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Microsoft, primo fornitore di cloud “certificato”

Adottati gli standard internazionali privacy della norma Iso-Iec. Viene stabilito un approccio uniforme e internazionale per la protezione dei dati personali archiviati sulla nuvola

Pubblicato il 18 Feb 2015

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Microsoft è diventato il primo fornitore di cloud ad adottare gli standard internazionali per la cloud privacy della norma ISO/IEC 27018, sancita dalla International Organization for Standardization (ISO) per stabilire un approccio uniforme e internazionale per la protezione della privacy dei dati personali archiviati nel cloud.

Il British Standards Institute (BSI) ha verificato in modo indipendente che in aggiunta a Microsoft Azure, sia Office 365 e Dynamics CRM Online sono allineati con il codice della pratica standard per la protezione delle informazioni personali (PII) nel cloud pubblico. E allo stesso modo, Bureau Veritas ha fatto lo stesso per Microsoft Intune.

L’adesione a ISO 27018 garantisce ai clienti enterprise la protezione della privacy, soprattutto nel quadro giuridico attuale, che prevede obblighi di conformità della privacy.

La ISO 27018 potrà servire come modello sia per i legislatori che per i clienti.

La certificazione si inserisce in un momento critico per la sicurezza in Italia, come certificato anche da Cyber Security Report 2014, studio condotto da “Il Centro di Ricerca di Cyber Intelligence and Information Security” (CIS) dell’Università La Sapienza di Roma e dal’Agid con il contributo di Microsoft, da cui risulta che aziende e Istituzioni son ancora lontane dall’adozione di misure di adeguate di Cyber Security.

Complessivamente sono state prese in esame 213 amministrazioni pubbliche, tra cui 42 amministrazioni centrali come i ministeri, 117 comuni, 19 regioni, il 25% delle Asl e il 4,5% degli ospedali pubblici italiani.

Per ciascuna di queste sono stati analizzati sia i sistemi utilizzati per la protezione dei dati sia l’organizzazione interna per la sicurezza informatica, a partire da un questionario volto a capire lo stato di aggiornamento e la consapevolezza dell’amministrazione nei confronti della Cybersecurity.

Il Cyber Security Report 2014 evidenzia che solo 22 delle 42 amministrazioni centrali analizzate – e praticamente nessuna delle Regioni prese in considerazione – hanno un livello sufficiente di difesa e di consapevolezza sui rischi informatici. Inoltre, 68 comuni su 79 sono risultati in difficoltà e nessuno di loro ha raggiunto la sufficienza. Tra i pochi esempi virtuosi ci sono invece l’Inps, la Corte dei Conti e il Friuli Venezia Giulia.

Alla luce dell’analisi dei dati che, per mole, non ha precedenti in Italia, nel 2014 gli attacchi agli ospedali con l’obiettivo di compiere furti di identità sono aumentati del 200%, e le azioni degli hacker rivolte alle amministrazioni pubbliche sono state oltre diecimila (escluse quelle non ancora scoperte o segnalate).

Anche se il problema è diffuso su tutto il territorio del nostro Paese, la situazione è migliore al Nord rispetto al Sud, e al Centro si sta progressivamente aggravando.

La fotografia emersa dal documento è quindi quella di una “situazione critica”, dovuta alla relativa facilità di prelevare dagli enti pubblici le informazioni sulle persone, arrivando in certi casi a veri e propri furti di identità. Si tratta, per esempio, di dati sanitari, dello storico delle malattie e delle operazioni subite, per nulla anonime ma direttamente associati al nome, al domicilio e ai cambi di residenza dei cittadini in questione: tutto, secondo il rapporto, in balia degli hacker. Questo può succedere a causa dei sistemi delle pubbliche amministrazioni che necessitano di modernizzare i propri sistemi tecnologici.

Tutto questo, in un momento che vede la Pubblica Amministrazione sempre più orientata al digitale e quindi molto esposta ai rischi della sicurezza

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