IL CASO

Foxconn, ancora scontri in fabbrica

Ma il colosso tecnologico taiwanese nega che ci sia stato uno sciopero con migliaia di aderenti, tesi invece sostenuta dagli attivisti

Pubblicato il 08 Ott 2012

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Il Foxconn Technology Group ha ammesso che sono avvenute recenti “dispute” tra i suoi dipendenti in una fabbrica a Zhengzhou, nella Cina settentrionale, ma ha negato che, come denunciato da un’organizzazione per i diritti dei lavoratori, ci sia stato uno sciopero a cui hanno aderito migliaia di addetti alla produzione dell’iPhone 5.

Secondo il gruppo, leader mondiale nella produzione di elettronica e una delle principali aziende subappaltatrici di Apple, gli scontri sono avvenuti tra il primo e il 2 ottobre durante una settimana di festività nazionale per celebrare la Giornata della Repubblica popolare cinese. Sempre stando a Hon Hai Precision Industry” (il cui nome commerciale è appunto Foxconn) nella fabbrica di Zhengzhou si sarebbero confrontati un piccolo gruppo di addetti alla linea di produzione e un altro gruppo di responsabili della qualità. La produzione, comunque, non avrebbe subito alcuna interruzione.

La multinazionale taiwanese con molti sedi in Cina, dove impiega circa 1 milione di lavoratori, ha poi contemporaneamente smentito la notizia, diffusa da China Labor Watch, di un recente sciopero. Secondo l’organizzazione a difesa dei lavoratori, le attività in fabbrica si sarebbero bloccate due volte: una contro la richiesta di lavoro festivo avanzata dalla direzione proprio durante la “Golden week” cinese; l’altra sarebbe stata causata dalla pressione aziendale sul controllo qualità sulle linee di assemblaggio dell’iPhone 5. Avrebbero aderito all’agitazione tra 3 e 4 mila addetti.

Foxconn sostiene che queste affermazioni “non sono corrette” e che tutti i suoi impiegati cinesi che hanno lavorato durante la festività nazionale l’hanno fatto volontariamente e sono stati retribuiti in base alla normativa vigente.

Qualche settimana fa scontri in cui rimasero coinvolte circa 2000 persone portarono alla chiusura della sede di Taiyuan (Cina settentrionale) del Foxconn Technology Group.

Secondo i portavoce del gruppo i disordini erano scoppiati “per motivi personali” intorno alle 23.00 di domenica all’interno di un dormitorio di lavoratori gestito da privati. Diversa la versione dei fatti sui social network; alcuni, per esempio, sottolineavano il ruolo delle guardie, che avrebbero picchiato alcuni lavoratori, e in generale perlavano di clima di tensione.

È da diverso tempo che Foxconn è sotto accusa per le dure condizioni di lavoro a cui costringe i propri dipendenti e per i magri salari corrisposti. Per queste ragioni nel giugno scorso un centinaio di lavoratori furono protagonisti di violenze nell’impianto di Foxconn a Chengdu, nel sudovest della Cina. Ma già in precedenza, in alcune sedi, si era verificata un’ondata anomala di suicidi.

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