Ora che Kyndryl ha cominciato ufficialmente a camminare con le sue gambe, Ibm deve pensare a cosa vuole fare della sua seconda giovinezza. Dopo lo spin-off con cui Big Blue ha separato le attività di sviluppo tecnologico e consulenza per la trasformazione digitale dall’offerta di servizi infrastrutturali – confluita per l’appunto nella newco – le priorità strategiche della proposition del gruppo sono due: hybrid cloud e artificial intelligence, da sviluppare in un ecosistema aperto e collaborativo.
Questo significa che al di là delle partnership complementari consolidate (con player come Sap, Adobe, Oracle, Salesforce e Servicenow), Ibm lavorerà anche al fianco di società che sulla carta sono concorrenti più o meno diretti. “Data l’eterogeneità dei moderni ambienti cloud, anche Microsoft e Aws sono partner con cui lavoreremo gomito a gomito per valorizzare gli investimenti”. A dirlo è lo stesso Stefano Rebattoni, amministratore delegato di Ibm Italia, che stamattina ha incontrato a Milano la stampa specializzata per condividere la roadmap del gruppo per i prossimi anni. Una rotta che naturalmente si interseca con quella del Pnrr, su cui Ibm intende fare leva per affiancare Pubblica amministrazione, grandi e piccole imprese e system integrator nel disegnare i processi di modernizzazione applicativa necessari ad accogliere il cloud computing “attraverso infrastrutture aperte e interoperabili e piattaforme digitali”, ha detto Rebattoni. “In questo senso, vogliamo essere una digital platform company focalizzata sui temi dell’automation, dell’artificial intelligence e del transaction processing”.
Lo studio Ambrosetti sulla competitività del sistema Italia
Secondo Rebattoni le sfide per la competitività dell’Italia e le risorse incluse nel Pnrr vanno viste come un’opportunità per la trasformazione del Paese, che anche prima dell’emergenza Covid non brillava certo nello scenario economico europeo. Secondo uno studio realizzato da Ambrosetti per Ibm, infatti, il Pil italiano ha conosciuto una crescita media annua pari allo 0,4% dal 1995 al 2019. “Sono mancate le energie di sistema. Se la produttività del capitale e del lavoro è allineata con quella dei Paesi con cui ci confrontiamo, negli anni è venuto a mancare il contributo delle buone pratiche manageriali, capitale umano adeguatamente formato e diversificato”, ha commentato Maurizio Decollanz, direttore della comunicazione di Ibm Italia. “Nel 2021 l’Italia è destinata a produrre più valore della media europea, ma se non interviene un cambiamento, presto o tardi le energie finanziarie che oggi abbiamo a disposizione perderanno slancio, riportando la crescita al di sotto di quella degli altri Paesi. Se riuscissimo invece a mantenere lo stesso tasso di crescita del Pil della media europea potremmo generare 151 miliardi di euro aggiuntivi nel periodo compreso tra il 2022 e il 2026”.
La priorità, dunque, è cercare di stimolare una performance duratura sfruttando l’iniezione di capitali che secondo il Pnrr dovrebbe sostenere la digitalizzazione della Pa (circa 9,8 miliardi di euro tra operazioni di migrazione dei dati, creazione di sistemi interoperabili e potenziamento della cybersecurity, il tutto a sostegno di una migliore offerta di servizi digitali ai cittadini) e del sistema produttivo nel suo complesso (23,9 miliardi a cavallo di tecnologie 4.0, reti a banda ultralarga e dematerializzazione dei processi). “In particolare gli investimenti in capacità ultrabroadband e nella space economy forniranno una spinta innovativa per la creazione di nuovi business e di nuove tipologie di occupazione in chiave cross-industry”, ha aggiunto Decollanz, precisando che la trasformazione sarà possibile anche grazie al fiorire di nuove competenze: secondo lo studio, dal 2022 al 2025 il numero di professionisti della scienza dei dati crescerà infatti del 42%.
Il ruolo della “nuova” Ibm
In questo contesto si inserisce quella che Rebattoni definisce la trasformazione più significativa degli ultimi 50 anni di Ibm. “Una trasformazione che ha preso le mosse dall’ascolto delle organizzazioni per cui lavoriamo, le cui esigenze – come confermano anche le analisi di Idc – ruotano attorno al miglioramento dell’efficienza operativa, della soddisfazione del cliente finale e dei profitti. La nuova Ibm affiancherà dunque imprese e pubbliche amministrazioni seguendo una strategia semplice, basata su due capisaldi, che si riconfigurano nelle linee di business Technology e Consulting. La prima, da sempre nel nostro Dna, prevede la focalizzazione e la specializzazione sul design, sullo sviluppo e sulla produzione di hardware e software, oltre che un incremento delle nostre competenze attraverso acquisizioni e formazione interna”.
In particolare, saranno quattro le aree su cui si concentreranno gli sforzi di Ibm, ognuna associata a una parola d’ordine e a obiettivi di crescita a doppia cifra anno su anno: Predict, Automate, Secure, Modernize. D’altra parte, Rebattoni ha sottolineato che il 70% delle revenue di Ibm sarà generato dalla doppia componente Consulting/Technology, già in crescita nel terzo trimestre del 2021, a cui si aggiungeranno i risultati della divisione Infrastructure e di Red Hat. Il portfolio del gruppo conta 3.500 clienti già attivi sulle piattaforme di cloud ibrido e 17 mila clienti che sfruttano le soluzioni di cybersecurity targate Ibm. “Senza dimenticare che disponiamo di 35 miliardi di free cash flow con cui intendiamo sostenere la strategia di acquisizioni senza fare indebitamenti”.
Rispetto al Pnrr, Ibm ha istituito una vera e propria task force dedicata alle sei missioni (digitalizzazione, transizione ecologica, mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, salute) del piano nazionale, con 24 progettualità che rispecchiano l’approccio trasversale che le tecnologie digitali devono avere per servire le varie filiere coinvolte. “Oltre a cogliere le opportunità del Pnrr, le nostre priorità per il 2022 in Italia sono modernizzare le infrastrutture critiche del paese attraverso la consulenza, l’intelligenza artificiale, il cloud ibrido e la security; supportare proattivamente la trasformazione della Pa e alimentare i talenti e il futuro del lavoro”, ha concluso Rebattoni, rimarcando il ruolo che il quantum computing è destinato a ricoprire nei prossimi anni: “Dal tema del cambiamento climatico a quello energetico, passando per una gestione intelligente delle supply chain, fino alla ricerca in ambito sanitario, pensiamo di poter aiutare i governi ad affrontare molte delle sfide di portata globale che caratterizzeranno gli anni a venire”.