Enel Open Fiber, il divorzio per interesse dai contatori intelligenti di Enel

Il piano di investimenti sganciato dalla sostituzione degli apparati: ingessava troppo i tempi di posa. La sfida Enel/Metroweb e Tim/Fastweb si gioca sulla velocità di realizzazione. Ma il finale è chiaro: nelle maggiori 250 città italiane avremo due reti in fibra ottica. Si pagheranno?

Pubblicato il 28 Lug 2016

Gildo Campesato

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Un po’ era nell’aria da qualche settimana, ma ora la decisione è stata presa: il progetto industriale di Enel Open Fiber (o come si chiamerà la società della banda ultralarga che nascerà dall’intesa fra Enel, Cassa Depositi e Prestiti e – probabilmente – F2i) non conterà per il dispiegamento della rete sulle sinergie operative e finanziarie consentite dalla concomitanza con la posa dei contatori “intelligenti” di Enel nelle case degli italiani.

È proprio sull’accoppiata fibra-contatori che all’inizio Enel aveva puntato le carte per portare la fibra ottica sin dentro le abitazioni degli italiani. Dovendo sostituire gli ormai obsoleti apparati di misurazione dei consumi (oltre 20 milioni) tanto valeva approfittarne per far correre accanto al cavo elettrico anche la fibra ottica per Internet. Soprattutto laddove il contatore da sostituire è posto dentro o accanto l’appartamento da cablare. Due piccioni (contatori e fibra) con una fava (un unico intervento a casa del tecnico). Una sinergia di costi di posa ed anche una facilitazione operativa che altri non potevano avere.

Questo approccio non ha mancato di suscitare riserve da parte dei competitor (in particolare Telecom Italia) che hanno manifestato timori sulla possibilità di sussidi incrociati anticoncorrenziali. Tanto che la stessa Authority per l’Energia ha posto paletti molto precisi quando ha dato via libera all’Enel per la sostituzione dei suoi contatori.

La decisione di dar vita ad una rete in fibra ottica totalmente separata dall’operazione contatori può dunque essere letta anche come la decisione di tagliare la testa al toro ed evitare polemiche e contenziosi a tutti i livelli, tribunali inclusi.

Enel Open Fiber andrà dunque avanti a cablare a ritmi propri le 250 città frutto della convergenza dei propri piani di investimento con quelli di Metroweb, indipendentemente dalla tempistica di sostituzione dei contatori Enel. Ovviamente, ciò ha determinato un cambio di strategia industriale: l’obbiettivo primario è ora la fibra al building, non più all’appartamento. Si arriverà con la fibra in casa dell’utente finale (via corugato elettrico, tubo dell’acqua o canalina telefonica a seconda delle convenienze del caso) soltanto in un secondo momento, quando il consumatore deciderà di abbonarsi alla banda ultralarga degli operatori di telecomunicazioni clienti di Enel Open Fiber. Tra l’altro, ciò consente di contenere a 303 euro medio il costo ad abitazione passata.

Quanto al ruolo commerciale, non cambierà nulla: EOF si comporterà come operatore wholesale puro: offrendo fibra spenta ma anche accesa con servizi di connettività, a seconda delle richieste degli operatori suoi clienti. Vodafone, Tiscali e Wind, c’è da immaginare.In attesa, magari, anche di Niel.

Con questa impostazione Enel e Cdp contano di avere spianata la strada della pax regolatoria. Per la costruzione della sua rete EOF punta ovviamente a sfruttare le sinergie con la rete di Enel Distribuzione, incluse le soluzioni di backbone. Tuttavia, l’amministratore delegato di Enel Francesco Starace e quello di Enel Open Fiber Tommaso Pompei contano sul fatto che ciò potrà avvenire senza particolari contenziosi. L’offerta pubblica di riferimento ed il relativo regolamento di utilizzo della propria rete messo a punto da Enel Distribuzione prevede precise e pari condizioni d’uso per tutti gli utilizzatori. Anche se la tormentata esperienza regolatoria del wholesale telefonico porta a pensare che non è detto che tutto ciò che in astratto appare definito sul piano regolatorio lo sia altrettanto nella sua applicazione alla realtà della competizione di mercato.

Sarebbe però sbagliato leggere la decisione di EOF di sganciarsi dai contatori intelligenti soltanto con la lente regolatoria. Essa ha avuto la sua importanza, ma a pesare ancora di più sono state ragioni di opportunità commerciale.

Nelle aree A e B, non a fallimento di mercato, quella della banda ultralarga sta diventando una specie di corsa contro il tempo: da una parte la rete Telecom/Fastweb, dall’altra quella Enel/Metroweb. Arrivare primi a coprire una città o comunque arrivarci non troppo dopo il concorrente rappresenta un must competitivo essenziale.

Enel parte dal piedestallo del milione e duecentomila case passate in fibra da Metroweb a Milano; Tim punta sull’accelerazione dei propri investimenti in Ftth e sulla possibilità di upgrade che lo sviluppo tecnologico sembra consentire al fiber to the cabinet.

Per l’Italia si sta disegnando uno scenario simile a quello di altri Paesi europei dove esistono almeno due reti a banda larga fissa in competizione: quella dell’operatore telefonico incumbent e quella degli operatori via cavo. Ed entrambi riescono a chiudere i bilanci in attivo.

Sarà così anche in Italia, in uno scenario in cui l’uso della cable tv è pressoché inesistente nelle abitudini del consumatore mentre il “consumo” di Internet è sotto la media europea? È la grande scommessa su cui puntano da un lato Enel/Cdp e Telecom/Fastweb dall’altro. Conviene al Paese che abbiano ragione entrambi.

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