Digital economy, Catania: “Non basta l’industria, anche la PA sia 4.0”

Il presidente di Confindustria digitale: “Viviamo un momento senza precedenti: ci sono incentivi, c’è la disponibilità del sistema bancario: le imprese non si lascino scappare quest’occasione. E impariamo ad anticipare i cambiamenti, a partire dalla macchina dello Stato”

Pubblicato il 22 Nov 2016

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“Stiamo vivendo una fase che non vedevamo da anni. Con Industria 4.0 abbiamo finalmente una politica industriale incentrata sull’innovazione. È un momento senza precedenti: mai sono state messe al centro dell’agenda di governo così tante risorse. Ci sono gli incentivi, c’è la disponibilità del sistema bancario, ora sta agli imprenditori crederci. Non facciamoci scappare quest’occasione. Perché difficilmente tornerà”. Lo afferma Elio Catania, presidente di Confindustria digitale, in un’intervista la Corriere della sera al termine dell’incontro organizzato a Firenze da Aspen Institute. “Per rendere davvero competitivo il nostro Paese – prosegue – a fianco del piano Industria 4.0 ci vorrebbe uno Stato, una Pubblica amministrazione 4.0. Negli ultimi 15 anni la mancata innovazione dell’economia italiana e della Pa ci ha fatto accumulare un ritardo importante: paghiamo in competitività, in mancata crescita e in occupazione”.

Il ritardo dell’Italia nell’economia digitale, spiega Catania, vale due punti di Pil, mezzo milione di posti di lavoro, venticinque miliardi di investimenti in meno l’anno. Un gap per recuperare il quale c’è bisogno di una strategia coerente e ben delineata: “Deve essere chiaro che quando si parla di rivoluzione digitale non c’è semplicemente in gioco una nuova tecnologia. Noi, di fronte, abbiamo la prospettiva di riprogettare il Paese, riorientando gli investimenti pubblici e privati verso l’innovazione – sottolinea Catania – Dietro l’Internet delle cose, il cloud e i big data c’è un nuovo modello economico. Per questo parliamo di rivoluzione. Ora, però, arriva la fase più complicata: non è più il tempo dei convegni, oggi dobbiamo scaricare a terra questa consapevolezza e tradurla in fatti”.

Poi Catania esprime apprezzamente per il piano industria 4.0 recentemente varato dal governo: “Vedo molto interesse negli imprenditori, che però ci chiedono come fare a introdurre queste nuove logiche nel loro modello produttivo senza fare tabula rasa del bagaglio di esperienze che si portano dietro – spiega – Il nostro roadshow per l’Italia serve proprio a questo. Siamo partiti da Ancona, poi siamo andati a Ivrea, ora andremo nel Veneto e a gennaio intensificheremo le tappe. Entro il 2017 ne faremo 25. Inoltre stiamo realizzando dei digital innovation hub, sedi a dimensione regionale in cui le Pmi potranno trovare i canali di accesso alle informazioni, agli incentivi, alle tecnologie, alle competenze e alle startup per digitalizzare le proprie attività”.

A facilitare la rivoluzione interviene anche il piano per la banda utralarga del Governo, “ma il territorio va rimappato a seconda delle esigenze delle imprese. E tuttavia un fatto che, a fronte di uno sforzo infrastrutturale importante da parte degli operatori privati, sia la domanda ancora a languire. È una questione culturale”.

Infine la questione delle competenze digitali: “Ci mancano data scientist, web analist, robot cooperative manager – afferma Catania – Avremmo dovuto formarli sei anni fa. Siamo anche in questo caso in ritardo. Impariamo la lezione: oggi il mondo si trasforma velocemente e l’Italia deve essere capace di anticipare i cambiamenti. A cominciare dalla macchina dello Stato. Che non è in linea con i tempi. Si tratta di un passaggio inevitabile: ecco perché è necessario che anche la Pubblica amministrazione s’impegni per ridisegnare i propri processi di funzionamento. Lo dico al governo: a fianco di un’Industria 4.0 serve una Pa 4.0”.

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