PROFESSIONI

Community manager, ecco chi sono i nuovi specialisti del web

Veloci, problem solver, empatici: queste figure sono sempre più cruciali nel rapporto tra imprese e utenti. Per il 60% sono donne e persone, con età compresa tra i 25 e i 40 anni

Pubblicato il 19 Mar 2014

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È una figura “antica”, per quanto possa esserlo nell’economia del web, che ha accompagnato i community business da sempre. Il manager di comunità online è nato, anni fa, come generico moderatore – all’interno di newsgroup e forum – per assumere poi un ruolo più attivo e direzionale, fino a diventare oggi il vero animatore delle community online e delle intranet aziendali.
L’ultimo sondaggio su questa figura professionale, promosso dall’Università degli Studi di Salerno alla fine del 2013, ha raccolto 300 risposte di community manager e identificato un profilo tipico. Si tratta principalmente di donne (60%) e persone con età compresa tra 25 e 40 anni. È un lavoro quasi sempre full time, rivolto più verso il business to business (70%) che nell’ambito consumer e può essere portato avanti anche come collaborazione esterna (40% dei casi).

L’attività prevalente è la creazione dei contenuti e a seguire il cosiddetto engagement via Facebook. La via di accesso alla professione è quasi sempre legata alla formazione umanistica, anche se di recente si stanno moltiplicando i master di secondo livello proprio sul community management. Guadagnano bene? Non esattamente. Chi ha fino a tre anni d’esperienza arriva a una media di 20.500 euro lordi all’anno, ma i meglio pagati restano i community manager con maggiore seniority, magari inseriti in azienda. In sintesi: una professione giovane (soltanto il 5% ha più di 8 anni d’esperienza), retribuita sotto la media (soltanto 1 su 5 arriva a 30mila euro lordi all’anno), ma con una forte spinta in termini di crescita e di potenzialità.
È un lavoro che generalmente piace a chi lo fa, considerato positivo sotto il profilo del networking professionale. “Seguire una comunità verticale, specializzata, ti consente di entrare in contatto con persone con elevate conoscenze tecniche, di ogni parte del mondo, che altrimenti non incontreresti”, racconta Daniele Bochicchio, Microsoft Regional Director, che segue community ed eventi per sviluppatori.

Dal 1998 si occupa di mailing e forum tecnici, oggi lavora dietro alle quinte, dentro e fuori da community e social network, per dar vita a raduni che, come nel caso del recente Community Days 2014, raccolgono fino a 1.200 persone intorno a momenti di formazione. “Il mio è un ruolo di collegamento tra Microsoft e il mondo di chi conosce la tecnologia. Sono un facilitatore, rimango spesso nell’ombra, altre volte esco allo scoperto, soprattutto quando devo limitare situazioni o dire di no a qualcuno”.
Il community manager può lavorare dall’interno, ma in molti casi sono attività affidate in outsourcing a società specializzate. “L’obiettivo che ci ha assegnato l’azienda cliente è di mantenere vivo l’interesse dei suoi lavoratori e dei collaboratori iscritti alla community e aumentarne i livelli di produttività. In gran parte sono distribuiti sul territorio e hanno bisogno di luoghi virtuali di incontro e di aggiornamento continuo”, racconta Cristina Maccarrone di Logotel, società che ha in carico la gestione di numerose comunità di Rete. “Il community manager non è solo, lavora in team, riceve input dal business e dialoga con i tecnici. I suoi punti di forza sono legati alla capacità di promuovere la conversazione, scrivere in maniera efficace, saper ascoltare, ma anche fare le domande giuste”.

Empatia e velocità sono alla base del suo lavoro, orientato al problem solving e alla soddisfazione degli utenti. Meglio ancora se impara a leggere anche i trend, magari con il supporto di tool per analitycs. “Alla base di questo mestiere ci sono l’attitudine all’ascolto, la conoscenza delle regole di comunicazione, la frequentazione dei social network”.

La conoscenza squisitamente tecnologica passa spesso in secondo piano e su questo concorda anche Giacomo Mason, consulente aziendale sulle Intranet e le community interne. “La tecnologia da sola non basta: è un clamoroso falso che le community si reggano in maniera autonoma come i gruppi su Facebook. Il community manager, al contrario, ha un ruolo fondamentale, di grande mediatore, che fa incontrare le imprese e gli utenti. Solitamente sta al centro dei processi aziendali”.
I suoi referenti interni sono gli specialisti delle HR, ma non è raro che le community nascano in affiancamento al marketing o all’interno di linee di business come supporto operativo, per esempio legato alla formazione. “Il suo compito è alimentare la comunicazione dall’alto, trasferire informazioni ufficiali, guidare i contenuti generati dagli utenti. Per questo deve saper scrivere e dialogare, conoscere le piattaforme e il Web 2.0, saper gestire progetti e relazioni con le funzioni di business”. Per Mason è un’attività che non dovrebbe essere demandata esclusivamente all’esterno, vista la delicatezza di alcuni processi, che possono essere controllati soltanto dentro un’azienda.

Dove trova lavoro il community manager? Principalmente nella grande azienda, in particolare dove esiste un’elevata densità di processo. “Il caso più classico è il settore bancario e assicurativo, oppure quello della telefonia, dove la conoscenza e l’offerta evolvono molto rapidamente e occorre costante aggiornamento, ma di recente anche la Pubblica amministrazione si sta aprendo alla comunicazione tra gruppi, per esempio nella condivisione di buone pratiche tra gli enti”.

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