L’INTERVENTO

Confindustria, Santoni: “Puntare con decisione allo sviluppo della data economy”

La maturità digitale delle imprese italiane è a un buon livello ma la fotografia è in chiaroscuro: il livello di digitalizzazione aumenta al crescere delle dimensioni. Per le imprese più piccole il processo di innovazione è più lento, soprattutto per carenza di competenze. L’analisi dei Digital Innovation Hub su un test del Politecnico di Milano

Pubblicato il 20 Lug 2023

agostino-santoni-cisco

La maturità digitale delle imprese italiane è soddisfacente: tocca quasi la media di 3 punti (2,85) in una scala che va da 1 a 5. Il dato però non è omogeneo per tutte le tipologie di organizzazione: il livello di digitalizzazione, infatti, aumenta al crescere delle dimensioni e questo significa che per le imprese più piccole il processo di innovazione risulta più lento, soprattutto per carenza di competenze.

L’analisi di Confindustria

A dirlo è un’analisi realizzata dai Digital Innovation Hub di Confindustria (la rete di 23 hub a livello regionale con sede presso le associazioni di Confindustria, che ha l’obiettivo di diffondere le competenze digitali alle imprese, con focus sulle pmi) attraverso un test del Politecnico di Milano su un campione composto per il 58% da micro-piccole imprese e per il 42% da medio-grandi. Più dei due terzi delle realtà analizzate sono localizzate al Nord, con una netta prevalenza nel Nord-Ovest, un quinto nel Sud e isole e il restante 11% al Centro. I primi tre comparti per numerosità delle imprese analizzate (meccatronica e meccanica, metallurgia, chimica, gomma e plastica) rappresentano la metà del campione considerato e quasi un quarto appartiene al settore della meccatronica e meccanica.

Se si osserva il livello di digitalizzazione delle imprese intervistate suddivise per settori emerge che, anche se con piccole differenze, i settori più avanzati (indice di poco superiore o prossimo a 3) sono quello dei Mezzi di trasporto, mobilità e logistica, quello dell’Ict, servizi digitali e innovativi e quello della Meccatronica e metalmeccanica. Seguono Scienze della vita e farmaceutico, Chimica, gomma e plastica, agroalimentare, metallurgia, industria cartiera e del legno, tessile e moda, commercio, edilizia e costruzioni.

Le imprese di tutti i settori hanno digitalizzato soprattutto le fasi di produzione e di ricerca&innovazione. Dall’analisi sulla strategia aziendale emergono alcune criticità che evidenziano come sia necessario implementare la cultura aziendale e le competenze per la transizione: poco meno di un terzo delle imprese considera Industria 4.0 parte delle proprie strategie aziendali, mentre solo quattro imprese su dieci riconoscono, sviluppano e premiano le competenze di Industria 4.0. Per sette imprese su dieci Industria 4.0 non coinvolge gli attori della catena di fornitura interna ed esterna. Poco meno del 50% delle imprese mappate ritiene matura la propria cultura aziendale su Industria 4.0, mentre più di sei imprese su dieci hanno sviluppato uno smart product. Le strategie di Industry 4.0, infine, sono definite da più della metà delle imprese dalla proprietà e per il 30% dalla direzione generale.

Quanto ai vincoli che limitano l’avvio di processi di trasformazione digitale le imprese segnalano: mancanza di competenze (43%), costo degli investimenti (42%), cultura aziendale (29%), conoscenza del mercato (24%), scarsa propensione della filiera a integrarsi (18%), individuazione partner esterni (18%), conoscenza incentivi (13%), rischio insuccesso (9%), scarsa maturità del mercato (8%), sicurezza (7%), aspetti legali (3%).

Le sfide da cogliere per affrontare la twin transition

“Le imprese sono nel pieno della cosiddetta twin transition, green e digitale, che sono anche i due grandi driver che guidano gli investimenti e la competitività dell’Italia e dell’Europa e sono tra loro strettamente connesse”, commenta Agostino Santoni, vicepresidente di Confindustria per il Digitale. “Per questo è essenziale accelerare sulla digitalizzazione e soprattutto puntare con decisione allo sviluppo di un’Economia dei Dati, che valorizzi l’enorme mole di informazioni raccolte da imprese e pubbliche amministrazioni attraverso l’Internet delle Cose, l’Intelligenza Artificiale e il Cloud. È l’evoluzione naturale del 4.0, ma va sostenuta con la creazione di adeguate competenze sia attraverso percorsi scolastici e universitari, sia con l’upskilling e il reskilling delle risorse umane già impiegate”.

Secondo Maurizio Marchesini, vicepresidente di Confindustria per le Filiere e le Medie Imprese, “lo scenario che emerge dall’enorme lavoro svolto dai Digital Innovation Hub di Confindustria indica con molta chiarezza le traiettorie da seguire nella revisione del Piano 4.0 di cui si parla in queste settimane. I risultati raggiunti sono certamente l’effetto delle politiche per la trasformazione 4.0, che hanno attivato investimenti e che in assenza del Piano non sarebbero stati realizzati con la stessa intensità. Ma il coinvolgimento delle pmi nei processi di innovazione, le competenze, gli investimenti in tecnologie 4.0, la creazione di una cultura digitale restano le priorità da affrontare. È poi evidente la necessità di accelerare sull’integrazione delle filiere che rappresentano la via italiana per la competitività e la transizione digitale ed ecologica del sistema produttivo: è proprio nelle filiere che tante piccole imprese trovano la strada per crescere. In questa cornice, vista la velocità dell’innovazione tecnologica, è fondamentale continuare a lavorare con una visione chiara, assicurando al sistema produttivo un Piano che ne supporti la competitività e un network di Digital Innovation Hub che con il proprio know how continui ad affiancare le imprese in queste sfide”.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati