COPYRIGHT

Equo compenso, Corte Ue: “Niente tassa sugli smartphone di lavoro”

Decreto Bondi incompatibile con norme europee. Secondo l’avvocato generale “illogico” che i device ad uso professionale paghino per copia privata: “Dovrebbero essere esentati a priori”. Siae: “Conclusioni non mettono in discussione la legittimità del sistema”

Pubblicato il 05 Mag 2016

F.Me

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Gli aspetti delle esenzioni ex ante e dei rimborsi ex post del decreto Bondi sull’equo compenso di copia privata sono incompatibili con il diritto europeo. E’ quanto emerge dalle conclusioni dell’avvocatura generale della Corte di giustizia Ue, che ha dato ragione ai produttori Nokia Italia, Hewlett-Packard Italiana, Telecom Italia, Samsung Electronics Italia, Dell, Fastweb, Sony Mobile Communications e Wind Telecomunicazioni.

Il Consiglio di Stato si è rivolto ai giudici di Lussemburgo su tre punti specifici della legislazione italiana adottata nel 2009 per la protezione del copyright: la previsione dell’equo compenso anche in relazione a dispositivi chiaramente non destinati ad uso privato; l’affidamento alla contrattazione tra imprese produttrici, distributrici o importatrici da un lato e la Siae dall’altro della scelta di esentare ex ante le prime dal pagamento dell’equo compenso; e la possibilità di rimborso dell’equo compenso esclusivamente a favore degli utilizzatori finali.

Secondo l’avvocato generale Nils Wahl, le cui conclusioni non sono vincolanti per la sentenza finale ma di solito vengono seguite, è “del tutto illogica” la sottoposizione al sistema dell’equo compenso anche in ambito di fornitura a professionisti o a persone giuridiche, il cui scopo di acquisto dei macchinari non è certamente la “copia privata”, a cui dovrebbe anzi “applicarsi un’esenzione automatica e a priori”. Risulta quindi “ancora più contraddittorio” che la scelta dell’applicazione delle esenzioni sia frutto di una “negoziazione sostanzialmente privatistica in mano alla Siae”, in quanto “condurrà verosimilmente a trattamenti diseguali” di produttori, importatori o distributori. Il rimborso ex post può costituire, in astratto, un’alternativa all’esenzione ex ante, e questo potrebbe essere previsto a favore delle imprese oppure dell’utente finale. Le regole per ottenere il rimborso, però, devono essere chiaramente indicate dalla legge, e non lasciate alla libera valutazione della Siae.

Siae, dal canto suo, prende atto delle conclusioni dell’avvocato generale Wahl. “Le conclusioni non mettono assolutamente in dubbio la legittimità complessiva del sistema di copia privata in vigore in Italia, così come autorevolmente riconosciuto dal Consiglio di Stato nella sentenza del 18 febbraio 2015 che ha respinto la quasi totalità dei motivi proposti dalle imprese che producono e commercializzano dispositivi e apparecchi idonei alla copia privata”, ha sapere Siae.

In attesa della sentenza della Corte di giustizia e delle possibili iniziative da parte del Governo italiano, Siae evidenzia che l’impatto sostanziale, nel sistema italiano della copia privata, sarebbe comunque molto limitato. “Infatti, l’attuale sistema di copia privata, già prevede che produttori e importatori possano astenersi dal pagare l’equo compenso, semplicemente dimostrando che gli apparecchi sono ceduti direttamente ad utilizzatori finali per usi manifestamente diversi dalla riproduzione per uso personale . spiega Siae – Inoltre, Siae precisa che non ha mai respinto una domanda di rimborso in quanto tardiva e che ha sempre rimborsato anche le persone fisiche munite di partita Iva e che abbiano dimostrato di aver acquistato un apparecchio per usi professionali, manifestamente estranei alla copia privata”.

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