valore concreto e devono promuovere alleanze con altre agenzie pubbliche o aziende non governative attive in programmi di open data“, afferma Howard.

Infine, entro il 2016, almeno il 25% delle posizioni di software development negli enti pubblici sarà eliminato per finanziare l’assunzione di analisti di dati e di business intelligence. L’avvento del cloud riduce infatti drasticamente la necessità di sviluppo di software interno agli enti governativi. Invece, l’ampia e crescente disponibilità dell’informazione rende la capacità di analisi dei dati la vera priorità: gli enti pubblici avranno bisogno di analisti e di business intelligence, altrimenti la rivoluzione dei big data diventerà una marea che sommerge i governi anziché aiutarli a modernizzarsi.

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