SISTEMI COGNITIVI

Ibm, integrazione analytics-Twitter

Le applicazioni commerciali del sistema cognitivo di Big Blue al centro dell’Ibm Insight di Las Vegas. Le applicazioni vanno dal digital travelling alla gastronomia, passando per pubblica sicurezza e Crm. Sul lato business, Watson d’ora in avanti avrà accesso a tutto il patrimonio dati della piattaforma di microblogging. Il prossimo step? L’Internet delle cose

Pubblicato il 30 Ott 2014

Domenico Aliperto

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Effettivamente bisogna toccare con mano, per rendersi davvero conto di cosa può fare Watson. All’Ibm Insight, che si è concluso ieri a Las Vegas, il Cor.Com ha avuto accesso a una moltitudine di case history ed esempi su come il sistema cognitivo di Big Blue può realmente rivoluzionare non solo i modelli di business delle aziende dei più disparati settori, ma anche cambiare, semplificandola, la user experience di clienti, consumatori e cittadini. Per ora bisogna limitarsi a usare il termine user experience, perché si tratta prevalentemente di soluzioni dedicate, in chiave front-office, al Crm e alla gestione dei processi promozionali e di vendita. Ma nel momento in cui tecnologie come quella che sottende a Watson diverranno soluzioni disponibili per il mass market e in seguito servizi offerti all’intera comunità, soprattutto per quanto riguarda il confronto con la pubblica amministrazione e con le strutture sanitarie, a cambiare non sarà solo la user experience, bensì la vita di molte persone.

Durante la convention l’abuso della parola “magic” da parte dei manager americani chiamati a descrivere le peculiarità di Watson è stata inizialmente accolta dalla stampa internazionale con un po’ di prevenzione. Ma di demo in demo, l’effettiva immediatezza con cui il sistema raccoglie, analizza e combina milioni di informazioni rispondendo a una domanda posta con la naturalezza del linguaggio umano (per ora sono disponibili l’inglese e lo spagnolo, allo studio ci sono il giapponese, il portoghese-brasiliano e l’arabo) ha fatto quasi sentire in colpa i più scettici.

Un esempio di “magia”? Watson è in grado di agevolare le attività investigative delle forze dell’ordine con una semplicità sbalorditiva. Poniamo che dopo l’arresto di uno spacciatore di droghe sintetiche, gli investigatori riescano a ottenere dalla persona fermata l’alias del produttore di metanfetamine. Nel caso specifico presentato a Las Vegas il ricercato è noto nell’ambiente con il soprannome “Heisenberg”. Chiedendo a Watson “A chi appartiene l’alias Heisenberg?”, senza aggiungere ulteriori dettagli – se non il reato da contestare e il nome dell’arrestato – e men che meno senza specificare dove andare a reperire dati utili, il sistema formula nel giro di pochi istanti una serie di ipotesi, ciascuna accompagnata da un indicatore di affidabilità della risposta con riferimento alle fonti da cui viene estratta ed elaborata l’informazione. Se dunque la risposta “Werner Karl Heisenberg” (il fisico tedesco premio Nobel a cui è attribuito l’omonimo principio) ha un tasso di affidabilità del 2% con l’inevitabile citazione di Wikipedia, il nome di battesimo e il cognome di un chimico altrimenti insospettabile sono forniti con un margine d’errore pari al 10%. L’interfaccia giustifica l’indicazione anagrafica non solo riportando tutte le fonti presenti nel Web che portano al soggetto, ma evidenziando anche graficamente tutti i gradi di connessione con la persona arrestata, attingendo a frequentazioni, servizi adoperati, compatibilità geografiche e culturali, tracce lasciate sui social network. Questo naturalmente non vuol dire che si sia trovato un colpevole, significa solo che gli investigatori hanno una pista da seguire. Una pista suffragata da informazioni certe e verificate, raccolte e analizzate con un approccio dinamico.

Per altri versi, la “magia” è sapere che Ibm nei prossimi mesi darà alle stampe un libro di cucina. Il titolo dell’opera è presto detto: “Cognitive Cooking with Chef Watson”. Il volume nasce dalla collaborazione di Watson con il magazine gastronomico Bon Appétit, e offre una serie di ricette create ex novo dal sistema sfruttando i dati relativi alle caratteristiche organolettiche e nutritive degli alimenti con i segreti dei cuochi recensiti dalla testata. Ma il libro è – per rimanere in tema – solo un assaggio di quel che il sistema cognitivo può fare davanti ai fornelli: basta inserire un ingrediente, specificare eventuali preferenze sul tipo di preparazione da prediligere ed evidenziare le materie prime indesiderate, e Watson offrirà centinaia di ricette, anche inedite e del tutto personalizzate. Michael Karasick, vice president Innovations, Ibm Watson Group, garantisce che i risultati sono ottimi. Ma non avendo avuto modo di provare i piatti, non possiamo confermare.

Tornando al business nudo e crudo, WayBlazer è una app che promette di fare scalpore nel mondo del digital travelling. Da un’idea di Terry Jones, l’uomo che diede vita nel 1996 a Travelocity (la consorella americana di Lastminute, entrambe facenti capo al gruppo Sabre), WayBlazer sfrutta la potenza cognitiva di Watson per organizzare il viaggio perfetto integrando e combinando dati metereologici, informazioni provenienti da servizi di geolocalizzazione, hotel, ristoranti, operatori di trasporto pubblico e privato e soprattutto dagli onnipresenti social network, Tripadvisor in primis. Basta inserire una domanda, anche specifica, per ottenere un suggerimento di itinerario di viaggio motivato e referenziato punto per punto, capace di prevedere anche alternative in caso di imprevisti. E se Vodafone India riesce a rassicurare decine di milioni di clienti rispetto ai costi effettivi della connessione dati per schede prepagate, arrivando anche a indicare quali servizi on line sono più “leggeri” per la tipologia di telefono e di utilizzo che contraddistinguono il singolo utente, lo sviluppatore di software Genesys offre ai propri partner servizi di assistenza clienti in cui chi chiama o consulta il sito Internet diventa, attraverso Watson, parte attiva nella risoluzione del problema. O in certi casi, addirittura, può innescare con le proprie domande l’azione promozionale dell’operatore addetto al customer care. Fondamentali rimangono gli applicativi dedicati al wealth management e alle relazioni d’affari, che attingono a piene mani ai dati presenti sui social network permettendo di creare quasi in tempo reale approfonditi dossier su partner, potenziali clienti e fornitori.

In questo senso si rivela fondamentale la partnership con Twitter, annunciata ieri durante la giornata conclusiva dell’Ibm Insight 2014. Una partnership grazie alla quale il patrimonio di informazioni presenti nella piattaforma di microblogging vengono integrati con i servizi di analytics cloud based di Big Blue. Non solo: gli staff di Ginni Rometty e Dick Costolo lavoreranno gomito a gomito per sviluppare app dedicate, a partire dall’utilizzo dei dati di Twitter per mappare sentiment e comportamento del mercato attraverso le soluzioni Ibm ExperienceOne. La collaborazione dovrebbe poi portare alla creazione di servizi di consulenza specifici per industry (dal bancario al largo consumo passando per il travel e il retail). Si tratta di una grande occasione per entrambe le società, ugualmente bisognose di trovare un nuovo posizionamento e soprattutto nuove fonti di revenue in un mercato sempre più all’insegna degli OTT: la focalizzazione sul mondo del business e la specializzazione su servizi ad alto valore aggiunto potrebbe rivelarsi la carta vincente. Ma l’operazione testimonia soprattutto la grande volontà di rinnovamento che permea l’amministrazione Rometty.

Non bisogna però nemmeno dimenticare il passato, e i settori tradizionali su cui Watson si è letteralmente fatto le ossa rischiano di diventare strategici nel breve termine: l’ambito sanitario, in particolare le discipline oncologiche, e quello della ricerca accademica costituiscono interessanti potenzialità di crescita in un contesto dove molti altri stanno ancora muovendo i primi passi. L’ultima frontiera? L’Internet delle cose. Ma dall’automotive alla sicurezza sul posto di lavoro passando per le protesi intelligenti, parliamo di applicazioni – benché potenzialmente già sfruttabili – rispetto alle quali i verbi vanno ancora declinati al futuro.

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