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I player del cloud: “Senza standard non si va da nessuna parte”

In campo anche il Metro Ethernet Forum e l’OpenCloud Connect. “Interoperabilità chiave per sviluppare servizi efficienti”

Pubblicato il 13 Ago 2015

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Definire standard condivisi per sostenere lo sviluppo del cloud e di servizi che rispondano alle necessità delle aziende. Ne sono convinti fornitor, aziende e associazioni, tra cui Metro Ethernet Forum (Mef) e OpenCloud Connect (Occ), l’associazione di settore dietro all’OpenCloud Project.

“Si tratta dell’inizio di un ciclo di migrazione – spiega Sebastien Jobert, direttore di Occ nonché direttore R&D di Iometrix – Focalizziamo la nostra attenzione sulla migrazione delle applicazioni strategiche verso il cloud, in un contesto che non è neutro in quanto ci sono moltissime applicazioni legacy in ogni azienda”.

“OpenCloud Connect ha un obiettivo simile per i servizi cloud: definire una terminologia comune e servizi cloud di classe enterprise che aiutino la migrazione delle applicazioni strategiche verso il cloud in un ambiente agnostico sotto il profilo della tecnologia stessa – continua Jobert – E’ possibile costruire i servizi su OpenStack, su open source o su un’altra soluzione, se definiamo i servizi in modo coerente, e se forniamo una soluzione – come fornitore di servizi cloud – che viene compresa anche dall’azienda che acquista il servizio, ed è sufficiente per aiutare la sua migrazione”.

Lo sviluppo degli standard è una sfida importante perché è un’attività estremamente complessa. “Quando le aziende cercano di connettere i propri servizi cloud a livello globale – sottolinea Jeff Schmitz, chairman di OpenCloud Connect – devono parlare con i fornitori di servizi, e tra questi le telco, i fornitori di datacenter e i carrier cloud. Inoltre, ci sono migliaia di fornitori di servizi cloud. Com’è possibile collegarsi utilizzando gli standard? E com’è possibile farlo su un terreno neutrale?”.

La soluzione è quella di cominciare dalla definizione dei servizi. “Se ho bisogno di acquisire un servizio cloud, devo conoscere l’ampiezza di banda e le prestazioni, gli altri servizi, e la sicurezza. A seconda del servizio, posso avere bisogno di un diverso tipo di sicurezza, e non voglio dover intervenire su ciascun segmento se sto cercando di creare una connessione globale. E voglio farlo in modo rapido. Abbiamo bisogno di un linguaggio comune e una valuta comune dei servizi cloud, e quello di cui dobbiamo preoccuparci è il lock-in”.

Anche le aziende mettono l’accento sui rischi di una eccessiva diversità di vedute tra fornitori e fruitori di cloud. “Nella visione aziendale dell’infrastruttura IT il datacenter è al centro, e ci sono campus, uffici remoti e dozzine di carrier e cloud di piccole dimensioni intorno all’azienda – spiega Arpit Joshipura, VP Strategy, Product Management & Marketing di Dell Networking – Al contrario per i carrier il datacenter è una piccola cosa, e il cloud è gonfiato con gli accessi alla rete metro, carrier Ethernet, edge routing e core routing. Punti di vista e prospettive completamente diverse”.

Juan Tellez, Senior Architect di Apcera, vede gli stessi problemi, e ritiene che la risposta sia il cloud ibrido. “C’è una certa confusione nel mercato. Ritengo che le aziende stiano cominciando a pensare a una migrazione verso il cloud, senza fare un salto nel buio, ed è per questo che il cloud ibrido rappresenta uno dei trend più caldi del 2015. Le aziende vogliono tenere i loro database in-house, ma anche fare una parte dell’elaborazione sul cloud, e rifiutano il lock in, per cui non vogliono essere limitate da Amazon Web Services o Google Compute Engine, ma al contrario intendono poter migrare da un servizio all’altro oppure utilizzarli in parallelo, e avere parte dell’applicazione in casa e parte nel cloud”.

La risposta sta nella capacità di innovazione. Kevin Vachon, Chief Operating Officer del Mef lo spiega così: “In questo momento, ci sono molte innovazioni nell’area dello sviluppo dei servizi, orientate a servizi di connettività più dinamici e on demand. Gran parte di queste innovazioni sono alimentate dal cloud, e dalla necessità – da parte degli utenti – di gestire l’azienda in modo più agile”.

Software Defined Networks (Sdn) e Network Function Virtualization (Nfv) sono due elementi strategici di questo quadro, per la capacità di controllare la rete con il software, ovviamente cloud, e di avere interfacce virtuali in grado di fornire il time to market per i nuovi tipi di servizio.

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