Fuggetta: “Agid ha bisogno di una sponda politica solida”

L’amministratore delegato di Cefriel: “Oggi la tempestività può essere anche più importante dei costi.
Per arrivare alla trasformazione digitale del Paese è imprescindibile semplificare il percorso delle decisioni”

Pubblicato il 22 Mag 2015

Antonello Salerno

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“Il vero problema al giorno d’oggi è la velocità, ancora prima dei costi. Può succedere che le decisioni si prendano con tempestività, ma che poi passi molto tempo prima che possano essere attuate e che possano iniziare a dare frutti. Il mondo va avanti, le imprese vanno avanti, i cittadini hanno bisogno di digitale: il nodo sta nel trovare una modalità per cui Agid, braccio operativo della trasformazione digitale del Paese, possa procedere spedita: una soluzione potrebbe essere rappresentata da una sponda politica solida”. A parlare è Alfonso Fuggetta, appena riconfermato dall’assemblea dei soci come amministratore delegato di Cefriel.

Velocizzare: come si potrebbe centrare l’obiettivo?

Credo che sia ormai acclarato che serva un cambiamento strutturale nella gestione da parte del governo di questa mutazione. Credo che ci siano diverse soluzioni possibili e del resto esistono esempi di governance nella storia recente che hanno dimostrato di funzionare. Sia chiaro: questo non vuol dire che debba prevalere un modello invece di un altro. Non è detto che sia per forza di cose necessario istituire un ministero ad hoc, ma è invece imprescindibile semplificare il percorso delle decisioni potendo disporre di un’interfaccia politica forte e unica in grado di confrontarsi alla pari con i ministeri volta per volta interessati dai singoli provvedimenti. Un modello che, unito alla forza conferita al braccio operativo, contribuirebbe a semplificare il percorso della trasformazione digitale.

Sta parlando di collocare la cabina di regia a Palazzo Chigi?

La sostanza, fra le varie possibilità di scelta, è che ci deve essere una sponda unica, non frammentata in tanti rivoli, che sostenga le attività e la mission di Agid, in tutti i settori. Un raccordo trasversale riconosciuto e sostenuto con forza dall’esecutivo. Detto questo, indicare quale genere di struttura risponderebbe meglio allo scopo non è compito mio, ma degli esperti di diritto amministrativo e di architetture istituzionali.

In caso contrario quali sarebbero i rischi più grandi?

Faccio un esempio: siamo nel settore privato, all’interno di un’azienda. Può succedere che il Chief information officer voglia portare a termine un’iniziativa, ma il Chief executive officer non gli dà l’appoggio necessario. Se il Ceo non ti mette a disposizione il budget adeguato, non si occupa dell’allocazione delle risorse, non definisce le priorità, e quindi non dà un indirizzo forte e univoco anche a tutte le strutture operative coinvolte, il Cio sarà costretto a fare molta fatica. Questo non vuol dire che non otterrà il risultato, ma che forse ne otterrà uno meno brillante rispetto alle potenzialità dell’idea, in tempi più lunghi e con più fatica. E’ una questione di sforzi, di tempi, di efficacia, e in parte è anche la metafora del nostro Paese: alla fine le cose si fanno, ma il vero problema è il rapporto costo-prestazioni. L’obiettivo deve essere quello di mettere Agid nella condizione di ottenere i risultati che il Governo si prefigge nel modo più veloce e più economico.

Passiamo a Cefriel. Che bilancio fa del mandato del Cda concluso?

I risultati migliori sono la crescita del capitale umano, il rafforzamento organizzativo, la migliorata capacità operativa del centro, emersa da anni oggettivamente difficili di grande pressione dal punto di vista economico. In queste situazioni bisogna rinnovarsi anche dal punto di vista organizzativo, del modello di business, della posizione sul mercato. E’ stato un lavoro molto intenso per rinnovare il nostro modo di operare e interagire in modo efficace.Tenendo conto che il Cefriel vive soltanto dei contratti che acquisisce: non abbiamo un euro di contributo a fondo perduto, dobbiamo funzionare come una qualunque azienda sul mercato.

Inizia un nuovo mandato da Ad in un momento in cui il mondo Ict è in fermento. Quali sono le sfide strategiche e tecniche da affrontare?
Non ci interessa tanto crescere in quantità, ma sviluppare sempre più progetti che dal punto di vista qualitativo, di significato e di impatto testimonino la possibilità e la capacità della ricerca italiana di trasformare processi, prodotti e servizi grazie al digitale. Ci interessa fare un’azione che sia concreta, emblematica, e trainante di quello che può essere il senso di usare il digitale per aumentare la competitività del Paese da tutti i punti di vista, con velocità e agilità.

Quale valore aggiunto portano nel Cda i tre nuovi membri?

Sono tre professionisti di altissimo livello. Pietro Guindani, oltre a essere presidente di Vodafone, ha ruoli in Confindustria, Assolombarda e a livello istituzionale, ed è un raccordo forte con il tessuto di imprese e istituzioni. Paolo Pandozy è il leader della più grande azienda di software italiana, e ci può aiutare a capire come specializzare la nostra offerta per differenziarci e rispondere al meglio alle esigenze del mercato. E Lucio Pinto è uno dei padri della ricerca italiana a livello industriale e ci può aiutare in maniera decisiva a indirizzare le nostre attività come snodo tra mondo della ricerca e mondo dell’applicazione, che è la missione di Cefriel.

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