IL PROVVEDIMENTO

Ddl Editoria, via libera della Camera: nasce il Fondo per l’innovazione

Dopo l’ok del Senato arriva quello di Montecitorio con 275 voti favorevoli, 80 contrari e 32 astenuti. Ora la palla passa al governo per i decreti delegati

Pubblicato il 05 Ott 2016

F.Me

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La Camera ha approvato la legge sull’editoria nello stesso testo votato dal Senato il mese scorso: 275 i voti favorevoli, 80 i contrari, 32 gli astenuti.

Il ddl sull’editoria si basa su due cardini: l’istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione presso il ministero dello Sviluppo economico e la delega al governo per ridefinire la disciplina sui contributi pubblici, nonché sui prepensionamenti dei giornalisti e sul Consiglio dell’Ordine.

Ecco, in sintesi, le novità contenute nel provvedimento.

IL FONDO – Ad alimentarlo saranno non solo le risorse statali destinate al sostegno dell’editoria quotidiana e periodica, ma anche quelle per le emittenti locali. Previsto l’utilizzo di una quota, fino a 100 milioni di euro annui per il periodo 2016-2018, delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone Rai in bolletta. Ci sarà anche un contributo di solidarietà da parte dei concessionari di pubblicità su tv e stampa (lo 0,1% del reddito complessivo annuo).

I SOGGETTI BENEFICIARI – Il testo delega il governo a ridefinire l’intera disciplina – entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge – partendo dalla platea dei beneficiari. Tra questi potranno esserci, oltre alle tv locali, le cooperative giornalistiche e gli enti senza fini di lucro, quotidiani e periodici espressione delle minoranze linguistiche, imprese ed enti che editano periodici per non vedenti o ipovedenti, associazioni di consumatori, imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero. Vengono invece esclusi esplicitamente i giornali di partito e le imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa. Contributi ridotti per le aziende che hanno personale, collaboratori e amministratori con stipendi sopra i 240 mila euro. Ulteriori requisiti riguardano la riduzione a due anni dell’anzianità di costituzione dell’impresa editrice, il regolare adempimento degli obblighi derivanti dai contratti di lavoro e l’edizione della testata in formato digitale, anche in parallelo con quella cartacea. L’ammontare del contributo dipenderà dal numero di copie annue vendute (comunque non inferiore al 30% delle copie distribuite per le testate locali e al 20% per quelle nazionali) e dagli utenti unici raggiunti, oltre che dal numero di giornalisti assunti. Sono previsti ‘criteri premiali’ per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori under 35 e limiti massimi al contributo erogabile (50% del totale dei ricavi dell’impresa).

INCENTIVI E LIBERALIZZAZIONE VENDITA – Il governo dovrà anche semplificare il procedimento per l’erogazione dei contributi, incentivare gli investimenti nell’innovazione digitale, assegnare finanziamenti a progetti innovativi, liberalizzare la vendita dei prodotti editoriali (garantendo il pluralismo delle testate) e gli orari di apertura dei punti vendita, incentivare sul piano fiscale gli investimenti pubblicitari su quotidiani e periodici nonché sulle radio e tv locali.

ORDINE GIORNALISTI E PREPENSIONAMENTI – Il testo delega il governo ad adottare criteri più stringenti per il ricorso ai prepensionamenti dei giornalisti e nuove regole per il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti (il numero dei componenti, ridotto a 36 alla Camera, è stato portato a 60 dal Senato).

CRITERI DI EROGAZIONE DEI CONTRIBUTI – Il provvedimento definisce l’erogazione del contributo in due rate (la prima entro il 30 maggio, pari al 50%), i tempi e le modalità di presentazione delle domande, la definizione di testata.

LA CONCESSIONE RAI – Il ddl prevede la riduzione a dieci anni per la concessione del servizio pubblico.

TETTO AGLI STIPENDI. L’Aula del Senato ha approvato l’emendamento di Roberto Calderoli al ddl sull’editoria che prevede una riduzione di accesso al Fondo per gli ammortizzatori sociali per quell’azienda editoriale che ha il proprio personale, i propri collaboratori e amministratori con stipendi che superano il tetto dei 240mila euro previsto per la Pubblica Amministrazione che poi è lo stipendio previsto per il presidente della Repubblica.

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