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Eolo, Garrone: “Fwa ineluttabile ma bisogna sbloccare le frequenze a 26 Ghz”

Per l’amministratore delegato è necessario “guardare avanti lasciando alle infrastrutture i loro tempi di sviluppo e imparando dagli errori del passato. Credevamo che il rame durasse per sempre e che la soluzione fisso-mobile sconfiggesse il digital divide. Il nostro successo? Arriviamo dove la fibra non è economicamente vantaggiosa”

Pubblicato il 12 Dic 2023

Guido Garrone, Amministratore Delegato Eolo

La dimostrazione del fatto che la tecnologia Fwa giochi un ruolo strategico nell’abbattimento del digital divide e nella roadmap ultrabroadband nazionale – ovvero lo sfondamento della quota di 650mila utenti connessi, principalmente situati nei piccoli comuni – non è un punto di arrivo. Per Eolo, semmai, è un punto di partenza, come dimostra la recente richiesta di procedere rapidamente ad una riassegnazione della banda a 26 GHz.

In occasione dell’edizione di fine anno di Telco per l’Italia, l’amministratore delegato Guido Garrone fa il punto sulla vision per il futuro e chiarisce: “In Italia esiste un saldo di un 15/20% di abitazioni destinate ad avere a che fare con problematiche di digital divide, che non potranno che contare sull’Fwa. Oggi su 26 milioni di famiglie, 19 milioni sono connesse: delle 7 milioni restanti, una parte sarà coperta dalla fibra, grazie a Open Fiber e ai sussidi, ma una parte dovrà necessariamente essere Fwa. Ecco allora che gli ingredienti che servono sono non solo le torri e le tecnologie, ma anche le frequenze. Attualmente Eolo sta usando i 28 GigaHertz, mentre il 26, già assegnato a operatori mobili e di cui è stato fatto un uso modesto fino a oggi, ha bisogno di un refarming. Noi aspettiamo che arrivi: con 400 MegaHertz di spettro e il 5G si potrà dare 1 Gigabit anche con queste tecnologie”.

“La carta vincente? Esserci là dove la fibra non è sostenibile”

Dietro al successo di Eolo – spiega Garrone – c’è qualcosa in più di una semplice questione infrastrutturale: “Il nostro punto di forza è stato agire in modo integrato: individuare nelle torri esistenti, televisive o di tlc, un ingrediente importante, portare la fibra con Open Fiber, effettuare l’integrazione elettrica e sotto questo ombrello di copertura scegliere di agire là dove portare la fibra costa. L’uso dell’Fwa, che è anelastico al costo, è un vantaggio dove la fibra diventa economicamente insostenibile: ecco, qui noi ci posizioniamo come soggetto che volentieri ha integrato pezzi di infrastruttura e che sa dare un servizio di prossimità lavorando con altri soggetti”.

Lasciare all’infrastruttura i suoi tempi di sviluppo

Per Garrone, i dati AgCom sono una cartina di tornasole decisiva per comprendere la futura direzione del business: “Con 19 milioni di linee ultrabroadband, in lieve decrescita, oggi il mercato è in stallo – afferma -. Il 90% di queste linee è situato in aree urbane, dove vive il 60% della popolazione, e qui assistiamo anche a un fenomeno interessante: per la prima volta cala anche l’Fttc. Noi credevamo che il rame durasse per sempre e lo consideravamo la migliore rete per fare servizi ultrabroadband“. Ma così evidentemente non è.  “Dei 19 milioni di linee, il 90% viaggia su Ftth, Fttc o Adsl, il 10% è Fwa: di queste, un terzo è nostro, applicato in particolare alle aree colpite dal digital divide“.
Lo scenario futuro, davanti a questi numeri, impone un ragionamento che superi i confini tecnologici e sappia estendersi all’aspetto infrastrutturale: “La vera questione – puntualizza Garrone – è che il ciclo di sviluppo di un’infrastruttura è di almeno 30 anni. In passato abbiamo fatto tanti errori: è ora di iniziare a pensare al futuro, valutando dove questi non sono stati fatti. La duplicazione delle infrastrutture, ad esempio, è qualcosa da non fare. Altro errore fatto è stato pensare che la soluzione fisso-mobile fosse il rimedio per le situazioni di digital divide: le linee mobili non sono succedanee delle reti fisse. Guardando avanti, bisogna tener presente che prima di fare un passo è necessario saperlo pianificare, lasciando i dovuti tempi di sviluppo e senza pretendere che avvenga in tempi brevissimi o ‘per editto’“.

“Trogloditismo digitale”: una piaga su cui agire

Che si debba ragionare a fondo sulla copertura delle aree finora non raggiunte è confermato anche dalla recente ricerca svolta da Eolo in collaborazione con The European House – Ambrosetti, secondo cui i vantaggi economici nelle aree servite dall’ultrabroadband sono evidenti. “I dati – spiega Garrone – evidenziano la necessità di far crescere la curva del take up, ma mettono in luce anche un tema di cultura digitale: nei nostri territori c’è ancora un certo “trogloditismo digitale” che si misura, ad esempio, nei più alti tassi di disoccupazione dei territori non connessi: 5% nelle città contro anche il 50% di queste aree. Se ci fosse una copertura omogenea, e una connettività come a Milano in tutta Italia, solleveremmo il Pil di 3,5 punti percentuali, per non parlare delle conseguenze su questioni di gender gap e lotta allo spopolamento”. Tutto questo, nell’indagine, si interseca con i ragionamenti di tipo tecnologico. “Sappiamo che la crescita avverrà in Ftth, e parzialmente in Fwa – fa notare ancora l’ad di Eolo -: questo vuol dire accelerare la digitalizzazione, perché il costo rispetto alla fibra è decisamente più basso. A fronte di un 100% della copertura, l’azione su questo fronte implica un risparmio di circa 3 miliardi”.

Il tema conclusivo? Certamente “innovare – conclude Garrone -, ma bisogna pensare al dopo. A come assistere in modo adeguato questi “trogloditi digitali”: e io credo che qui sia opportuno ragionare sia sull’AI, sia su eventuali eserciti di “idraulici digitali” da far entrare nelle abitazioni”.

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