L'lNDICE EUROPEO

Desi, l’Italia scala due posizioni grazie a fibra e 5G. Ma è (ancora) allarme competenze

Il nostro Paese sale al 18° posto grazie allo sprint su connettività e servizi digitali. Bene l’adozione del cloud nelle Pmi. Ma siamo quartultimi nella classifica delle skill: peggio di noi solo Polonia, Bulgaria e Romania. Colao: “Non si perda il treno del Pnrr”

Pubblicato il 28 Lug 2022

Desi 2022

L’Italia sta compiendo passi da gigante nell’indice europeo Desi che misura la digitalizzazione dell’economia e della società. Dobbiamo ancora migliorare, ma intanto nell’indice di quest’anno abbiamo scalato due posizioni rispetto al 2021 e ci collochiamo al 18mo posto tra i 27 Stati dell’Unione europea.

La connettività e l’integrazione delle tecnologie digitali sono le nostre aree forti, in cui il punteggio dell’Italia è superiore alla media europea, mentre i servizi pubblici digitali e, soprattutto, le competenze sono il nostro tallone d’Achille.

Nell’Ue sussiste una tendenza generale positiva alla convergenza, sottolinea l’edizione 2022 dell’Indice: il livello di digitalizzazione dell’Ue continua a migliorare e gli Stati membri partiti dai livelli più bassi crescono a un ritmo più rapido recuperando terreno a poco a poco. In particolare, l‘Italia, la Polonia e la Grecia sono quelli che più hanno migliorato i loro punteggi Desi negli ultimi 5 anni, realizzando investimenti consistenti grazie a una maggiore attenzione politica al digitale, anche con l’aiuto dei finanziamenti europei.

Poiché l’Italia è la terza economia dell’Ue per dimensioni, si legge nel report della Commissione europea, i progressi che farà nei prossimi anni nella trasformazione digitale saranno cruciali per consentire all’intera Ue di conseguire gli obiettivi del decennio digitale per il 2030.

L’avanguardia dell’Europa digitale restano i Paesi nordici: Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia. Ma le competenze e l’avanzamento verso le tecnologie del futuro sono delle sfide anche per le nazioni più digitalizzate: la diffusione di tecnologie come l’Ai e i big data rimane al di sotto del 30% e molto lontana dall’obiettivo del decennio digitale del 75% per il 2030, mentre la forte carenza di personale qualificato rallenta il progresso generale e crea fasce di esclusione digitale.

L’Italia nell’Indice Desi

Dagli indicatori di quest’anno emerge che l’Italia sta colmando il divario rispetto all’Unione europea in fatto di competenze digitali di base; ancor oggi però oltre la metà dei cittadini italiani non dispone neppure di queste nozioni essenziali. La percentuale degli specialisti digitali nella forza lavoro italiana è inferiore alla media dell’Ue le prospettive per il futuro sono indebolite dai modesti tassi di iscrizione e laurea nel settore delle Ict. La Commissione scrive che “è assolutamente necessario un deciso cambio di passo nella preparazione dell’Italia in materia di competenze digitali”. Nella classifica relativa alle competenze digitali di base siamo quartultimi, peggio di noi solo Polonia, Bulgaria e Romania.

Per quanto riguarda la connettività l’Italia progredisce in termini di diffusione dei servizi a banda larga e di realizzazione della rete. Rimangono alcune carenze per quanto riguarda la copertura delle reti ad altissima capacità (compresa la fibra fino alla sede dell’utente).

La maggior parte delle piccole e medie imprese italiane (il 60%) ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale; l’utilizzo di servizi cloud, in particolare, ha registrato una considerevole crescita. La diffusione di altre tecnologie cruciali come i big data e l’intelligenza artificiale è invece ancora alquanto limitata.

L’Italia sta compiendo progressi nell’offerta di servizi pubblici digitali, riducendo le distanze rispetto alla media Ue. Ma occorre proseguire nell’obiettivo di rendere disponibile online il 100% dei servizi pubblici principali per le imprese e i cittadini dell’Unione, e di rendere pienamente operativi i fascicoli sanitari elettronici.

La Commissione considera positiva l’attenzione al digitale dalla politica negli ultimi anni, con l’istituzione di un ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, e il Pnrr sta imprimendo un ulteriore impulso e accelerando i progressi. Tra gennaio 2021 e marzo 2022 il governo italiano ha indetto gare d’appalto pubbliche per promuovere lo sviluppo della connettività fissa Gigabit e della copertura mobile 5G nelle aree a fallimento di mercato. Per sostenere la domanda, inoltre, ha varato un regime di voucher dedicato alle piccole e medie imprese.

Nel 2021 e nel 2022 ci sono stati anche sviluppi per quanto riguarda la digitalizzazione della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici, dalla pubblicazione della Strategia Cloud Italia al completamento dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) fino alla diffusione di Spid e dell’app IO che dà accesso ai servizi pubblici digitali.

Nell’ambito della strategia nazionale per le competenze digitali il governo ha istituito un nuovo fondo speciale (“Fondo per la Repubblica digitale”) che promuove iniziative tese ad accrescere i livelli di competenze digitali. Il report della Commissione cita anche il nuovo piano nazionale per promuovere piani personalizzati per il mercato del lavoro, che include il programma “Gol” (garanzia di occupabilità dei lavoratori) e il Piano nazionale nuove competenze. Un altro importante sviluppo è stata l’adozione del Programma strategico intelligenza artificiale 2022-2024.

Il ruolo del Pnrr

Il miglioramento di quest’anno nell’indice Desi “si registra grazie alle componenti connettività e integrazione delle tecnologie digitali. In questi mesi abbiamo assegnato tutti i bandi del Pnrr con l’obiettivo di portare la rete veloce in tutte le case degli italiani, nelle scuole e nelle strutture sanitarie. Con questo grande lavoro, l’Italia sarà il primo Paese in Europa ad avere reti ad altissima velocità fisse e mobili in anticipo rispetto agli obiettivi europei”, ha commentato il ministro per l’innovazione e la transizione digitale, Vittorio Colao.

Sono i primi passi di un percorso che ci porterà entro quattro anni tra i Paesi di testa dell’Ue grazie agli investimenti del Pnrr”, ha proseguito Colao. “Quello di oggi infatti è certamente un dato positivo e incoraggiante, ma non del tutto soddisfacente. Siamo ancora indietro rispetto alla media europea nella dimensione relativa al capitale umano. Anche se quest’anno registriamo un piccolo miglioramento, c’è ancora molto lavoro da fare nel lungo periodo per aumentare le competenze digitali di tutti. Abbiamo anche un gap da colmare nella digitalizzazione dei servizi pubblici, per i quali stiamo già realizzando molte delle iniziative previste dal Pnrr e stiamo allocando le risorse a Pa locali e centrali. In questo anno e mezzo di lavoro al governo ci siamo posti obiettivi ambiziosi, abbiamo gettato fondamenta solide per la digitalizzazione del Paese e ora disponiamo degli strumenti e delle capacità per farlo. Sarà fondamentale continuare sulla strada tracciata per raggiungere questo obiettivo”.

Il piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia è il più cospicuo dell’intera Unione europea e ammonta a 191,5 miliardi di euro. Il 25,1 % di tale importo (ossia 48 miliardi di euro) è destinato alla transizione digitale.

L’indice Desi Ue: lacune su competenze e banda larga

A livello Ue, l’edizione 2022 dell’indice Desi sottolinea i progressi compiuti dagli Stati membri nella loro digitalizzazione ma anche le persistenti lacune in termini di competenze digitali, digitalizzazione delle pmi e diffusione di reti 5G avanzate. “Il dispositivo per la ripresa e la resilienza, con circa 127 miliardi di euro destinati a riforme e investimenti nel settore digitale, offre un’opportunità senza precedenti, che l’Ue e gli Stati membri non possono lasciarsi sfuggire, per accelerare la trasformazione digitale”, si legge nella nota di Bruxelles.

Sebbene la maggior parte degli Stati membri stia avanzando nella trasformazione digitale le imprese stentano ad adottare tecnologie digitali fondamentali, come l’intelligenza artificiale (Ai) e i big data. Occorre intensificare gli sforzi per garantire la piena diffusione dell’infrastruttura di connettività (in particolare il 5G) necessaria per servizi e applicazioni altamente innovativi. Le competenze digitali sono un altro settore importante in cui gli Stati membri devono compiere progressi più ampi.

Solo il 54% degli europei di età compresa tra i 16 e i 74 anni possiede almeno competenze digitali di base: l’obiettivo del decennio digitale è di arrivare almeno all’80% entro il 2030. Inoltre, sebbene tra il 2020 e il 2021 siano entrati nel mercato del lavoro 500mila specialisti Ict, i 9 milioni di specialisti dell’Ue sono ben al di sotto dell’obiettivo di raggiungere i 20 milioni di specialisti di Ict entro il 2030 e non sono sufficienti a rimediare alla carenza di personale qualificato che sta affliggendo le imprese. Nel 2020 oltre metà delle imprese dell’Ue (il 55%) segnalava difficoltà nel coprire i posti vacanti di specialisti Ict. Tale carenza rappresenta un pesante ostacolo alla ripresa e alla competitività delle imprese dell’Ue. La mancanza di competenze specialistiche sta inoltre frenando gli sforzi dell’Ue per conseguire gli obiettivi del Green Deal. Sono quindi necessari sforzi ingenti per la riqualificazione e lo sviluppo delle competenze della forza lavoro.

Durante la pandemia di Covid-19 le imprese europee hanno promosso l’uso di soluzioni digitali: l’uso del cloud computing, ad esempio, ha raggiunto il 34%. Tuttavia l’utilizzo dell’Ai e dei big data da parte delle imprese si attesta, rispettivamente, solo all’8% e al 14% (a fronte dell’obiettivo del 75% entro il 2030). Queste tecnologie chiave offrono un enorme potenziale di innovazione e miglioramento dell’efficienza, in particolare per le pmi. Ma solo il 55% delle pmi dell’Ue ha almeno un livello elementare di digitalizzazione (a fronte di un obiettivo di almeno il 90% entro il 2030).

Nel 5G assegnato solo il 56% dello spettro totale armonizzato

Relativamente alla connettività Gigabit, nel 2021 in Ue la copertura delle reti che collegano gli edifici con fibra ottica ha raggiunto il 50% dei nuclei familiari, portando al 70% la copertura globale della rete fissa ad altissima capacità (a fronte dell’obiettivo del 100% entro il 2030). Anche la copertura del 5G è aumentata lo scorso anno, raggiungendo il 66% delle zone popolate dell’Ue; tuttavia, l’assegnazione dello spettro, presupposto importante per il lancio commerciale del 5G, non è ancora completa: nella stragrande maggioranza degli Stati membri è stato assegnato solo il 56% dello spettro totale armonizzato 5G (fanno eccezione l’Estonia e la Polonia).

Inoltre, alcuni dei dati di copertura molto elevati si basano sulla condivisione dello spettro delle frequenze 4G o dello spettro 5G a banda bassa, il che non consente ancora la piena diffusione di applicazioni avanzate. Colmare queste lacune è essenziale per liberare il potenziale del 5G e rendere possibile l’introduzione di nuovi servizi con un elevato valore economico e sociale, come la mobilità connessa e automatizzata, la produzione avanzata, i sistemi energetici intelligenti o la sanità elettronica.

L’erogazione di servizi pubblici essenziali online è diffusa nella maggior parte degli Stati membri dell’Ue. In vista del lancio di un portafoglio europeo di identità digitale, 25 Stati membri dispongono di almeno un regime di identificazione elettronica, ma solo 18 di essi dispongono di uno o più regimi di identificazione elettronica notificati a norma del regolamento eIdas, il che rappresenta un fattore chiave per la sicurezza delle operazioni digitali transfrontaliere.

I commenti

“Accogliamo con soddisfazione i nuovi dati dell’indice Desi dove l’Italia guadagna due posizioni rispetto al 2021 e si pone in 18esima posizione nel ranking europeo – ha commentato Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform –   Grazie al lavoro congiunto di imprese e Governo sono migliorate la connettività e l’integrazione delle tecnologie digitali dove l’Italia è sopra la media europea, mentre permangono alcune carenze su competenze digitali, digitalizzazione delle Pmi e diffusione di reti 5G avanzate. I dati ci dicono che stiamo andando nella giusta direzione e il nostro settore si conferma leader della crescita del nostro Paese”.

Come Associazione riteniamo fondamentale che nei prossimi mesi prosegua il percorso di attuazione dei progetti del Pnrr – in particolare la missione 1 – dove sarà necessario un lavoro congiunto di imprese e istituzioni per favorire la formazione di giovani, Neet e lavoratori attivi sulle competenze specialistiche Ict. Su quest’ultimo fronte garantiremo il massimo del nostro impegno”.

Assintel pur evidenziando il risultato incoraggiante, sottolinea la necessità di focalizzare l’attenzione sulle competenze.

“Ignorare lo skill shortage in Italia è impossibile e occorre trovare soluzioni nell’immediato”, commenta Paola Generali, Presidente Assintel. “A questo proposito, accogliamo con entusiasmo la riforma degli Its, che permette di potenziare una valida alternativa al mondo accademico e che storicamente lavora molto bene al fianco delle imprese del territorio”.

Il Pnrr – secondo l’associazione – è e rimane lo strumento principe per dare slancio al processo di trasformazione digitale in atto, ma per sfruttarne al massimo le potenzialità occorre interpretarlo nella maniera corretta. È decisivo dunque finanziare l’innovazione, costruendo un framework che faciliti la partecipazione delle Pmi, anticipi gli investimenti e valorizzi il Made in Italy digitale.

“I risultati dell’indice Desi confermano la nostra percezione: la digitalizzazione in Italia è in crescita da tempo. Questa crescita va però sostenuta e consolidata. Il Pnrr è uno degli strumenti da sfruttare, anche se non è l’unico”, continua Generali.

“È necessario un coinvolgimento massivo delle Pmi sia della domanda che dell’offerta digitale. Le piccole e medie imprese rappresentano l’essenza del tessuto imprenditoriale nazionale e sono il tassello fondamentale per colmare il divario con gli altri Paesi europei. Auspichiamo che questa visione rappresenti il core dei futuri programmi politici, al fine di migliorare ancora di più il nostro indice Desi e posizionarci finalmente al livello dei Paesi europei più virtuosi”.

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