LA NUOVA VALUTA

Euro digitale è “trademark”: la Bce accelera il progetto

La registrazione presso l’Ufficio brevetti della Ue è il primo passo verso la moneta “in bit”. Via alla task force di esperti della Banca centrale europea chiamata a valutare rischi e opportunità e le possibilità di implementazione

Pubblicato il 02 Ott 2020

Antonio Dini

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Un primo passo verso un nuovo euro, fatto di bit. Lo ha segnato la Banca centrale europea registrando lo scorso 22 settembre presso l’Ufficio per la proprietà intellettuale della Ue il marchio “Digital Euro”. È il primo passo verso la creazione di una valuta digitale che affianchi o che, potenzialmente, sostituisca, l’euro cartaceo e in moneta. La registrazione del nome però è solo un passo preliminare e, in un certo senso, cautelativo (per evitare gli squatter digitali) mentre gli esperti della Banca stanno valutando i pro e i contro di una soluzione di questo tipo e possibili le modalità di implementazione.

La Bce non è l’unica banca centrale a fare questo tipo di valutazioni: i banchieri centrali di tutto il mondo stanno facendo degli esperimenti con l’idea di una versione digitale delle loro valute e con l’idea di adattare il denaro tradizionale al fenomeno della digitalizzazione dell’economia.

Un gruppo di esperti dei Paesi dell’area euro pubblicherà nei prossimi un rapporto che chiarirà quale sia la valutazione e, in parte, la strategia della Bce. La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha detto più volte che il tema è di forte attualità, e lo ha ripetuto anche in alcuni interventi al Parlamento europeo, sottolineando che verrà lanciata una “consultazione pubblica” tra non molto tempo.

«L’Eurosistema, composto dalla Bce e dalle banche centrali nazionali degli Stati membri che hanno adottato l’euro – ha detto Lagarde – è l’autorità monetaria dell’area della moneta unica. Non ha ancora preso una decisione se introdurre o no un euro digitale. Ma, come molte altre banche centrali in tutto il mondo, stiamo esplorando i benefici, i rischi e le sfide operative per riuscire a farlo. Abbiamo il dovere di avere un ruolo attivo nel bilanciare i rischi e i benefici delle innovazioni nei pagamenti, in modo tale che la moneta comune continui a servire bene l’Europa».

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