L'AZIENDA

Fanizzi: “Italia in volata, continuiamo a investire”

L’amministratore delegato di Emc Italia: “Crescita a double digit. E nuove assunzioni in vista. Il segreto del successo è puntare sulle persone oltre che sulla qualità delle soluzioni”

Pubblicato il 11 Nov 2013

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«Emc continua a crescere. Come fatturato che a livello corporate salirà a fine anno a quasi 23 miliardi di dollari, come quote di mercato, come servizi per i clienti, come qualità”: Marco Fanizzi, amministratore delegato di Emc Italia, dipinge una società in buona salute, sempre più riconosciuta dal mercato.
Fanizzi, vale anche per il mercato italiano?
Certamente. Nei primi nove mesi di quest’anno abbiamo registrato una crescita double digit. Non è poco in una fase di stallo come quella italiana. Siamo un’azienda sana, presente nei temi giusti: il controllo dei dati in tempo reale, la loro gestione, la loro sicurezza, la capacità di trasformarli in fattori competitivi. Sono fattori sempre più importanti, non solo per le grandi imprese. E sono la nostra specialità.
Crescete anche come numero di occupati?
In Italia abbiamo superato i 500 dipendenti. Continueremo ad investire nel personale pur se in un mercato generale stagnante. L’headquarter europeo ci guarda con particolare interesse perché stiamo riuscendo a fare bene, pur in una situazione esterna non facile. Siamo valutati non solo sulle revenue, ovviamente fondamentali, ma anche relativamente al market share. Anch’esso è cresciuto: stando alle rilevazioni della società di analisi Idc, abbiamo il 30% del mercato italiano.
Il segreto?
La qualità e la competitività delle nostre proposte. Un peso decisivo lo attribuisco anche al fatto che crediamo nelle persone, cerchiamo di farle crescere, di dare opportunità a tutti. Negli ultimi due anni abbiamo avuto una job rotation del 20%, nominato 20 nuovi dirigenti di cui cinque sono entrati nel board di Emc Italia. Abbiamo aderito al programma “The best place to work” non per partecipare alla classifica in sé, ma per avere feedback dai nostri dipendenti: il 94% di loro è stato coinvolto nella survey di quest’anno.
Dove crescete di più?
Stiamo andando bene un po’ in tutti i settori dove operiamo e ne siamo orgogliosi. I maggiori investimenti rivolti ai service provider e ai partner di canale ci hanno consentito di allargare il portafoglio clienti: dall’inizio del 2013 ne abbiamo registrati 160 di nuovi. Tra l’altro, la maggior copertura del mercato ci consente di attenuare i rischi.
Quanto la corporate crede nell’Italia?
I nostri risultati aiutano a fare capire che l’Italia ha importanti potenzialità. Ma ci aiuta anche il fatto che il nostro presidente, Michele Liberato, sia membro dell’international board di Emc. Certo, quando vado nei Paesi Emea devo essere molto credibile e non è semplice. A livello di “percezione Paese” siamo un po’ ai livelli di Spagna e Grecia.
Cosa può aiutare a “recuperare” la nostra immagine internazionale?
Una spinta decisiva può venire dalla realizzazione dell’Agenda digitale, fondamentale per snellire i processi della pubblica amministrazione, far risparmiare lo Stato e fornire servizi utili e innovativi ai cittadini. Anche i progetti di smart cities e quelli legati a Expo 2015 rappresentano leve importanti per rilanciare il settore e attrarre investimenti dall’estero. L’Italia dovrebbe puntare su suoi atout importanti: storia, cultura, cibo e paesaggio. Va drasticamente snellita la burocrazia e resa più veloce la giustizia. Sono freni inibitori fondamentali all’ingresso nuovi capitali.
Come definisce il business Emc in tre concetti?
Big data, cloud e trust. Ma potrei riassumerlo in uno: IT transformation. Oggi tecnologie vuol dire infrastrutture, ma anche applicazioni, processi, organizzazione, persone. Pensiamo alle applicazioni: devono essere fruibili internamente, esternamente e su più dispositivi, portabili da un private cloud a un hybrid cloud o viceversa, gestite all’interno ma anche in outsourcing, ad esempio in presenza di picchi.
Magari in modo sicuro…
È un tema caldo. Ma la tecnologia per rendere sicuri i dati c’è. Va solo implementata correttamente: quasi sempre i maggiori problemi derivano infatti dalle persone e dai processi organizzativi. Parlavo di trust. Per noi significa capacità di rendere i dati sicuri ma fruibili, disponibili quando vuoi, dove vuoi, come vuoi, con le modalità che vuoi. Ma con la certezza che non vengano persi né siano visti da qualche altro. Ne facciamo una “malattia”. Tant’è vero che possediamo un’azienda come Rsa, che della sicurezza ha fatto il suo must.
Parlando di aziende, avete costituito Pivotal.
È focalizzata sulla gestione dei big data e degli analitycs. Ci consente di completare il ciclo dopo Emc, concentrata sulla gestione dell’intera vita del dato per renderlo sicuro e fruibile nel tempo, e VMware impegnata nella virtualizzazione dei server ma anche del network e dell’informazione.
Resta il fatto che l’IT rappresenta un costo.
No, è un valore competitivo che consente anche di risparmiare. Le faccio l’esempio di Emc. Le nostre soluzioni le applichiamo per primi a noi stessi: in dieci anni siamo passati da 8 a 22 miliardi di dollari di fatturato ma abbiamo ridotto il capex IT di 160 milioni di dollari abbassandone i costi operativi di 66 milioni.

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