JOBS ACT

Controlli a distanza, l’ok di Confindustria: “Norme equilibrate”

Secondo gli industriali “le nuove regole tutelano esigenze aziendali e diritti dei lavoratori”. E sull’allarme lanciato dai sindacati: “Atteggiamento ingiustificato”. Ma la Cgil ribadisce: “Le imprese avranno troppo potere”

Pubblicato il 03 Lug 2015

Federica Meta

giorgio-squinzi-confindustria-130523114518

Sì di Confindustria alle nuove norme sul telecontrollo previste dal Jobs Act. Sugli impianti audiovisivi ed i controlli a distanza “riteniamo che l’impianto della disposizione sia corretto” e che vi sia “un sostanziale equilibrio tra esigenze e tutela del patrimonio aziendale ed i diritti dei lavoratori alla riservatezza. Francamente non comprendiamo l’allarme sollevato sul punto”, hanno sottolineato i rappresentanti di Confindustria in audizione alla commissione Lavoro della Camera sugli ultimi decreti attuativi della riforma del mercato del lavoro.

Secondo il decreto attuativo “l’accordo sindacale o autorizzazione ministeriale non sono necessari per l’assegnazione ai lavoratori degli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa, pur se dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore”.

Nelle scorse settimane le nuove regole sul controllo a distanza hanno sollevato polemiche e inasprito lo scontro tra governo e sindacati. Secondo la Cgil Nazionale “il governo ha scelto da che parte stare: non serve più l’accordo sindacale per controllare i lavoratori e si cancellano i limiti previsti dalla legge 300. Il Grande Fratello è niente in confronto a quanto previsto da questo provvedimento”. Questa la denuncia contro il decreto. Per la Cgil si pone “un problema di dignità e di equilibrio nei confronti dello strapotere aziendale, di maggiori possibilità di ricatto nei confronti delle persone che lavorano, sole e non più tutelate dall’articolo 4 dello Statuto”. Ma per il sindacato di corso d’Italia non solo si colpiscono ancora una volta i lavoratori, ma lo si fa senza alcun beneficio economico sull’altro piatto della bilancia: “questo decreto non aumenta la competitività delle imprese, non aumenta la produttività del lavoro, non facilita gli investimenti, nazionali o esteri, permette però ad alcune imprese di fare la faccia feroce”.

Il ministero del Lavoro ha invece risposto che “le norme sugli impianti audiovisivi e gli altri strumenti di controllo, contenute nello schema di decreto legislativo in materia di semplificazioni attualmente all’esame delle competenti commissioni parlamentari, adeguano la disciplina oggi vigente, risalente al 1970, alle innovazioni da allora intervenute, rispettando le indicazioni che il Garante della Privacy ha fornito negli ultimi anni, in particolare con le linee guida del 2007 sull’utilizzo della posta elettronica e di internet”. Il ministero ribadisce che, per quanto riguarda gli strumenti che vengono assegnati al lavoratore ‘per rendere la prestazione lavorativa’ (quali cellulari, tablet e pc)”non si autorizza nessun controllo a distanza, ma si chiariscono semplicemente le modalità e i limiti per l’utilizzo di questi strumenti e dei dati raccolti attraverso di essi”.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articolo 1 di 2