LO STUDIO

Digital board director: una professione in crescita, ma l’Italia è al palo

Uno studio Russell Reynolds Associates traccia il ritratto dei nuovi professionisti dell’Ict. In due anni raddoppiati i posti di lavoro, soprattutto negli Usa dove il 24% delle aziende ha istituito la nuova figura. Il nostro Paese fanalino di coda: meno del 2% delle imprese è “highly digital”

Pubblicato il 15 Dic 2014

F.Me.

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Sono in aumento, sono sempre più donne e, per la maggior parte, lavorano nei settori della tecnologia, dei consumi e dell’healthcare. Si tratta del Digital Board Director, figura nata di recente ma che negli ultimi anni ha avuto una rapida diffusione. A dirlo è il 2014 Digital Board Director Study della Russell Reynolds Associates, che ha fotografato il panorama attuale, censendo 300 società attive negli Stati Uniti, in Europa, in Asia e in Oceania.

Tre gli elementi chiave dello studio. Il primo riguarda l’aumento dei posti di lavoro: rispetto al biennio 2010-2012, negli ultimi due anni il numero dei Digital Board Director assunti nelle aziende è raddoppiato, passando da 20 a 39. Di questi – qui il secondo elemento – il 36% dei Digital Non-Executive Directors si è fatto le ossa in aziende come Microsoft, eBay, Google, Apple e Yahoo!. In questo contesto le donne rappresentano il 31% dei Digital Board Director, mentre tra i non digitali sono
il 18%

Leggendo lo studio, colpisce il divario che esiste tra il Nuovo e il Vecchio Continente. I consigli di amministrazione delle 100 più importanti aziende europee sono molto meno digitalizzate di quelle statunitensi. Il 24% delle compagnie che rientrano nella Fortune 100 statunitense hanno almeno due Digital Board Director nei loro Cda, contro il 4% dell’Europa.

Questo gap deriva dalla posizione predominanate che gli Usa hanno avuto per molti anni nell’ambito dell’innovazione digitale. In America sono riusciti a sviluppare un bacino ricco di talenti, consapevoli che la presenza nei Cda di persone con sviluppate competenze digitali può determinare il successo di un’azienda. La presenza dei Digital Board Director è concentrata soprattutto in alcuni settori. Tra le aziende impegnate nell’ambito della tecnologia, il 48% ha infatti almeno un Digital Board Director. Seguono i consumi (42%), l’healthcare (39%), i servizi finanziari (13%) e l’industria (4%).

Al primo posto tra le aziende considerate Highly Digital (che possono cioè vantare almeno due o più Digital Board Director), ci sono proprio i settori tecnologici: il 33% infatti rientra in questa definizione, contro il 28% di quelle che operano nei consumi e il 4% della finanza. Altri dati rilevanti sono la presenza femminile e la seniority: lo studio di RRA mostra che nel 31% dei casi il Digital Board Director è una donna e l’età media di coloro che ricoprono questo ruolo è di 51 anni, contro i 62 anni di coloro che vengono definiti Non Digital Board Director. Viene sfatato il mito secondo il quale i Digital Board Directors sarebbero per la maggior parte dei nativi digitali: in realtà solo il 4% di loro ha meno di 40 anni.

Se guardiamo all’Europa, vediamo che ben l’88% del campione non ha alcuna presenza digitale. In Gran Bretagna, Germania e nei Paesi nordici, i board hanno competenze digitali più strutturate, mentre in Francia si polarizzano alcune eccellenze.

In Italia il panorama è più desolato, con rare (sebbene qualificate) presenze, concentrate in società più esposte alle dinamiche della competizione globale. Segnali interessanti, tuttavia, derivano da alcune multinazionali tascabili (soprattutto nei servizi a tecnologia avanzata e nel lusso accessibile) e nei board delle consociate estere di grandi gruppi multinazionali. In particolare, tra le società appartenenti al Ftse Mib, meno del 2% delle aziende può essere definito Highly Digital, mentre solo il 10% può essere considerato Partially Digital (presenza di un solo Digital Board Director).

Complessivamente i risultati della ricerca evidenziano che, anche se negli ultimi anni questa figura ha avuto una crescita esponenziale, attualmente la maggioranza dei cda non è digitalizzata. Solo il 10% può infatti essere classificato come High Digital mentre l’80% rimane Non Digital.

Secondo Alberto Amaglio, Managing Director e Country Manager Italia di Russell Reynolds, “la sfida della “quota digitale” nei board rappresenta un fattore di ulteriore accelerazione per la crescita delle aziende virtuose e uno stimolo al turnaround creativo per chi è focalizzato solo sul taglio della struttura di costi. La seniority limitata dei talenti locali non deve essere considerata un ostacolo e l’opportunità di cooptare board memeber digitali dall’estero costituisce un’ulteriore opportunità per sprovincializzare e rilanciare il sistema economico nazionale”.

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