STRATEGIE

Europa indietro sul wireless, Huawei: “Più collaborazione pubblico-privato”

All’Innovation Day di Londra, Peter Zhou, Chief Marketing Officer del colosso cinese, lancia il monito: per raggiungere i livelli di infrastrutturazione dell’Asia pacifica governi e operatori devono lavorare insieme. Annunciata la partnership con l’Università di Edimburgo per la ricerca sull’elaborazione distribuita dei dati

Pubblicato il 15 Giu 2017

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Huawei chiama Europa. Da Londra arriva chiaro e forte un messaggio a operatori e governi: gli sforzi ci sono, e hanno prodotto risultati importanti, ma la strada per un’infrastrutturazione adeguata alle nuove esigenze dei consumatori e delle imprese è ancora lunga e impervia. Senza partnership di sistema, a cavallo di governi e carrier e senza un vero e proprio piano di sviluppo orientato più all’innovazione che alla pura competizione, il Vecchio continente non riuscirà a tenere il passo dell’Asia pacifica sul fronte dell’economia digitale. Ovvero – inutile girarci attorno – dell’economia tout-court. Parola di Peter Zhou, Chief Marketing Officer di Huawei.

CorCom ha incontrato Zhou altri top manager del colosso cinese prendendo parte all’edizione 2017 – la quinta – del Huawei European Innovation Day (evento annuale organizzato per mettere a confronto imprese, analisti e ricercatori sui temi dell’innovazione in chiave ICT), che si è per l’appunto tenuta nella capitale britannica e che ha avuto come fulcro della discussione il 5G. Il titolo della convention? ‘Exploration lights the way forward’, dove exploration fa rima con joint innovation. “I network mobile sono le fondamenta stesse dell’innovazione”, ha detto Zhou. “E con il 5G la situazione diventa molto più complessa perché non basta costruire un’infrastruttura, è necessario creare un ecosistema che permetta alle imprese di attivare servizi innovativi, che a loro volta fungano da stimolo per l’elaborazione di nuovi modelli di business. Tutto ciò implica un grosso cambiamento anche per noi: quando offriamo un prodotto o una soluzione, dobbiamo pensare al valore che creiamo per i clienti dei nostri clienti. Innovare vuol dire oggi pensare all’utente finale. I margini di crescita sono enormi, se consideriamo che secondo McKinsey l’Europa ha realizzato solo il 12% del proprio potenziale digitale”

L’incitamento alla collaborazione per la costruzione di un framework comune e l’allarme sull’arretratezza europea sono molto più di semplici messaggi di marketing. Basta citare i dati snocciolati da Vincent Pang, numero uno di Huawei per quanto concerne l’Europa occidentale: città come Shanghai e Shenzhen (considerata in Cina una metropoli di medie dimensioni con i suoi 12 milioni di abitanti) dispongono di 80 mila e 25 mila stazioni per la diffusione del segnale digitale wireless. Londra e Parigi, che in Europa sono considerate città antesignane del concetto di smart city, contano rispettivamente 13 mila e 8 mila celle. È dunque questa la misura del gap che separa la nostra realtà da quella cinese.

La considerazione sorge spontanea: in Europa ci sono regole, mentalità e scenari competitivi (senza contare la frammentazione dei diversi mercati) completamente diversi rispetto a quelli che contraddistinguono lo sviluppo economico guidato da Pechino. Secondo Zhou, però, la questione è superabile se si cambia paradigma. “Bisogna lavorare insieme a governi e operatori, e gli operatori devono avere più spazio: in Europa spesso ci si concentra più sulla competitività che sull’innovazione. Ma ancor più dei prezzi bassi è la fiducia in una tecnologia affermata ciò che può dare nuova spinta all’intera industria”. A testimonianza di ciò, Zhou ha citato altre due città di cui tutto si può dire tranne che rappresentino Paesi con economie pianificate: Tokyo e Seoul infatti, superano entrambe le 100 mila installazioni radio sul proprio territorio.

Huawei dunque terrà dritto il timone sulle partnership strategiche, non solo con i principali operatori telefonici globali (Vodafone, Telefónica, Deutsche Telekom, Softbank e Tim), ma anche con imprese, università e istituti di ricerca le cui attività congiunte saranno catalizzate negli Open Lab. Entro il 2019 saranno venti strutture in tutto il mondo (in aggiunta all’ultima apertura di Monaco sono in arrivo Londra, Parigi e Cairo) che assorbiranno investimenti per 200 milioni di dollari. Tra le principali aree di indagine per l’R&D, si possono citare Virtual e Augmented Reality, droni, automobili connesse e robotica wireless. Naturalmente, il sottotesto per abilitare tutte le applicazioni in questi ambiti attraverso verticalizzazioni per industry è sempre il Cloud.

Durante l’Innovation Day, Huawei ha inoltre siglato un accordo con l’Università di Edimburgo per l’apertura di un nuovo laboratorio per la gestione e l’elaborazione distribuita dei dati. La partnership, che avrà la durata di tre anni, permetterà a Huawei e all’università di esplorare congiuntamente nuove teorie e tecnologie per la gestione dei dati e offrire tipologie di ricerca all’avanguardia per la nuova generazione di soluzioni ICT. Il polo di ricerca si affiancherà, sul territorio britannico, a un’altra importante struttura realizzata insieme a un altro ateneo, la University of Surrey dove, all’interno del 5G Innovation Centre, dal 2012 Huawei studia insieme a imprese provenienti dai settori più disparati (come Samsung, Fujitsu, BBC, McLaren) le tecnologie che stanno gradualmente facendo transitare il 5G da prospettiva a realtà.

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