SCENARI

E-commerce, per le Pmi italiane l’export vale (solo) il 20% delle vendite online

Secondo un’indagine di Ups, i canali digitali sono stati fondamentali per superare le difficoltà dell’emergenza pandemica, ma non sono ancora sufficientemente sfruttati per le esportazioni. Frena soprattutto l’assenza di regole semplici sul piano fiscale

Pubblicato il 27 Lug 2021

Per la maggior parte delle Pmi italiane, l’ecommerce rappresenta un’opportunità per aumentare giro d’affari e clienti all’estero, ma il ricorso a questo canale è ancora frenato dalla burocrazia e dalla complessità dei meccanismi fiscali. A dirlo è un’indagine internazionale realizzata da Ups con il supporto della società di consulenza Nathan. Il sondaggio è stato svolto in nove Paesi, tra cui l’Italia, dove sono state intervistate 69 Pmi di diversi settori. Tra quelle coinvolte – si legge in una nota di Ups – poco meno della metà si occupa di ecommerce e, di queste, due terzi esporta: per chi vende online, l’export conta in media solo per il 20% delle vendite, il che indica che c’è un’opportunità per aumentare le attività di ecommerce soprattutto se orientate alle esportazioni.

Le Pmi coinvolte: tipologie e settori

La stragrande maggioranza delle Pmi (90%) si occupa di vendite B2c, mentre solo il 10% di B2b. Del 46% delle aziende che effettua vendite online di beni o servizi, iI 58% si occupa di vendite dirette ai clienti e il 19% unisce alle vendite dirette quelle in drop-shipping. Nella vendita online le aziende si rivolgono per il 66% sia a clienti domestici sia a internazionali, di contro il 34% si occupa solo di vendite online all’interno del Paese. Il 55% usa una piattaforma e il 13% il proprio negozio web per le vendite online.

Se la pandemia ha cambiato le abitudini d’acquisto dei consumatori, più inclini all’online, come si comportano le Pmi? Oggi le aziende sono consapevoli dell’importanza del canale online. Per l’84% delle Pmi che hanno partecipato alla ricerca, iniziare a vendere online aumenterebbe le loro sales, il 59% sarebbe motivato per attrarre nuovi clienti e per il 47% l’e-commerce agevola l’espansione in nuovi mercati.

Le principali sfide dell’e-commerce per le Pmi

Ma se da una parte le Pmi sono motivate ad aprire il proprio e-commerce, dall’altra come accennato devono affrontare diverse barriere per vendere i propri prodotti oltreconfine. Le principali sfide dell’e-commerce indicate dalle aziende sono legate ai costi doganali, alla complessità di raccogliere le tasse dai clienti e/o presentare l’Iva alle aziende, e quelle relative alla protezione dei diritti della proprietà intellettuale. Inoltre, per il 38% delle Pmi le merci contraffatte del marchio “Made in Italy” rappresentano una minaccia per le esportazioni e-commerce.

“Già prima della pandemia l’e-commerce consentiva anche alle aziende più piccole di accedere a nuovi mercati internazionali ampliando le possibilità di scelta per i consumatori”, dichiara Britta Weber, di recente nominata country manager di Ups Italia. “Oggi vediamo un’accelerazione del trend, per questo motivo è fondamentale porre l’e-commerce al centro delle decisioni di politica commerciale”.

Le principali destinazioni per l’export dell’e-commerce italiano sono Europa ed Eurasia, Nord America e Asia orientale e Pacifico e la maggioranza delle Pmi (93%) sceglie di affidare le proprie merci a fornitori privati di trasporto sia per le spedizioni nazionali sia per le internazionali.

Le misure di sostegno che si aspettano le Pmi

La survey ha poi messo in evidenza alcune indicazioni rispetto alla policy che le Pmi si aspettano sul piano delle misure di sostegno delle Pmi. Occorre innanzitutto migliorare le condizioni e possibilità di accesso a connessioni internet stabili e performanti per le Pmi nell’ecommerce, supportando queste ultime attraverso l’attuazione della strategia nazionale per la banda larga, tenendo conto della necessità di migliorare la stabilità e la velocità di Internet. Bisognerebbe poi promuovere la formazione on e offline, focalizzando i programmi sulle strategie per accedere alle informazioni di mercato. Allo stesso tempo sarebbe opportuno continuare a sostenere le capacità finanziarie delle Pmi, facilitandone sempre più l’accesso al credito, e ampliare la conoscenza sui programmi esistenti di promozione dell’export di e-commerce (aumentando per esempio i roadshow regionali virtuali o fisici, in particolare quelli coordinati dall’Istituto del Commercio Estero e dalle agenzie di promozione nazionali, fornendo informazioni aggiornate e pertinenti all’export di e-commerce).

“Il digitale”, sottolinea Marco Granelli, Presidente di Confartigianato, “è stata l’arma più usata dalle piccole imprese per far fronte alle restrizioni imposte dalla pandemia e promuovere e vendere on line i loro prodotti, fare formazione, mantenere vivi i rapporti con fornitori e clienti. L’innovazione digitale è un fattore abilitante che potenzia la competitività delle piccole imprese, consentendo di commercializzare nel mondo la qualità made in Italy. La missione del Pnrr dedicata alla digitalizzazione rappresenta quindi una grande opportunità per spingere i piccoli imprenditori in un percorso di sviluppo già avviato. Va potenziato il programma Transizione 4.0 con misure ad hoc per le micro e piccole imprese finalizzate a valorizzare le loro capacità creative ed adattive nei tantissimi campi in cui operano, favorendo non soltanto l’upgrade tecnologico ma anche la formazione ed il trasferimento delle nuove competenze, a partire da quelle del titolare dell’azienda”.

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