LEGGE DI BILANCIO

E-commerce, con la tassa “green” a rischio l’export digitale delle Pmi?

Allo studio una “fee” a carico dei distributori che non utilizzano veicoli a basse emissioni per le consegne. Netcomm lancia l’allarme sull’effetto boomerang: “Il commercio elettronico riduce il traffico urbano e genera da 1,5 a 2,9 volte in meno di gas serra. Una misura del genere minerebbe la competitività dell’Italia sul piano internazionale”

Pubblicato il 31 Ott 2022

e-commerce

Un freno alla competitività dell’Italia. E’ così che Netcomm boccia l’ipotesi di una “green tax” a carico delle società di distribuzione che usano mezzi inquinanti per le consegne di prodotti acquistati online, attualmente allo studio del governo. “Il commercio elettronico – fa sapere Roberto Liscia, presidente del consorzio del Commercio Digitale Italiano – riduce il traffico urbano e genera da 1,5 a 2,9 volte in meno di gas serra. Una misura del genere minerebbe la competitività dell’Italia sul piano internazionale. E a farne le spese sono in primis le Pmi”.

La “tassa verde” allo studio del governo

Tra le fonti di finanziamento della manovra c’è allo studio anche una web green tax, ovvero una tassa rivolta a chi effettua consegne a domicilio (e-commerce) senza utilizzare mezzi non inquinanti. Un provvedimento pensato anche come stimolo alla transizione energetica. La misura si inserisce nell’ambito della prossima Manovra economica, la prima del governo di Giorgia Meloni.

Gli uffici del Tesoro in questi giorni stanno lavorando alla Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza che dovrebbe essere presentata in Consiglio dei ministri entro il 4 novembre.

Il “no” dell’e-commerce

Ma le aziende dell’e-commerce non ci stanno. “La presunta ‘tassa verde’ sulla rete distributiva dell’eCommerce – si legge nella nota di Netcomm – non tiene conto del reale impatto economico e ambientale di questo settore sull’intera economia del nostro Paese. Porre un freno a un settore strategico come quello del digitale, che già sta subendo un rallentamento a causa dell’inflazione e dell’aumento dei costi tecnologici e di gestione dell’intera rete, significherebbe minare la competitività dell’Italia sul piano internazionale”.

Cosa emerge dai dati sul retail digitale

Secondo una ricerca condotta da The European House – Ambrosetti per Netcomm, la rete del valore dell’e-commerce e del digital retail in Italia genera ricavi per circa 58,6 miliardi di euro, occupa il terzo posto tra le 99 attività economiche italiane per incidenza sul fatturato del settore privato in Italia e ha un impatto del 19,2% sulla crescita di fatturato del totale delle attività economiche italiane.

Occorre inoltre considerare, secondo Netcomm, che recenti studi della società di consulenza Oliver Wyman e LAE, dimostrano come l’e-commerce abbia un impatto ridotto sull’ambiente rispetto a quello generato dal retail fisico non alimentare: “L’e-commerce – si legge nella nota – consente di ridurre da quattro a nove volte il traffico generato dallo shopping nei negozi e le consegne ai clienti rappresentano lo 0,5% del traffico totale nelle aree urbane. Inoltre, secondo il rapporto di Oliver Wyman risulta che l’e-commerce genera da 1,5 a 2,9 volte in meno di emissioni di gas serra.”

“Stiamo parlando di una rete che, solo nel 2019, contava 678 mila imprese e oltre 290 mila lavoratori – spiega ancora Liscia -. Oltretutto, in un mondo sempre più multicanale, i negozi tradizionali stessi si avvalgono di servizi di consegna a domicilio e gli effetti di un’ulteriore tassazione avrebbero conseguenze negative anche sui costi della loro attività, oltre che sui prezzi destinati ai consumatori stessi”.

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