Cybersecurity, serve un responsabile per la reputation dell’Italia

La risposta agli attacchi hacker deve essere anche politica: Governo e Parlamento devono approntare azioni per tutelare il “buon nome” del Paese. L’analisi di Pier Domenico Garrone (Il Comunicatore Italiano)

Pubblicato il 11 Gen 2017

Pier Domenico Garrone, Il Comunicatore Italiano

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L’Italia appare ancora una volta una “terra di muppets informatici” tutti sempre sanno tutto e tutti danno la colpa a qualcun’altro solo per continuare un mercato indecente che sta minando la democrazia dentro le istituzioni, togliendo sicurezza e serenità ai lavori parlamentari, alle imprese, alla famiglia. Chi è il responsabile della reputazione del Governo? Oppure di una banca? Oppure del Vaticano? Quando la risposta è solo informatica i risultati sono quelli che la magistratura ci evidenzia. Questo è un dato oggettivo non un giudizio di competenza ma l’esposizione di quell’errore tragico volutamente compiuto nel Sistema Italia per ridurre l’indipendenza e la sovranità nazionale.

L’errore è confondere l’ammodernamento informatico con l’innovazione digitale per non far affrontare alla politica la legge per il diritto reale e costituzionale dell’inviolabilità del domicilio digitale. Un errore corruttivo del sistema istituzionale che paghiamo con l’inefficienza burocratica che generano cento volte le tangenti della politica. Un secondo dato oggettivo lo rivela la lettura dei bilanci di ogni istituzione: zero budget per una struttura ordinaria di web reputation, molti euro per la spesa informatica.

Un terzo dato oggettivo lo rivela l’assenza di una responsabilità apicale e politica producente l’interesse pubblico della valorizzazione della stima internazionale dell’Italia, la tutela dell’interesse industriale italiano in ogni Paese, la gestione della Comunicazione internazionale. Cosa fare concretamente? Due realtà sono sovrane e possono decidere subito a dare “il buon esempio “: Camera dei Deputati e Senato della Repubblica. Entrambe con una riunione di Presidenza possono decidere il proprio modello di tutela della reputazione e produrre un servizio reale ai parlamentari per renderli immuni dai ricatti ed assicurare la terzietà che il mandato costituzionale dispone come valore ed esito del voto dei cittadini.

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