IL PROCEDIMENTO

Digital Markets Act: via all’indagine Ue su Alphabet, Apple e Meta

Secondo la Commissione i servizi Google Play e Search, l’App Store e la schermata di ricerca di Safari, e il modello “pay or consent” di Meta non rispetterebbero gli obblighi imposti dalle nuove regole. Vestager: “Vogliamo garantire mercati aperti”. Ma la Computer & Communications Industry Association non ci sta: “Decisione prematura, a rischio la collaborazione con le imprese per attuare le norme”

Pubblicato il 25 Mar 2024

vestager-160204174450

Digital Markets Act, la Ue affila le armi contro le big tech. La Commissione europea ha avviato un’indagine di non conformità contro Alphabet, Apple e Meta nell’ambito del Digital Markets Act (Dma), la legge sui mercati digitali: nel mirino ci sono i servizi Google Play e Google Search, l’App Store e la schermata di ricerca di Safari, il “modello di pagamento e consenso” di Meta, che controlla Facebook.

I motivi dell’indagine

La Commissione sospetta che le misure messe in atto non siano in grado di garantire un effettivo adempimento agli obblighi imposti dal Dma. Inoltre, Bruxelles ha avviato indagini sulla nuova struttura tariffaria di Apple per gli app store alternativi e sulle pratiche di ranking di Amazon sul suo marketplace. Infine, ha ordinato alle società di conservare determinati documenti per monitorare l’effettiva implementazione e il rispetto dei loro obblighi.

L’indagine dovrebbe concludersi entro 12 mesi.

Vestager: “Vogliamo garantire mercati digitali aperti”

“Esprimiamo preoccupazione e continuiamo a monitorare attentamente la situazione. In generale, vogliamo che il Dma sia applicato con precisione e facciamo in modo che nessuna società cerchi di aggirare le regole”, ha spiegato la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager, sottolineando che la Commissione “lavora sempre con tutte le parti coinvolte per verificare se ci siano irregolarità”.

La Commissaria ha spiegato che, al momento, l’indagine è stata avviata a carico di alcune società, ma “non è detto che non siano coinvolte altri gruppi, se emergeranno criticità”.

Le sanzioni

In caso di violazione, la Commissione può imporre multe fino al 10% del fatturato totale della società a livello globale, che possono salire al 20% in caso di violazione reiterata. Più nel dettaglio, la Commissione ha avviato un procedimento per valutare se le misure attuate da Alphabet e Apple in relazione ai loro obblighi sugli app store violino il Dma: l’articolo 5 del Dma impone ai gatekeeper di consentire agli sviluppatori di app di “indirizzare” (steer) i consumatori verso offerte al di fuori degli app store, gratuitamente.

I servizi del mirino della Ue

La Commissione vuole inoltre accertare se la visualizzazione da parte di Alphabet dei risultati di ricerca di Google possa portare all’autoreferenzialità in relazione ai servizi di ricerca verticali di Google (per esempio, Google Shopping, Google Flights e Google Hotels) rispetto a servizi analoghi dei concorrenti.

La Commissione teme che le misure attuate da Alphabet per conformarsi al Dma possano non garantire che i servizi di terzi che compaiono nella pagina dei risultati di ricerca di Google siano trattati in maniera equa e non discriminatoria, come previsto dall’articolo 6 del Dma. Per quanto riguarda Apple, l’indagine riguarda le misure adottate per ottemperare agli obblighi di consentire agli utenti finali di disinstallare facilmente tutte le applicazioni software su iOS e modificare facilmente le impostazioni predefinite su iOS. La Commissione teme che le misure adottate da Apple, tra cui la progettazione della schermata di scelta del browser, possano impedire agli utenti di esercitare realmente la loro scelta di servizi all’interno dell’ecosistema Apple, in violazione dell’articolo 6 del Dma.

Infine, la Commissione ha avviato un procedimento nei confronti di Meta per verificare se il modello “pay or consent” recentemente introdotto per gli utenti nell’Ue sia conforme all’articolo 5, paragrafo 2, del Dma. modello “pay or consent” recentemente introdotto per gli utenti nell’UE sia conforme all’articolo 5 del Dma, che impone ai gatekeeper di ottenere il consenso degli utenti quando intendono combinare o utilizzare in modo incrociato i loro dati personali tra i diversi servizi della piattaforma principale.

Alphabet: “Difenderemo nostro approccio”

Alphabet fa sapere che è pronta a difendere il suo approccio. “Per ottemperare al Digital Markets Act, abbiamo apportato significativi cambiamenti al nostro modo di operare in Europa – spiega Oliver Bethell, direttore per la Concorrenza di Google –  Nell’ultimo anno ci siamo confrontati con la Commissione Europea, stakeholder e terze parti in numerose occasioni, con l’obiettivo di ricevere e rispondere ai feedback e di bilanciare esigenze contrastanti dell’intero ecosistema. Continueremo a difendere il nostro approccio nei prossimi mesi”.

I timori delle imprese

Ma per il mondo delle imprese tech l’avvio delle prime indagini preliminari nell’ambito della legge sui mercati digitali (Dma), a pochi giorni dalla scadenza del termine per l’adeguamento alla normativa, mette in crisi l’idea che le aziende e la Commissione europea lavorino insieme per attuare con successo il Dma. In una nota il vicepresidente senior e responsabile della Ccia Europa (Computer & Communications Industry Association), Daniel Friedlaender, dopo la decisione dell’avvio delle indagini da parte della Commissione europea sulla non conformita’ di Apple, Meta e Alphabet alla legge sui mercati digitali.

“La tempistica di questi annunci, mentre i lavori sulla conformità al Dma sono ancora in corso, fa pensare che la Commissione possa cogliere la palla al balzo – commenta in una nota il vicepresidente senior e responsabile della Ccia Europa (Computer & Communications Industry Association), Daniel Friedlaender – A parte i possibili risultati, questa mossa rischia di confermare i timori del settore che il processo di conformita’ al Dma possa finire per essere politicizzato”.

“I lavori sul Dma della scorsa settimana hanno evidenziato molte aree di incertezza legate all’implementazione dove diversi settori e gruppi di richiedenti accesso hanno espresso richieste diametralmente opposte, che non saranno facilmente risolte. Molti rischi e opportunita’ sono ancora in fase di revisione, quindi l’avvio di indagini sembra prematuro – evidenzia il manager – Invece di ricorrere a misure punitive, speriamo che queste indagini siano un’altra occasione per le aziende impegnate a rispettare il Dma di avere un dialogo aperto con la Commissione, lavorando insieme per ottenere mercati digitali equi e contendibili. Questo è il tipo di ambiente collaborativo che il Dma dovrebbe promuovere”.

Cosa prevede il Dma: definizioni e regole

In base al Dma la Commissione europea ha designato i gatekeeper: sei piattaforme con un fatturato annuo di almeno 7,5 miliardi di euro all’interno dell’Ue negli ultimi tre anni, una valutazione di mercato superiore ai 75 miliardi di euro, almeno 45 milioni di utenti finali mensili e 10 mila utenti aziendali stabiliti nell’Ue. Tra gli altri criteri c’è anche il controllo di uno o più servizi di piattaforma di base in almeno tre Paesi membri dell’Unione.

Rispetto alla definizione di servizi di piattaforma essenziali, sono 22 quelli designati dalla Commissione Ue: compaiono social network (TikTok, Facebook, Instagram e LinkedIn), browser (Safari e Chrome), sistemi operativi (Google Android, iOs e Windows Pc Os), software per spazi pubblicitari (Google, Amazon e Meta), servizi di intermediazione (Google Maps, Google Play, Google Shopping, Amazon Marketplace, App Store e Meta Marketplace) e di messaggistica (WhatsApp e Messenger), ma anche Google Search (come motore di ricerca) e YouTube (come piattaforma di condivisione video).

Entrata in vigore il 1° novembre 2022 – e con le regole applicate dopo un periodo di adeguamento di sei mesi – la legge sui mercati digitali specifica con precisione le caratteristiche non solo per identificare i ‘controllori’ dell’accesso al mercato digitale, ma anche i loro obblighi. I gatekeeper devono garantire il diritto degli utenti di disdire l’abbonamento ai servizi della piattaforma principale e l’interoperabilità delle funzionalità di base dei servizi di messaggistica istantanea. In altre parole, i più grandi servizi di messaggistica devono aprirsi all’interoperabilità con le piattaforme più piccole, dando agli utenti più scelta nello scambiarsi messaggi, inviare file o fare videochiamate attraverso le app di messaggistica. Deve poi essere garantito un “accesso equo” alle funzionalità degli smartphone agli sviluppatori di app e i venditori dovranno poter aver accesso ai propri dati sul marketing nelle piattaforme online. Ma soprattutto la Commissione Ue deve essere sempre informata sulle fusioni, per evitare le cosiddette killer acquisition, ovvero le acquisizioni di società emergenti da parte delle aziende che dominano il mercato digitale.

È vietato inoltre pre-installare sui dispositivi determinate applicazioni software o richiedere agli sviluppatori di app di utilizzare determinati servizi per comparire negli app store, classificare più in alto i propri prodotti e servizi e riutilizzare i dati privati raccolti ai fini di un altro servizio.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4