E-COMMERCE

Software alliance: “Fermare il protezionismo digitale”

Stimolare gli acquisti online e promuovere l’innovazione, creando norme comuni al di là delle frontiere. E’ la ricetta di Bsa per “far crescere la fiducia nelle nuove tecnologie”. La ceo Victoria Espinel: “Opportunità storica per dare vita a un’agenda commerciale”

Pubblicato il 30 Gen 2014

Antonello Salerno

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Stimolare il commercio digitale, promuovendo l’innovazione e dando vita a norme comuni verso tutti i player dell’Ict. E’ lo scopo dello studio “Powering thew digital economy: a trade agenda to drive growth”, presentato oggi da Bsa – The Software alliance, organizzazione del settore che rappresenta circa settanta aziende di livello mondiale e che promuove “la fiducia nelle nuove tecnologie che aiutano a crescere il mondo digitale”.

Il problema individuato da Bsa nello studio è la difficoltà con cui le regole del mercato globale alle rapide innovazioni di prodotti e servizi software-driven, dal cloud computing ai data analytics. Difficoltà che spesso portano a un vero e proprio “protezionismo digitale”.

“Le tecnologie software-driven stanno rivoluzionando l’economia e tutti gli aspetti della vita. Per ottenere i massimi benefici da questi progressi, i governi devono incoraggiare e non inibire il commercio digitale – afferma Victoria Espinel (nella foto), presidente e Ceo di Bsa – Abbiamo bisogno di regole di mercato più moderne, che prevengano nuove forme di proibizionismo It e assicurino un libero scambio di informazioni”.

“Stiamo negoziando accordi sia nelle aree dell’Atlantico che del Pacifico e stiamo approfondendo diversi discorsi su prodotti e servizi It. – continua Espinel – Abbiamo un’opportunità storica per dare forma a un’agenda commerciale per l’era digitale. Gli accordi che riconoscono l’impatto dirompente del commercio digitale stimoleranno le aziende di ogni dimensione a innovare, crescere e a lavorare per offrire ai consumatori prodotti e servizi migliori. Questo creerà posti di lavoro e migliorerà la qualità della vita.”

Tra gli esempi di protezionismo digitale che emergono dallo studio, fattori che di fatto limitano la diffusione e i benefici dei servizi software-enabled, ci sono le restrizioni sul flusso di comunicazione tra Paesi o le “certificazioni tecnologiche nazionaliste”, oltre ai “favoritismi governativi nei confronti di prodotti e servizi It locali”.

Tre i punti che Bsa propone per superare questi ostacoli. Innanzitutto le regole del mercato dovrebbero adeguarsi alla realtà del commercio digitale, facilitando “il commercio di servizi innovativi come il cloud computing”, abbattendo le barriere “per consentire il libero scambio di informazioni” ed evitando la regolamentazione “di dove i server o altre infrastrutture It devono essere collocate”. Al secondo punto c’è la promozione del “continuo progresso dell’innovazione tecnologica”, anche grazie a un’agenda commerciale che assicuri “protezioni moderne per le proprietà intellettuali” e incoraggi “l’utilizzo di standard tecnologici spontanei e orientati al mercato”. Infine le regole del gioco, che siano uguali attraverso le frontiere: “I governi – affermano da Bsa – dovrebbero essere completamente trasparenti nelle scelte d’acquisto delle tecnologie. Le decisioni dovrebbero bassarsi su come un prodotto o un servizio soddisfa al meglio le esigenze e dà valore, non su dove la tecnologia è stata sviluppata”.

“Nell’era digitale, ogni paese che vuole competere a livello globale ha bisogno di un’agenda che includa policy di mercato che guardano al futuro – conclude Espinel – I governi devono riconoscere che una gestione delle informazioni a compartimenti stagni, in un mondo connesso, è penalizzante. Nessuna nazione sarebbe in grado di crescere economicamente in una situazione di isolamento, come invece accade all’interno di un solido sistema di relazioni commerciali”.

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