LE REGOLE

Dallo smart working ai riders, l’Italia pone le basi del “nuovo” lavoro

Firmato il protocollo tra il ministro Orlando e le parti sociali che norme le attività svolte da remoto e senza vincoli di orario. Accordo individuale ma cruciale il ruolo della contrattazione collettiva. Si apre la partita gig economy. Il ministro: “Attesa per la direttiva Ue, ma pronti anche a leggi nazionali per aumentare le tutele. Nessun impatto negativo sul business delle piattaforme”

Pubblicato il 07 Dic 2021

orlando

Dallo smart working ai riders, l’Italia in campo per normare il lavoro ai tempi del digitale. Dopo il rilascio delle linee guida sul lavoro agile nel comparto pubblico, ora l’attenzione si sposta sul settore privato.

Oggi il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha firmato con le parti sociali protocollo nazionale con le linee di indirizzo per la contrattazione nel settore privato. Il documento è stato sottoscritto, si legge in una nota, da Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confsal, Cisal, Usb, Confindustria Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Alleanza cooperative, Confagricoltura Coldiretti, Cia, Copagri, Ania, Confprofessioni, Confeservizi, Federdistribuzione, Confimi e Confetra.

Abi, viene riferito, ha manifestato apprezzamento e condivisione e potra’ sottoscrivere il protocollo a seguito della delibera del Comitato esecutivo in programma nei prossimi giorni.

Smart working, cosa prevede il “protocollo Orlando”

 Il protocollo fissa il quadro di riferimento, le linee di indirizzo, tra le parti sociali ma anche per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale stabilendo diritti e doveri dei lavoratori. Si parte con l’adesione al lavoro agile su base volontaria, subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale ma fermo restando il diritto di recesso. L’eventuale rifiuto di aderire o svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile non integra infatti, si legge nella bozza del provvedimento, gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né rileva sul piano disciplinare.

Nessun orario preciso di lavoro, inoltre, per chi opta per il lavoro agile ma autonomia nello svolgimento della prestazione all’interno di obiettivi prefissati e nel rispetto dell’organizzazione delle attività assegnate dal responsabile, a garanzia dell’operatività dell’azienda e dell’interconnessione tra le varie funzioni aziendali. Questo non osta comunque a che il lavoro agile sia legato a fasce orarie, individuando, in ogni caso, la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa. Prevista, inoltre, ove ne ricorrano i presupposti, anche la fruizione dei permessi orari sanciti dai contratti collettivi mentre non possono essere previste e autorizzate prestazioni di lavoro straordinario.

Nei casi di assenze cosiddette legittime (dalla malattia agli infortuni, dai permessi retribuiti alle ferie), il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è comunque obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa. Il lavoratore è anche libero di individuare il luogo ove svolgerà la prestazione in modalità agile purché lo stesso abbia caratteristiche tali da consentire la regolare esecuzione della prestazione, in condizioni di sicurezza e riservatezza, anche con specifico riferimento al trattamento dei dati e delle informazioni aziendali nonché alle esigenze di connessione con i sistemi aziendali.

In questo senso la contrattazione collettiva può individuare i luoghi inidonei allo svolgimento del lavoro in modalità agile per motivi di sicurezza personale o protezione, segretezza e riservatezza dei dati.

Gig economy, in arrivo nuove regole per riders & co.

L’8 dicembre la Commissione europea presenterà la direttiva sui lavoratori delle piattaforme. Secondo Orlando si tratta di un passo importante verso il riconoscimento dei diritti per una buona fetta di lavoratori finora poco protetti – Bruxelles stima che in tutta Europa siano 28 milioni – che comunque non impatterò negativamente sul business delle piattaforme.

“L’utilizzo assolutamente fittizio di lavoratori come lavoratori autonomi nasconde in realtà una situazione di dipendenza che deve emergere – ha spiegato il ministro intervenendo a “Radio Anch’io” – perché nelle piattaforme si possono annidare fenomeni simili al vecchio caporalato in agricoltura e non credo sia una condizione accettabile”.

Inoltre, ha ricordato Orlando, “c’è un altro pezzo della questione, cioè come il lavoratore accede o non accede, attraverso quali strumenti, a questo algoritmo, come fa a sapere quali sono le regole del gioco: questo è un altro tema che dovrà essere affrontato dalla direttiva”.

Il ministro ha evidenziato il ruolo dell’Italia n questa partita. “Insieme ad altri colleghi abbiamo spinto il commissario Schmit per arrivare a questo risultato. Ora dobbiamo fare in modo che alcuni aspetti di questa normativa siano anticipati e entrino in vigore immediatamente in Italia – ha detto in un colloquio con La Repubblica. L’aspetto su cui è già al lavoro è quello che riguarda l’uso degli algoritmi che valutano le prestazioni dei rider e quindi ne condizionano la carriera”.

Faremo in modo di consentire l’accesso all’algoritmo. I lavoratori potranno sapere quali sono i criteri con cui vengono giudicati. Questo è forse l’aspetto fondamentale”, ha evidenziato Orlando.

“Poiché esiste già una direttiva volta a difendere l’accesso ai modelli organizzativi delle aziende – annuncia – noi ci baseremo su di essa per adottare subito un provvedimento in Italia. Quanto poi al contratto di lavoro subordinato, il ministro ha detto di voler prima verificare quanto tempo la nuova direttiva impiegherà per essere definitivamente approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

“Se il via libera sarà rapido – ha puntualizzato – allora è più opportuno aspettare un poco, in modo che tutti i Paesi dell’Unione adottino discipline uniformi. Dobbiamo evitare confusione e sovrapposizioni. La soluzione migliore è essere perfettamente allineati per non provocare distorsioni concorrenziali nel mercato del lavoro. Anche perché – insiste – da noi alcuni di quei diritti sono già stati tutelati in via giurisprudenziale, dalla Corte di Cassazione. Qualche mese si può aspettare. Qualche mese, però. Altrimenti procederemo.

Anche la ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, plaude alla direttiva Ue. ”Fin dall’inizio della legislatura il M5s ha lavorato per garantire più diritti per i rider e, più in generale, per i lavoratori delle piattaforme digitali. Un lavoro che ha portato dei primi e importanti risultati due anni fa quando, su mio impulso, nel decreto Salva imprese furono introdotte anche per i ciclofattorini impiegati in maniera continuativa le tutele del lavoro subordinato, stabilendo altresì l’abolizione del cottimo puro e introducendo l’obbligo per il committente di assicurare i lavoratori all’Inail contro infortuni e malattie sul lavoro – ha ricordato –  “Un impegno proseguito in seguito con l’obiettivo di giungere alla sottoscrizione di un contratto collettivo per i rider. La direttiva con cui ora la Commissione europea intende considerare lavoro subordinato a tutti gli effetti quello per le piattaforme va nella giusta direzione. I rider hanno svolto una funzione essenziale durante il lockdown: adesso allarghiamo le tutele”, conclude.

Cosa prevede la direttiva europea

In uno studio realizzato in vista della direttiva, la Commissione europea ha valutato l’impatto della proposta che andrebbe a riguardare circa 28 milioni di lavoratori. Si tratta di 4 miliardi – derivanti da tasse sul lavoro e contributi sociali – in più che andrebbero nelle casse degli Stati collegati allo stop ai falsi autonomi (riders e autisti di Uber ad esempio) e al riconoscimento di contratti da lavoro dipendente.

Nella direttiva, stando a quanto risulta a CorCom, Bruxelles sarebbe orientata a seguire la richiesta del Parlamento Ue di introdurre la “presunzione di subordinazione”. con l’inversione dell’onere della prova. Oggi se un rider, ad esempio, si considera un dipendente sta a lui dimostrarlo davanti ai tribunali. La nuova direttiva scardina questo principio , stabilendo che debba essere l’impresa a dover dimostrare che il rapporto di lavoro non è subordinato al momento della stipula del contratto.

La direttiva imporrà altri requisiti alle piattaforme: tra questi una maggiore trasparenza dell’uso degli algoritmi per evitare discriminazioni nei confronti dei lavoratori. Inoltre dovrebbero essere previsti una serie di requisiti di protezione sociale validi per tutti, autonomi e dipendenti nonché misure per rafforzare la sicurezza di rider e autisti sul lavoro.

A oggi, ci sono circa 500 piattaforme attive nell’Unione europea. Sempre lo studio della Commissione europea, tra il 2018 e il 2020 gli introiti delle piattaforme digitali nell’Ue sono passati da 8 a 14 miliardi di euro all’anno.

Secondo l’Osservatorio 2021 sul food delivery elaborato da Just Eat, il settore continua la sua corsa inarrestabile, registrando una crescita del 59% rispetto al 2020 e generando un valore di 1,5 miliardi di euro. Una spinta che oggi permette l’accesso al servizio al 68% della popolazione e che è guidata da un lato dall’evoluzione tecnologica, dall’altro dall’accelerazione dovuta all’emergenza pandemica, durante la quale il food delivery si è dimostrato essere uno strumento essenziale tanto per le persone, quanto per la ristorazione. Solo Su Just Eat, nell’ultimo anno il +50% dei ristoranti ha scelto il digitale per ampliare il proprio business e la clientela; inoltre, si è registrato un ulteriore 12% di espansione e rafforzamento della presenza territoriale.

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