Copyright, oscurato il cyberlocker DDLStorage

Un’indagine congiunta della Guardia di Finanza di Cagliari e del Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche di Roma ha rivelato una complessa organizzazione dedita alla condivisione illecita di contenuti audiovisivi, musicali e multimediali

Pubblicato il 04 Lug 2014

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Oscurato il cyberlocker italiano “DDLStorage”. L’indagine della Guardia di Finanza di Cagliari, in stretta collaborazione con il Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche di Roma ha rivelato una complessa organizzazione dedita alla condivisione illecita di contenuti audiovisivi, musicali e multimediali, smantellando un imponente giro d’affari che vedeva coinvolti 25 soggetti in tutta Italia.

Enzo Mazza, Ceo della Fimi (Federazione dell’industria musicale italiana): “E’ fondamentale comprendere come la gestione di attività criminali di questo genere abbia un rilevante impatto sul mercato e sull’offerta legale in rete. Non si può parlare di attività di fruizione marginale in casi così sofisticati, in cui l’obiettivo diventa lo sviluppo di un mercato parallelo molto lucrativo”.

I cyberlocker sono servizi di archiviazione su server remoto che consentono agli utenti di caricare file, che possono poi essere condivisi in modalità streaming o download, gratuitamente o tramite acquisto di account “premium” che garantiscono migliori prestazioni e che costituiscono una tra le principali fonti di guadagno per i gestori di questi servizi. Oggi i cyberlocker sono sempre più frequentemente utilizzati per la condivisione non autorizzata di contenuti audiovisivi. La loro connessione con i siti pirata rivela come la filiera di distribuzione del contenuto illecito sia particolarmente strutturata e gestita da soggetti altamente preparati e con una suddivisione dei ruoli così precisa da evidenziare nuovamente come dietro la pirateria si celi un vero e proprio business criminale.

“Il motivo del sempre più ampio utilizzo dei cyberlocker è assai noto: gli uploader sfruttano infatti le possibilità di guadagno offerte da questa tipologia di servizi – spiega una nota di Agis, Anica, Fapav, Univideo – Non va dimenticato che, a fronte di questi proventi illeciti, si creano ingenti danni al comparto audiovisivo, stimabili in oltre 500 milioni di euro ogni anno, senza contare l’evasione fiscale, la perdita per l’erario e in termini occupazionali.

Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo), Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali), Fapav (Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali) e Univideo (Unione Italiana Editoria Audiovisiva – Media Digitali e Online), oltre alla Fimi “plaudono il lavoro svolto dalla Guardia di Finanza che ha svelato i meccanismi alla base del principale servizio di condivisione di contenuti audiovisivi non autorizzati e confermano il proprio sostegno e supporto all’importante lavoro posto in essere a tutela dei contenuti audiovisivi”.

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