IL PROGETTO

Ecco “Cubetto”, robot di legno che insegna il coding ai bambini

Il gioco realizzato con Arduino al centro di una campagna di crowdfunding su Kickstater. A sostenerlo Massimo Banzi e Randi Zuckerberg, sorella del fondatore di Facebook

Pubblicato il 16 Mar 2016

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Il lancio di “Cubetto” è avvenuto con una campagna sul sito di crowdfunding Kickstarter: si tratta di un gioco, ideato secondo i principi del metodo Montessori e pensato per i bambini a partire dai tre anni. L’obiettivo è quello di insegnare loro le basi della programmazione informatica e le competenze “Stem” (science, technology, engineering, and mathematics) senza utilizzare lo schermo di un computer.

Il “Cubetto Playset” è composto da un piccolo robot di legno, da una console per programmarlo formata da 16 blocchetti colorati, una mappa e un libro delle attività per insegnare ai piccoli come iniziare.

Il gioco fa parte del programma “Arduino At Heart program, ed è il prodotto di punta di Primo Toys, che ha ottenuto tramite crowfunding finanziamenti per più di 438mila dollari, grazie anche al sostegno di investitori come Randi Zuckerberg, sorella di Mark, il fondatore di Facebook, e Massimo Banzi, cofondatore di Arduino. I primi che acquisteranno il prodotto, assicurano i produttori, lo riceveranno in tempo per l’inizio dell’anno scolastico 2016-2017.

“Imparare a programmare nei primi anni di vita è essenziale – spiega Filippo Yacob, cofondatore e Ceo di Cubetto – ma è anche un’esperienza divertente, giocosa e adatta all’età. La nostra missione è di aiutare I bambini a sviluppare a pieno il loro potenziale creativo”.

“Quando penso a sostenere un prodotto o un’azienda – spiega Randi Zuckerberg – mi chiedo se darei quell’oggetto in mano a miei figli, o se lo vorrei nella mia casa. Ciò che mi piace di Cubetto è che darà a tanti bambini e bambine in tutto il mondo l’opportunità di imparare le basi del coding senza essere risucchiati dallo schermo di un computer. Come mamma, questo è il mio sogno”.

“Un aspetto importante di questo prodotto – spiega Massimo Banzi – è che è ‘open’. Consente ai bambini che lo usano di scoprire nuovi modi per giocare e interagire accompagnandoli nella loro crescita. E’ un gioco che non diventa mai obsoleto, e che può evolversi e diventare un punto di partenza per ulteriori scoperte e occasioni d’apprendimento”.

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