BUSINESS DEVELOPMENT

Digital transition, il 56% delle midcap italiane ha una visione chiara

Mediobanca Research mappa la maturità delle medie aziende, in collaborazione con Google, attraverso un sistema di rating che ha preso in esame 600 realtà rappresentative del 6% del totale nazionale. Solo il 5% conquista la qualifica di “innovatore”, nel cluster “principianti” il 39%. La penuria di competenze e processi aziendali poco integrati i principali colli di bottiglia

Pubblicato il 23 Gen 2024

Transizione digitale e sviluppo del business sono temi da considerare sempre più indissolubilmente intrecciati quando si parla di macro e microeconomia. Ma qual è il grado di maturità e consapevolezza delle imprese italiane rispetto a questa realtà? Il 56% delle organizzazioni può essere considerato “sperimentatore”, ovvero dotato di una chiara visione digitale pur in presenza di margini di miglioramento nell’utilizzo di strumenti a supporto del processo di innovazione. A dirlo è lo studio intitolato “It’s all about IT”, presentato in occasione della Mid Cap Conference (di scena in questi giorni a Milano) e realizzato da Mediobanca Research in collaborazione con Google, che ha contribuito all’identificazione delle tecnologie con potenziale trasformativo.

I parametri utilizzati per svolgere l’indagine

Per condurre la propria indagine Mediobanca Research ha sviluppato un sistema di rating proprietario che valuta la maturità digitale di ciascuna impresa. Si tratta di una classificazione in “innovatori”, “sperimentatori” o “principianti” ideata a partire dall’analisi di cinque aree: infrastruttura digitale, uso dei canali digitali, analisi dei dati, competenze digitali, tecnologie all’avanguardia come l’intelligenza artificiale.

Nel contesto della ricerca, grazie alla collaborazione di Area Studi Mediobanca, sono state sondate circa 600 medie imprese rappresentative del 6% del totale nazionale. Il campione evidenzia una concentrazione verso le imprese del Nord Italia, attive nel settore manifatturiero e orientate all’export (il 50% delle imprese genera più del 50% del fatturato al di fuori dell’Italia). Per quantità e composizione il campione risulta statisticamente significativo, consentendo di trarre conclusioni generali per il settore manifatturiero italiano, espressione del 40% del valore aggiunto nazionale e del 19% del comparto a livello europeo.

Un quadro incoraggiante per il futuro

Come detto, quindi, oltre metà del campione ha maturato una visione chiara rispetto alla digital transformation. Rientra invece nel cluster delle aziende “principianti” il 39% delle organizzazioni sondate, anche se molte di queste aziende hanno già intrapreso un percorso virtuoso e non sarebbero dunque lontane da una promozione a “sperimentatore”.

Soltanto il 5% del campione conquista il rating di “innovatore”, grazie a un’elevata visione digitale ben integrata nei processi aziendali. Un approccio virtuoso secondo la ricerca: queste aziende hanno infatti beneficiato di tassi di crescita degli utili e delle esportazioni strutturalmente superiori a quelle concorrenti, doppiando le imprese meno digitalizzate in termini di tasse pagate e crescita della forza lavoro.

Nel complesso, Mediobanca parla di un quadro dell’ecosistema delle medie imprese incoraggiante per il futuro, confermato dalle risposte di un’azienda su quattro circa la “forte comprensione che avere una strategia digitale è fondamentale per garantire la propria crescita o sopravvivenza”.

Tra le aree di intervento che le imprese considerano prioritarie vi è quella della revisione dei processi interni con necessità, in particolare, di integrare e rafforzare strumenti e piattaforme digitali di marketing a supporto dell’attività di vendita. Circa il 30% del campione sceglie canali digitali per raggiungere i clienti e pubblicizzare prodotti o servizi, ma non finalizza il processo di acquisto online. Anche per i sistemi Crm la transizione si ferma spesso a metà. I software che supportano la gestione della clientela non sono utilizzati in maniera efficiente o integrata in almeno il 40% dei casi, perché non utilizzati trasversalmente da tutte le divisioni di business o perché connessi ad altri sistemi, in alcuni casi non digitali.

Le opportunità e le sfide della trasformazione digitale

In termini di crescita un incremento contenuto degli investimenti consentirebbe alle imprese “sperimentatrici” di diventare “innovatrici”. Guardando ai dati aggregati, un investimento con impatti sostenibili sui saldi di finanza pubblica (stimato intorno a 28 miliardi di euro) consentirebbe di elevare l’intero settore manifatturiero italiano al rating “innovatore”.

“Stimiamo che questo impulso allo sviluppo delle imprese sprigionerebbe una maggiore crescita del pil nazionale dello 0,7% nei prossimi cinque anni”, afferma Andrea Filtri, Co-Head di Mediobanca Research.

Lo studio, oltre a stimare l’incidenza degli investimenti tecnologici sulla crescita strutturale delle imprese, identifica le sfide che si incontrano lungo il percorso di trasformazione digitale e individua iniziative utili ad accelerare il processo.

Tra i maggiori ostacoli alla digitalizzazione delle aziende si segnalano la carenza di lavoratori digitalmente alfabetizzati, i processi aziendali poco digitalizzati e/o integrati tra loro e la necessità di sostenere investimenti elevati a livello di singola impresa. Intervenire su questi colli di bottiglia avrebbe dunque effetti molto significativi per la velocizzazione della trasformazione digitale. In particolare, l’introduzione dell’educazione digitale in età scolastica, la riforma degli istituti tecnici superiori e la riqualificazione della forza lavoro sono le leve utili a garantire la formazione di capitale umano digitalmente alfabetizzato.

Fondamentale inoltre, nell’ottica della gestione finanziaria, una riformulazione degli incentivi fiscali legati a investimenti tecnologici che preveda crediti d’imposta per importi tali da coprire almeno il costo di finanziamento, una parte sia dei costi di implementazione che di quelli di aggiornamento del software di macchinari non obsoleti e che garantisca una loro maggiore stabilità nel tempo, al fine di consentire visibilità sugli investimenti in un arco pluriennale.

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