SICUREZZA

Dl terrorismo, Renzi stoppa i controlli sui Pc

Stralciata dal testo all’esame della Camera la norma che consentiva di acquisire dati sulle comunicazioni digitali dei cittadini. “Un tema delicato che verrà affrontato in maniera più esaustiva nel provvedimento sulle intercettazioni”, spiegano dal Governo. Il plauso del Garante Privacy: “Bene le modifiche”

Pubblicato il 26 Mar 2015

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Matteo Renzi ha chiesto ed ottenuto lo stralcio dal dl antiterrorismo del passaggio che consente di “frugare” nel computer dei cittadini. Un tema delicato e importante, spiegano fonti di Governo, che verrà affrontato in maniera più complessiva nel provvedimento sulle intercettazioni già in esame in Commissione.

L’emendamento stralciato prevedeva che procuratore potesse conservare i dati di traffico fino a due anni. Inoltre la polizia avrebbe poututo usare programmi per acquisire “da remoto” le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico. Una modifica all’articolo 266 bis del codice di procedura penale, prevedeva inoltre “’intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici ovvero intercorrente tra più sistemi, anche attraverso – questa è l’aggiunta apportata durante l’esame in commissione – l’impiego di strumenti o di programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema informatico”.

Apprezzamento per la decisione del governo è stata espressa dal Garante Privacy, Antonello Soro. “Meritano apprezzamento le modifiche apportate questa mattina, in Commissione, al decreto anti-terrorismo, Lo stralcio della norma sulle intercettazioni da remoto consentirà un supplemento di riflessione, quanto mai necessario quando sono in gioco libertà e diritti fondamentali – spiega – E bene anche le correzioni apportate alla norma che estendeva “a regime”, in misura eccessiva e non selettiva rispetto al tipo di reato, i tempi di conservazione dei dati di traffico. Dimostra, infine, di cogliere alcuni dei nostri rilievi, la limitazione delle nuove ipotesi di ammissibilità delle intercettazioni preventive ai soli reati di terrorismo, per evitare un’estensione eccessiva e probabilmente neppure utile di strumenti investigativi così invasivi”.

Ieri ilSoro, aveva criticato la misura: “L’equilibrio tra protezione dati ed esigenze investigative sembra sbilanciato verso queste ultime, che probabilmente non vengono neppure realmente garantite da strumenti investigativi privi della necessaria selettività”, aveva sottolineato.

Ma per gli Stati Generali dell’Innovazione lo stralcio non basta. L’associazione “chiede che il Governo e il Parlamento intervengano rapidamente e in modo definitivo sull’emendamento governativo che, forse per un errore tecnico, modifica l’articolo 266-bis, comma 1, del codice di procedura penale consentendo l’intercettazione sulla rete e l’accesso ai contenuti privati degli utenti per tutti i reati ‘commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche” e non solo quelli di matrice terroristica.

“Un emendamento che rende l’Italia il Paese più arretrato in Europa sulla libertà in rete e che va in netto contrasto con l’iniziativa della Presidente Boldrini sui diritti di Internet – si legge in una nota di Sgi – Chiediamo che il Governo rimedi prontamente, andando oltre lo stralcio oggi deciso,riconducendo l’intervento al solo ambito terroristico, sulla base degli emendamenti presentati dal deputato Quintarelli, e chiediamo a tutti i deputati e in particolare a quelli che partecipano dell’Integruppo per l’Innovazione Tecnologica, che già si sono attivati per evidenziare al Governo i danni dell’emendamento, di intervenire per ripristinare lo stato di diritto”.

Il primo a lanciare l’allarme, ieri, sulla misura “griga-Pc” era stato il deputato di Sc, Stefano Quintarelli. Intervistato da Repubblica.it, spiegava: “Nessuno può mettere in dubbio la necessità di adeguare la legislazione italiana alle nuove guerre che si combattono nel cyberspazio o alla repressione dei crimini perpetrati attraverso gli strumenti che Internet mette a disposizione”.

“Ma la modifica all’articolo 266-bis, comma 1, del codice di procedura penale, presente nel cosiddetto decreto antiterrorismo introdurrebbe per la prima volta la possibilità di spiare dentro il computer di ogni singolo cittadino sospettato di qualsiasi reato e non solo di quelli di matrice terroristica”.

Secondo il deputato con questa legge l’Italia sarebbe diventato il primo paese europeo a rendere legale in maniera esplicita e in via generalizzata l’autorizzazione alle “remote computer searches” e all’utilizzo di software occulti da parte dello Stato per indagare tutti i reati “commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche.”

“Non si tratta di una semplice intercettazione, che parte da un certo momento in poi, ma si tratta dell’acquisizione di tutte le comunicazioni fatte in digitale dal proprio computer” violando il domicilio informatico dei cittadini e riunendo quattro differenti metodologie di indagine: le ispezioni, le perquisizioni, l’intercettazione delle comunicazioni e l’acquisizione occulta di documenti e dati anche personali, sottolineava. “In pratica si rende possibile entrare nei computer delle persone e di guardare nel loro passato usando software nascosti. Significa che fra dieci anni qualcuno potrà leggere quello che Matteo Renzi ha scritto quando stava al liceo o ‘acquisire tutta la vita’ della persona oggetto di indagine”. Per questo motivo il deputato ha depositato questa mattina due proposte di modifica: una riguarda l’abrogazione del comma, la seconda invita a chiarire che il motivo dell’intervento deve essere limitato solo ai reati di terrorismo. Se invece la legge passasse così com’è ci ha detto, “da domani per qualsiasi reato commesso con un computer – dalla violazione del copyright ai reati d’opinione – sarà consentito violare da remoto in modo occulto il domicilio informatico dei cittadini”.

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