Arriverà entro novembre, con tutta probabilità, la prima delle “linee guida” ministeriali con cui l’industria tlc spera di risolvere l’annoso problema delle norme sulle emissioni elettromagnetiche. Un tema molto caro agli operatori mobili, che chiedono (da anni) regole meno penalizzanti, per ridurre tempi e costi della copertura 4G. È una partita che va avanti da dicembre 2012, con il decreto Crescita 2.0 (quello che lanciò l’Agenda Digitale italiana).
È noto che i limiti elettrosmog italiani sono (di gran lunga) i più bassi in Europa: 6 volt al metro. Il decreto non li ha innalzati, ma si è limitato a rendere meno rigida la modalità di misurazione, permettendo così agli operatori un maggiore margine di manovra. Il tutto però non è ancora effettivo, perché il decreto rimandava a “linee guida”, a cura del ministero dell’Ambiente, mai più arrivate.
Una svolta c’è stata ad agosto, quando il decreto Competitività ha chiesto al ministero dell’Ambiente di emettere “una o più linee guida”, entro 90 giorni, “sentita la commissione parlamentare trasporti alla Camera”. A quanto risulta, c’è già una bozza della prima delle linee guida, redatta da Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e dalle Arpa (Agenzie regionali per la protezione ambientale). Adesso è in discussione presso il ministero dell’Ambiente. Già in queste linee guida in lavorazione c’è la modifica normativa più importante: quella secondo cui- come previsto dal decreto Crescita 2.0 – le misure Arpa devono essere fatte ogni 24 ore invece che (come avviene ora) ogni 6 minuti. L’effetto pratico è che l’operatore potrà, in teoria, sforare i 6 volt/metro per un breve periodo di tempo, per poi recuperare nel resto del giorno, dovendo rispettare solo una media calcolata sulle 24 ore. Di conseguenza, le emissioni giornaliere potrebbero essere maggiori rispetto alle attuali, visto che misure ogni 6 minuti obbligano gli operatori a tenere una media quotidiana inferiore a 6 volt per metro.
Il vantaggio, per l’operatore, è la possibilità di concentrare un maggior numero di antenne (3G e 4G) sugli stessi tralicci. Può così riutilizzare le infrastrutture esistenti. Adesso invece è costretto, per distanziare le antenne e “diluire” le emissioni sul territorio, a installare nuovi tralicci per il 4G (con costi extra e relative attese burocratiche). Significa anche che le attuali norme spingono alla moltiplicazione delle antenne nei nostri cieli e tetti, a danno dell’impatto visivo e paesaggistico.
Uno studio dell’Arpa Piemonte, di fine 2013, dimostra comunque che le differenze nelle emissioni totali giornaliere sarebbero minime, con misure giornaliere invece che ogni 6 minuti, perché non c’è una così grande oscillazione dei valori durante la giornata. I timori- espressi dalla stessa Arpa Piemonte nel convegno in cui ha presentato lo studio sono altri: che misure meno frequenti ridurrebbero la capacità di controllo delle Agenzie.
È nello scontro tra esigenze degli operatori e timori delle Arpa (e di alcune associazioni dei consumatori) che finora la norma del Crescita 2.0 è finita in un impasse. Per ben due anni. Di qui le proteste di Asstel e degli operatori, adesso impegnati nella copertura 4G. Asstel è stata solo moderatamente soddisfatta per il nuovo avvio lavori, dopo il decreto Competitività: si aspettava di avere le linee guida promesse e invece dovrà attendere ancora. Ma forse non per molto. Salvo sorprese, che su un tema così impopolare come le emissioni elettromagnetiche sono sempre in agguato.